Per i servizi pubblici locali rebus sui limiti di organico

Fonte: Il Sole 24 Ore del lunedì

Il gioco degli emendamenti di rado contribuisce alla chiarezza di una legge: così è stato anche per l’articolo 4 della spending review (legge 135/2012), dove restano irrisolti temi quali i destinatari delle norme su assunzioni e retribuzioni.
L’articolo 4 vuole colpire le società strumentali, «che abbiano conseguito nell’anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90% dell’intero fatturato». Nel decreto, il comma 3 della stessa norma precisava che le norme «salvo il comma 5, non si applicano alle società che erogano servizi in favore dei cittadini».
Tutto troppo chiaro. Infatti, nella versione definitiva, si è modificato il comma 3 in un più elegante ma meno puntuale «le disposizioni di cui al comma 1 del presente articolo non si applicano alle società che svolgono servizi di interesse generale, anche aventi rilevanza economica».
Il risultato è che mentre prima si escludevano esplicitamente dall’articolo 4 le società di servizi pubblici locali, ora si è da una parte ampliato il campo delle eccezioni (ai servizi «di interesse generale»), dall’altro si è reso più ambiguo il testo per quanto riguarda alcuni commi fondamentali: quelli sui limiti alle assunzioni (il comma 9 prevede che fino al 2015 si applicano i vincoli alle assunzioni previsti per l’amministrazione controllante), i tempi determinati (per il comma 10 le società possono spendere per questo scopo il 50% della spesa sostenuta nel 2009) e il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti (secondo il comma 11, nel 2013/2014, il trattamento economico dei dipendenti delle società di cui al comma 1, compreso quello accessorio, non può superare quello ordinariamente spettante per il 2011), attribuendo una pesante responsabilità erariale agli amministratori esecutivi e ai dirigenti responsabili della società in caso di mancato rispetto della legge.
Possibile che il legislatore abbia voluto, senza dibattito, estendere vincoli pesantissimi anche alle aziende di servizi pubblici locali, arrivando a stravolgerne l’autonomia nella libera applicazione dei contratti di lavoro?
Da una parte questo può sembrare coerente con un orientamento normativo che è andato in questa direzione a partire dall’articolo 18, comma 2-bis, del Dl 112/2008 (sulla cui immediata applicazione si è per altro di recente espressa anche la Ragioneria Generale dello Stato). Per contro, resta la forte indeterminatezza insita proprio nell’articolo 4 comma 1 della legge 135/2012, citato sopra.
Un’interpretazione letterale del testo sfocia in un risultato paradossale. Lavorare per una Pa significa emettere fattura verso di essa? Se è così nel caso dei rifiuti, la norma non riguarda le società che applicano la Tia mentre colpisce quelle dei Comuni che ricorrono alla Tarsu. Il buon senso farebbe dire, quindi, che i servizi pubblici locali siano tutti esclusi dall’applicazione di questi commi: ma sarebbe utile un intervento chiarificatore del Governo.

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