Più in generale, però, il dirigente di Via Nazionale ha richiamato ieri l’attenzione sul fatto che la pressione fiscale al 44% è «molto elevata» sia a livello storico sia nel confronto internazionale (3 punti sopra i Paesi Ue). Franco ha rilevato quindi che il livello del 44% raggiunto dalla pressione fiscale è il «massimo degli ultimi 50 anni e superiore di circa 3 punti percentuali del Pil alla media degli altri Paesi dell’euro». Inoltre, ha affermato, «l’elevato livello di evasione fiscale rende il carico sui contribuenti onesti ancora più ingente: esso determina distorsioni nell’offerta di fattori produttivi e fenomeni di concorrenza sleale ed è di ostacolo alla crescita della dimensione delle imprese». Un ulteriore elemento di debolezza è «nell’elevato cuneo fiscale gravante sul lavoro che crea disincentivi all’offerta di lavoro e all’attività di impresa». Saranno cruciali, ha proseguito «la riduzione e la redistribuzione del carico tributario, che consentirebbero di limitare le distorsioni dell’attività economica». Per favorire la crescita occorrerà puntare sulla lotta all’evasione fiscale e «sulla riduzione di elevate aliquote di prelievo sul lavoro e sull’attività delle imprese».
In mattinata sul Def era stato ascoltato il presidente del l’Istat. Enrico Giovannini, che è anche uno dei “saggi” chiamati da Napolitano, ha ricordato come in questo momento il problema più difficile da risolvere si chiami disoccupazione: «La crescita futura non riassorbirà la disoccupazione creata, questo è il problema più ampio per il nostro Paese e l’Europa. Nel l’Eurozona, ha detto, ci sono «25 milioni di disoccupati» che «non si riassorbono con un Pil all’1%». Giovannini ha poi ricordato che la crisi ha profondamente modificato i consumi, sottolineando che il 71% delle famiglie del primo percentile di reddito, cioè la fascia con i livelli di spesa più bassi, ha quasi eliminato le spese per la sanità (visite e indagini cliniche) mantenendo quella incomprimibile per i medicinali; inoltre, queste stesse famiglie hanno tagliano drasticamente la spesa alimentare e tra il 2007 e il 2013 «la quota di famiglie che acquista presso hard discount è quasi raddoppiata, superando il 21% nel 2011».
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