Sicurezza, si cambia registro

“Avevamo costruito il sistema di sicurezza urbana, che compete al governo e ai sindaci, sulla base delle ordinanze: questo sistema è stato modificato con la sentenza della Corte costituzionale per una ragione più formale che sostanziale, ma questa può essere l’occasione per mettere mano complessivamente all’aggiornamento del sistema di sicurezza urbano”: lo ha detto il Ministro dell’interno Roberto Maroni, presentando ieri in prefettura a Modena il ‘Patto per Modena sicura’ che vede come firmatari la prefettura e il comune di Modena. Per Maroni, a quella sentenza “bisognera’ porci rimedio”, mentre il nuovo sistema integrato di sicurezza per il controllo del territorio dovrà essere valutato “alla luce anche di numerose proposte di legge che sono in Parlamento sulla polizia locale e che sono ancora ferme”.
Maroni ha spiegato che intende cogliere l’occasione della sentenza della Corte costituzionale “per rinnovare il sistema, aggiornandolo alle necessità che sono espresse dai numerosi sindaci. Per aumentare la sicurezza, ha spiegato ancora il ministro dell’Interno, non servono sempre e solo più soldi. “Servono varie misure ‑ ha detto ‑ per esempio i sistemi di video sorveglianza si sono rivelati molto efficaci per prevenire certe forme di reato, come ad esempio le violenze. Le rapine in banche sono diminuite del 50% rispetto all’anno scorso, poi ci sono altre forme di controllo del territorio che richiedono l’impiego di uomini e di mezzi. Tutto ciò ‑ ha concluso Maroni riferendosi in questo caso alla città di Modena ‑ sarà definito nella cabina di regia che il Patto ha istituito”. “O i comuni entrano nelle politiche integrate ‑ ha commentato il sindaco di Modena, Giorgio Pighi, o non ha senso un livello diverso. Si diventa così corresponsabili nelle decisioni”. Mentre il prefetto di Modena, Benedetto Basile, ha ricordato che la realtà locale, è oggi molto più simile a una realtà metropolitana, si è modificata molto con l’arrivo dell’immigrazione: 88mila oggi gli immigrati presenti sul territorio, pari al 12,6% della popolazione, 616 le espulsioni nel 2010 di cui 279 con accompagnamento alla frontiera.
Il Ministro Maroni ieri è anche intervenuto in audizione alla Camera alle Commissioni riunite affari costituzionali e affari esteri e comunitari sulla questione dei migranti tunisini. Affermando che la direttiva europea 55/20011 che prevede la protezione temporanea nei paesi membri di sfollati da situazioni di conflitto o da luoghi dove si manifesta una violazione massiccia dei diritti umani “non potrà essere attuata. Il commissario Malmstrom e il parlamento dell’Ue sono d’accordo, la difficoltà è l’ostilità di alcuni paesi membri che hanno una visione miope” della situazione, quelli che il giorno prima al Consiglio Giustizia e Affari Interni in Lussemburgo hanno bocciato la richiesta di aiuto italiana sull’emergenza immigrazione dal Nord Africa. “La richiesta di ieri (lunedì, ndr) al Consiglio è stata respinta sostenendo che non ci sono i presupposti per attuare la direttiva 55/2001. Il governo italiano ritiene invece che i presupposti ci sono, ce l’hanno chiesto anche le Regioni, ma serve la maggioranza dei membri del consiglio dei ministro dell’Interno, che ieri si sono espressi in un altro modo”, ha detto Maroni. “Non ho condiviso la loro scelta, l’ho fortemente contrastata, ma inutilmente. È un’occasione persa per l’Europa. Mi sono rammaricato che il consiglio dei ministri, contrariamente alla mia richiesta e del commissario Malmstrom, abbia deciso per ora di non attivarla. Ma sulla direttiva 55/2001 insisteremo, perché è uno strumento straordinario e innovativo. Mi rendo conto della contrarietà di alcuni stati membri, ma dire che è un problema italiano è una visione miope. Non solo perché potrebbe succedere in altri paesi, ma perché con l’abolizione delle frontiere quello dei clandestini non può essere solo un problema italiano”. Al consiglio GAI, ha insistito il Ministro, c’è stato “un brutto esempio di ciò che l’Europa dovrebbe essere e non è. È opportuno che a partire da questa crisi umanitaria, che non è solo una questione di immigrazione clandestina, ma una crisi geopolitica, l’Europa prenda l’occasione per trasformare un sistema di 27 sistemi diversi su immigrazione e asilo in un unico grande sistema europeo, basato sul modello sociale europeo. Un sistema – ha concluso – per gestire i rapporti con i paesi extraeuropei, in particolare con il Nord Africa per prevenire questi fenomeni”.

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