Facebook-YouTube-Twitter: sociologi, esperti della comunicazione, politici di sinistra, salmodiano ormai all’unisono l’orazione comune sul trionfo del web 2.0 contro la vecchia tv, del social network contro i vecchi media, sancito dalla tornata elettorale amministrativa ma soprattutto da quella referendaria. Nelle analisi, l’affermazione di questi nuovi circuiti di consenso viene celebrata come una liberazione dalla tirannia dei media che in Italia, da quando Silvio Berlusconi è sceso in politica, è diventata la prima voce del celebratissimo e articolato «conflitto di interessi» del premier. In meno di un mese, l’ossessione televisiva della sinistra (dall’Editto bulgaro alle note spese di Augusto Minzolini, ai figuranti finto-terremotati di Forum) sembra essere scomparsa, lasciando il campo alle magnifiche sorti e progressive del web, dell’informazione dal basso, della piazza virtuale e della democrazia 2.0. Nessuna riflessione invece sulla criticità sui nuovi media, così potentemente decisivi. Mentre tutti si preoccupavano sui condizionamenti degli editori, dei giornalisti prezzolati, della manipolazione mediatica, nessuno pare eccepire sulla bontà e sulla affidabilità dell’informazione online, senza contare i falsi e i tarocchi in circolo, su cui nessuna Agcom, Ordine dei giornalisti e controller vari possono intervenire. Basta fare un giro nei principali social network, per cogliere la smaccata faziosità in circolazione. Nella pagina Rete nazionale antinucleare ? RNA, seguita da 24.152 persone, si possono trovare post sullo «Stragismo di impresa» e sui morti di eternit. «Migliaia di morti tra lavoratori e abitanti», scrive un anonimo, «e la nocività era nota già negli anni 40». Impressionante certo, ma che nesso abbia la tragedia di Casale Monferrato, dove lo stabilimento della svizzera Eternit seminava mesotelioma a go go, con l’energia nucleare? Sulla ricca pagina «No nucleare» creata da numerose associazioni di Sesto S.Giovanni (Milano), link a siti di tutto il mondo (quasi a voler certificare l’autorevolezza delle posizioni). Fonti singolari o misteriose. Da eddieleaks.org, linkato quasi fosse appena un gradino sotto al New York Times, si ripropongono le posizioni di tale Arnie Gundersen, un energy advisor, del quale si assicurano i ben 39 anni di esperienza nell’industria nucleare, di cui si è poi pentito. Il pathos d’altra parte è un elemento centrale della comunicazione dei sociali network, ovvero quanto di più lontano dall’oggettività. La pagina «No nucleare Italia», ad esempio, accoglie il visitatore con una bella citazione dell’Apocalisse di San Giovanni: «Ho visto cadere dal cielo una grande stella, ardente come un torchio; è caduta sopra la terza parte dei fiumi (…) e molti uomini sono morti». Mentre «Nucleare, no grazie», assicura che «il futuro è nel sole», suggestiva citazione del fisico Carlo Rubbia ma che dimentica d’un colpo eolico, geotermico, idroelettrico, le altre energie rinnovabili come lo studioso non si sognerebbe di fare. Nella stessa pagina, un apodittico ragionamento sui disastri del nucleare: una gragnuola di dati, sempre rigorosamente privi di fonti, con espressioni del tipo: «L’uranio estraibile a costi economici calcolabili, secondo le stime correnti, è dell’ordine dei 3,5 milioni di tonnellate». Chi abbia fatta la stima, non è dato sapere. Su «Terra bene comune da salvare» che, con i suoi 23mila e passa utenti di Facebook, il social network creato da Mark Zuckerberg, ha partecipato in grande stile alla campagna referendaria, si rimanda per un’idea sull’energia atomica, nientemeno che a Bernardino De Boca, antropologo-teosofo cui si deve anche la pubblicazione, postuma, de La voce degli Zoit, «una straordinaria raccolta di scritti e canalizzazioni (cioè?, ndr) che ci introducono al lato magico e spirituale della vita».
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