Confermato, quindi, l’impianto degli ultimi giorni: sì all’emendamento fiscale. Vediamo i principali contenuti del provvedimento.
Aumento dell’Iva
Dal 2013 la gestione individuale di portafogli titoli non sarà più sollevata dall’Iva ma sui relativi corrispettivi bisognerà applicare l’imposta, come succede adesso per i servizi di custodia e amministrazione. Ad ogni modo, sarà possibile optare per la contabilità separata affinché si possa permettere la detrazione dell’ iva sui costi concernenti i servizi si gestione individuale dei portafogli; è stato confermato invece l’aumento dell’aliquota ordinaria dal 21% al 22% dal 1° luglio 2013, lasciando inalterata quella del 10%.
L’esenzione dell’Iva è una prerogativa dei servizi bancari e finanziari eccetto che per quelle operazioni oggettivamente non ricollegabili a quelle di natura creditizia e finanziaria, come possono essere i servizi di custodia e amministrazione titoli, di cassette di sicurezza, vendite all’asta e affini.
La Corte di Giustizia europea, nella sentenza sulla causa C- 44/11 (Deutsche Bank), il 19 luglio 2012, ha decretato che l’attività di gestire un portafoglio titoli non è esente da Iva qualora la banca, oltre alla compravendita degli strumenti finanziari, sostenga anche un servizio di analisi e di custodia del patrimonio del cliente.
Nel caso preso in esame dalla sentenza è stata stabilita l’imponibilità a iva delle prestazione di gestione di portafoglio titoli, rappresentata da un’attività remunerata, in cui “un soggetto passivo adotta decisioni autonome in merito alla compravendita di titoli e attua tali decisioni mediante la compravendita di titoli”. Nel caso preso in considerazione la banca gestiva i titoli a nome e in vece dei clienti, sotto compenso, variabile a seconda del valore sia del patrimonio gestito, sia dei titoli scambiati.
L’articolo 135, paragrafo 1, lettera f) o g), della direttiva Iva 2006/112/Ce, secondo la sentenza, deve essere interpretato nel senso che non è sollevata dall’Iva la gestione patrimoniale tramite titoli, citata nella controversia. L’emendamento ha rimodulato l’art. 10, comma 1, n. 4 del d.P.R. 633/1972 mantenendo l’esenzione Iva per le operazioni riguardanti “ad azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e a quote sociali”, oltre che “a valori mobiliari e a strumenti finanziari diversi dai titoli, incluse le negoziazioni e le opzioni”.
Rientra, tuttavia, fra le operazioni non esenti da Iva, anche il servizio di gestione individuale di portafogli. Dunque si applicherà l’imponibilità Iva alle operazioni praticate a partire dal 1° gennaio 2013 e per scongiurare di perdere l’Iva sugli acquisti pertinenti ai servizi di gestione individuale di portafogli, l’emendamento contempla che dal 1° gennaio 2013 sarà possibile scegliere per l’applicazione separata dell’Iva.
Nella fattispecie, la contabilità separata Iva sarà una possibilità per gli utenti che svolgeranno “sia il servizio di gestione individuale di portafogli, ovvero prestazioni di mandato, mediazione o intermediazione relative al predetto servizio, sia attività esenti” da Iva.
Irpef più sgravi per i figli a carico
Le detrazioni per i figli a carico cresceranno di 180 euro, si passerà dagli attuali 800 ai futuri 980 euro e nella circostanza in cui la prole rientri in una tenera età (inferiore a 3 anni) l’incentivo passerà da 900 a 1.080 euro. Questo provvedimento, presentato dai relatori Brunetta (pdl) e Barnetta (pd), è mirato a compensare la mancata diminuzione di due punti percentuali delle aliquote riconducibili alle prime due tranche dell’Irpef, di cui al comma 1, dell’art. 11, d.P.R. n. 917/1986 (t.u.i.r.)
Quanto emerso dalla relazione tecnica sulle novità proposte dall’emendamento è che solo per il 2013, l’imposta sulle persone fisiche subirà una contrazione di quasi 941 milioni di euro a causa dell’incremento delle detrazioni per figlio a carico creando come altro effetto anche una perdita praticamente sicura del gettito pari a circa 1.207 milioni di euro a regime. Attualmente le detrazioni previste sono stabilite nella somma di 800 euro per ciascun figlio di età pari o maggiore a 3 anni e a 900 euro per ogni figlio di età minore a 3, così è regolato dall’art. 12 comma 1, lettera c) del t.u.i.r.
I figli che devono essere considerati come a carico, siano essi naturali riconosciuti, adottivi, affidati o affiliati, sono quelli che nel corso del periodo d’imposta non abbiano percepito un reddito superiore a certi parametri (nel 2011 la soglia limite era 2.840,51 da rigo RN1, colonna 1 di UNICO PF). Sono criteri che non hanno alcuna rilevanza in questo tipo di valutazione la convivenza del dichiarante, la mancanza di residenza in Italia , l’età, la dedizione allo studio o lo svolgimento di un tirocinio, nonché lo stato fisico.
Il sistema di detrazioni per i figli a carico cambia in base al reddito del dichiarante, delle caratteristiche del figlio (l’età) e del numero dei figli fisicamente a carico dal momento che può utilizzare anche altri sgravi in virtù di una prole numerosa, di figli diversamente abili (legge n. 104/1992) e in mancanza del coniuge. La detrazione, generalmente, deve essere divisa al 50% fra i genitori ma se c’è accordo fra le parti può essere erogata anche al 100% a solo uno di essi purché quest’ultimo sia quello fra i due che presenta un reddito complessivo più alto.
Il disegno di legge di stabilità ha riscritto, al comma 17, dell’art 12, l’esenzione Irpef per le pensioni di guerra. L’art. 34, dpr n. 601/1973, dispone che “le pensioni di guerra di ogni tipo e denominazione e le relative indennità accessorie, gli assegni connessi alle pensioni privilegiate ordinarie, le pensioni connesse alle decorazioni dell’ordine militare d’Italia e i soprassoldi connessi alle medaglie al valor militare sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche”.
La versione iniziale del d.d.l. stabilità aveva arginato l’esenzione dei titolari di reddito complessivo non superiore a 15 mila euro. La proposta di emendamento dei relatori contempla invece il reintegro dell’esenzione totale da Irpef delle pensioni di guerra tabellari, diverse da quelle di reversibilità, indipendentemente dal livello del reddito complessivo e dal tipo di rendita. La relazione tecnica ha reso noto che si evidenzia una flessione del gettito, a regime, pari a quasi 138 milioni di euro e una perdita di addizionali (regionale e comunale) pari a circa 8 milioni di euro.
Aumento delle deduzioni Irap
Istituito un fondo mirato all’esonero dell’Irap, a partire dal 2014, per i professionisti, i lavoratori autonomi e gli artigiani che non hanno una autonoma organizzazione. Questa operazione in sostanza ha prodotto la fine della riduzione dei benefici Irap previsti all’inizio per le imprese, e la palla ora passa al ministero dell’Economia.
La questione più spinosa in materia di Irap è, e resta, chi si possa ritenere esente da essa, in quanto ha una attività che non prevede dipendenti e presenta beni strumentali minimi; infatti questo nodo non è stato sciolto dalla modifica apportata dai relatori Brunetta (pdl) e Barnetta (pd). In principio erano state delineate le soglie rilevanti per i destinatari dell’imposta, poi, nella versione finale dell’, si spiega invece che solo “l’ammontare massimo di beni strumentali” sarà ” determinato con decreto dal ministero dell’Economia”.
In ragione di questo i professionisti e le mini aziende coinvolte in aspri contenziosi con l’amministrazione finanziaria dovranno aspettare ancora prima che si giunga alla soluzione legislativa del problema. Il Governo, del resto, si è già messo all’ opera per risolvere la questione cercando la risposta in base alla delega fiscale che è al vaglio in Senato. Solamente nel 2011, alle commissioni tributarie provinciali, sono arrivati 47.495 ricorsi concernenti le dispute in materia di Irap, un numero che equivale al 18% del totale.
L’intervento sul famigerato “cuneo fiscale”, cioè le deduzioni dalla base imponibile introdotte dalla legge 296/2007 per ciascun lavoratore a tempo indeterminato, aumentano il risparmio per le aziende labour-intensive. In questo momento le deduzioni sono pari a 4.600 euro per gli assunti in aziende del Nord e fino a 9.200 euro, sempre su scala annuale, per ogni lavoratore attivo nelle zone svantaggiate (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna).
Questi importi, fra l’altro, sono aumentati, a partire dal 2012 grazie al decreto salva Italia, a 10.600 euro e a 15.200, rispettivamente, per i lavoratori di ambo i sessi under 35. (art. 2, comma 2, Dl 201/11). Se la correzione alla legge di stabilità sarà approvata le entità degli sconti sul cuneo fiscale cresceranno, dal 2014, da 4.600 a 7.500, da 10.600 a 13.500, da 9.200 a 15.000 e infine, da 15.200 a 21.000. Nell’emendamento viene anche aumentata la deduzione riguardate i soggetti “minori”, cioè coloro che hanno una base imponibile Irap inferiore ai 180.999,91 euro.
Il taglio più corposo è stato rivolto ai soggetti con base imponibile non superiore a 180.759,91, per i quali la deduzione sale da 7.350 a 8.000 euro per tutti, esclusi gli imprenditori individuali, le società di persone e soggetti equiparati e gli esercenti arti e professioni per i quali la deduzione passa da 9.500 a 10.500 euro, tutto questo a partire dal 2014 e considerando un periodo di imposta di 12 mesi.
Copertura per gli esodati
Mai come questa volta, è proprio il caso di dire “si salvi chi può”, o meglio, i pochi che possono. Sull’infinita questione degli esodati, ora parte la caccia ai nuovi fortunati. Dopo l’approvazione della copertura in legge di stabilità, l’inghippo più stretto in cui è stretto il governo Monti finalmente inizia pian piano a sciogliersi.
Tutto risolto, dunque? Neanche per idea. Basta scorrere le cifre dedicate al rientro nei canoni del welfare tutti i lavoratori che hanno abbandonato il posto di lavoro senza garanzie per la riscossione della pensione, per scoprire che le risorse stanziate non saranno affatto sufficienti per assicurare a tutti gli esodati un approdo sicuro.
Intanto, secondo quanto previsto nell’emendamento inserito nel provvedimento finanziario, la nuova copertura pro esodati arriverebbe dalla sovrapposizione di due differenti “riserve”.
Una prima lenzuolata arriverà per effetto delle risorse eccedenti rispetto a quelle messe a consuntivo per il salvataggio dei primi 120mila ex lavoratori, inseriti in due decreti emanati la scorsa estate. Persone che stanno facendo domanda proprio in queste settimane per uscire dall’oblio della mancata salvaguardia.
Difficile stimare fin da ora a quanto questo millantato risparmio ammonterà. Con ogni probabilità, se il monitoraggio previdenziale già in programma per l’estate prossima darà responso positivo, si tratterà non più di qualche decina di milioni di euro, i quali, dunque, verranno destinati a tutelare quegli esodati ancora esposti all’incertezza.
A queste eccedenze, secondo quanto aggiunto in legge di stabilità, si dovrà sommare, in caso le risorse si rivelino insufficienti per la tutela dei fuoriusciti, il taglio della mancata rivalutazione delle pensioni sopra i tremila euro lordi, pari a sei volte la minima.
Un’ulteriore ammontare che, secondo i primi calcoli, dovrebbe aggirarsi sui 250-300 milioni di euro, anch’essi destinati a salvare il numero più ampio di esodati che il nuovo paracadute possa accogliere.
Eppure, come già l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, promotore di un testo di legge bocciato dalla Ragioneria dello Stato, aveva fato notare, sarebbero necessari, da qui al 2019 oltre cinque miliardi di euro.
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