Liberalizzazioni dove sono utili

Fonte: Italia Oggi

Le liberalizzazioni sono diventate una parola magica: sembrano possano avere poteri taumaturgici contro ogni male del Paese. Ma ogni medicina ha effetti collaterali, che potrebbero persino risultare tossici al nostro tessuto economico. Dalla prima ondata del 2006, con le famose “lenzuolate” di Bersani, sono passati solo sei anni, che sembrano però secoli. Il contesto economico, politico e sociale è cambiato radicalmente, come pure l’atteggiamento dei liberi professionisti rispetto alle mutate condizioni del mercato. Si ha quasi la sensazione di essere tornati ai tempi di Luchino Visconti: “Noi fummo i gattopardi, i leoni. Chi ci sostituirà saranno gli sciacalli, le iene. E tutti quanti gattopardi, leoni, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra”, recitava Burt Lancaster nel Gattopardo, capolavoro della cinematografia italiana del 1963, ma più che mai attuale. Il lento sgretolamento del ceto medio ha modificato profondamente la mappa dei privilegi e dei poteri, introducendo nuovi soggetti forti che condizionano le scelte economiche e politiche del Paese e che mirano a estendere il loro predominio in ogni settore economico. Le attività intellettuali non fanno eccezione, anzi sono un ambito territorio di caccia.
È il principale rischio sottostante alla nuova ondata liberalizzatrice del governo che, partita con la legge 148/2011 (l’ormai celebre decreto di Ferragosto), ha trovato massima energia con l’esecutivo di Monti.
Il 20 gennaio prossimo verranno infatti presentate le nuove misure del governo che toccano da vicino notai e farmacisti, ma l’obiettivo è assai più ambizioso. Certo, non si può filosofeggiare sull’emergenza economica che sta paralizzando il Paese e, finora, il governo Monti sembra dare prova di riuscire a gestire con ordine la crisi. Il perno su cui ruota l’intera azione di Palazzo Chigi per il rientro del debito pubblico fa leva su una crescita del pil di 3 punti all’anno, che dovrebbe realizzarsi anche attraverso un articolato piano di liberalizzazioni.
Si tratta di un progetto ampio e complesso che coinvolge interi settori economici e produttivi del Paese e, come auspicato dall’Autorità garante per la concorrenza, solo attraverso un organico e incisivo intervento sui servizi pubblici locali, sulle poste, sui trasporti, sulle banche, sul mercato dell’energia, fino alla semplificazione dell’attività amministrativa si potranno creare le condizioni per rimuovere gli ostacoli che frenano l’apertura dei mercati e per favorire la competitività del sistema Paese.
In questo ambito, rientrano anche i servizi professionali che, secondo i calcoli del governo, dovrebbero determinare un incremento di un punto e mezzo di pil, pari a circa 18 miliardi di euro. Rispetto alla portata complessiva del processo di liberalizzazioni, gli interventi sulle libere professioni sono solo una piccola parte, ma significativa.
Non tanto per la loro portata economica, quanto piuttosto per il nuovo assetto che si sta disegnando intorno a un settore economico che oggi vale intorno al 12,5% della ricchezza nazionale. Si annidano tutte qui le preoccupazioni dei professionisti, che con grande senso di responsabilità sono pronti ad affrontare i cambiamenti in atto, ma a precise condizioni. L’apertura alla concorrenza dei servizi professionali non può essere barattata con la creazione di nuove concentrazioni, moderni monopoli che minacciano di fagocitare una realtà economica costellata da una miriade di studi di piccole e piccolissime dimensioni.
La deregolamentazione dei servizi in atto mira a trasferire sul libero mercato competenze professionali che fino a oggi rientravano nella sfera tipica delle attività intellettuali: pensiamo per esempio alle nuove norme sui collegi sindacali o alle modifiche che stanno investendo i notai. In gioco non c’è il destino degli ordini o delle tariffe professionali, ormai ampiamente superate dopo il decreto Bersani. Si tratta di definire con chiarezza il ruolo e le competenze dei liberi professionisti all’interno delle moderne dinamiche del mercato
.Da questo punto di vista, Confprofessioni è pronta a portare sul tavolo del presidente del consiglio Mario Monti e del sottosegretario Antonio Catricalà un pacchetto di misure che possano rilanciare l’attività degli studi professionali e individuare con il governo nuovi ambiti di intervento per sburocratizzare il sistema ordinistico.

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