di WALTER TORTORELLA
La legge 12 settembre 2025, n. 131, pubblicata in Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 218 del 19 settembre 2025 ed entrata in vigore il 20 settembre 2025(2) , segna un passaggio di sistema nelle politiche per la montagna italiana non del tutto secondario. Il provvedimento(3) assume la disparità territoriale come vincolo strutturale da aggredire con strumenti organici e non più con micro‐interventi sparsi, allineandosi tanto al dettato dell’art. 44 della Costituzione quanto alla dimensione europea della coesione (artt. 174–175 TFUE). Una disparità territoriale, quindi, non più solo nord-sud ma che attraversa tutto il Paese e, anzi, nel caso dei comuni montani, spesso è più concentrata al Nord che al Centro-Sud(4). Il cuore della riforma è triplice: una classificazione nazionale dei comuni montani definita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, una Strategia per la Montagna Italiana (SMI) a orizzonte triennale e un pacchetto di misure settoriali mirate su sanità, scuola, lavoro e abitazione, integrate da incentivi fiscali selettivi per attività economiche localizzate in montagna.
Dal punto di vista analitico, la scelta di introdurre una classificazione nazionale con criteri espliciti (altimetria e pendenza, su base dati ISTAT e previa intesa in Conferenza Unificata) consentirebbe due vantaggi: rende osservabile e replicabile la delimitazione amministrativa dei beneficiari e, soprattutto, crea una base stabile per il riparto di fondi, in primis il Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane (FOSMIT)(5). L’esperienza internazionale e la stessa metodologia della Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI) insegnano che la coerenza tra perimetrazione, obiettivi e finanziamenti riduce gli effetti di dispersione e migliora la valutazione di efficacia delle politiche place-based. È altrettanto evidente, però, che una classificazione puramente orografica rischia effetti bordo in territori contigui con simile accessibilità. In generale, la letteratura scientifica suggerisce di integrare indicatori funzionali (tempi di accesso a servizi essenziali, dispersione insediativa, stagionalità demografica) per raffinare, via via, l’allocazione delle risorse che ad oggi appaiono solo rinviati dalla legge al D.P.C.M.
La SMI appare come il braccio strategico della riforma. Immaginata come documento triennale con parere parlamentare, dovrebbe raccordare interventi su connettività digitale, presidi sanitari, organizzazione scolastica, servizi postali e bancari, farmacie e negozi multiservizi, fino alle filiere produttive tipiche. La sua funzione non è solo di coordinamento: se ben progettata, la SMI potrebbe diventa il “contratto” di policy che lega obiettivi misurabili, milestone attuative e budget. In questa chiave, la relazione annuale al Parlamento sullo Stato della montagna è un dispositivo di accountability che può generare apprendimento istituzionale e riallineamento dinamico delle priorità, condizione spesso mancante nelle politiche territoriali italiane.
Sul versante degli strumenti, la legge concentra leve che agiscono direttamente sui colli di bottiglia più visibili alle famiglie e alle amministrazioni locali. In sanità, gli incentivi economici e di carriera per il personale che presta servizio in montagna, insieme al credito d’imposta per canoni d’affitto o rate mutuo, affrontano il problema dell’attrazione e della stabilizzazione degli operatori nei presidi periferici. Nella scuola, i crediti d’imposta analoghi per il personale e l’attenzione all’assetto organizzativo dei plessi mirano a ridurre la discontinuità didattica che alimenta l’esodo delle famiglie. È un’impostazione coerente con l’evidenza: nei contesti a bassa densità, la disponibilità di servizi essenziali non è soltanto outcome di policy, ma input per contrastare lo spopolamento.
| Ambito | Articolo | Misura/Leva | Platea/Condizioni | Plafond/ Scadenze |
| Classificazione Comuni | Art. 2 | DPCM con criteri nazionali (altimetria, pendenza; base dati ISTAT) | Intesa in Conferenza Unificata | DPCM entro 90 giorni dall’entrata in vigore |
| Strategia Montagna Italiana (SMI) | Art. 3 | Strategia triennale con parere parlamentare; coordinamento servizi e investimenti | Raccordo con SNAI e strumenti regionali | Relazione annuale al Parlamento |
| Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane (FOSMIT) | Art. 4-5 | Finanziamento interventi statali/regionali; riparto legato alla classificazione | Risorse aggiuntive a trasferimenti/UE | Riparti annuali secondo criteri SMI/classificazione |
| Sanità di montagna | Art. 6 | Punteggi/indennità; credito d’imposta per canoni/rate mutuo al personale SSN | Personale sanitario in Comuni montani/limitrofi | +20 mln €/anno sul fabbisogno SSN; decreti attuativi |
| Scuola di montagna | Art. 7 | Organizzazione plessi/classi; credito d’imposta per alloggio/mutuo del personale | Personale scolastico in Comuni montani/limitrofi | Plafond 20 mln €/anno; DM entro 60 giorni |
| Regime fiscale sostitutivo | Art. 26 | Credito d’imposta differenziale per aliquota effettiva al 15% (entro soglie; de minimis) | Attività economiche in Comuni montani | Plafond 20 mln €/anno |
| Abitazione principale in montagna | Art. 27 | Credito d’imposta sugli interessi del mutuo (acquisto/ristrutturazione prima casa) | Persone fisiche; esclusi A/1, A/8, A/9 | Plafond 16 mln €/anno; durata anno di accensione + 4 anni |
| Lavoro agile (agevolazioni) | – | Esoneri/agevolazioni per smart working come modalità ordinaria (biennio 2026–2027) | Imprese con requisiti (focus giovani ≤40 anni) | Decorrenza 2026–2027; dettagli da decreto |
Le leve fiscali per le attività economiche — in particolare il credito d’imposta “differenziale” che mira a portare l’aliquota effettiva al 15% entro soglie definite e nel rispetto delle regole de minimis — puntano a rendere marginalmente più conveniente l’insediamento di microimprese e professioni in montagna. Questi strumenti, se combinati con una buona connettività e con modelli organizzativi ibridi (tipo l’esonero contributivo per lo smart working ordinario nel biennio 2026–2027 per lavoratori under 40), potrebbero favorire filiere leggere e knowledge-intensive, meno dipendenti dalle economie di agglomerazione tipiche delle aree urbane. Resta tuttavia un punto critico ben noto: incentivi fiscali generalisti in aree a bassa domanda interna rischiano di generare take-up contenuto se non accompagnati da servizi, spazi e reti che riducano i costi fissi insediativi (dalla logistica di ultimo miglio agli sportelli unici realmente funzionanti).
Sotto il profilo dell’implementazione, il calendario dei decreti attuativi è la prima variabile da tenere sotto controllo. Il DPCM sui criteri di classificazione(6) e i decreti ministeriali per scuola e misure contributive, tutti previsti dalla legge, rappresentano colli di bottiglia temporali: ritardi su questi atti comprimerebbero la finestra utile per le misure 2025–2027 e indeboliscono l’attendibilità delle previsioni di impatto. Una risposta praticabile è l’adozione, sin dal primo anno, di un set minimo di indicatori di processo (tempistiche di adozione degli atti, numero di amministrazioni supportate, sportelli attivati) e di output (posti coperti in sanità e scuola, domande ammesse ai crediti, imprese beneficiarie), affiancati da pochi indicatori di outcome direttamente collegati agli obiettivi (continuità didattica, tempi medi di copertura dei turni sanitari, tasso di natalità d’impresa). Per la valutazione controfattuale, il disegno difference-in-differences applicato ai comuni appena entro/fuori soglia di eleggibilità potrebbe offrire nel tempo un’architettura credibile, a condizione di disporre di microdati amministrativi tempestivi e interoperabili(7) che ad oggi sono carenti.
La dimensione finanziaria, pur con plafonds selettivi (ad esempio 16–20 milioni/anno su alcune misure), va letta come leva di segnalazione e di prima istanza, più che come strumento risolutivo. La logica è catalitica: piccole doti ben disegnate possono sbloccare decisioni individuali (accettare un incarico, cambiare residenza, accendere un mutuo) e, con esse, equilibri locali di domanda/offerta. La sfida vera sta nel costruire complementarità tra fondi: SMI e FOSMIT, da un lato, e, dall’altro, investimenti regionali/UE su mobilità, banda ultralarga, energia e servizi di prossimità. In assenza di questa integrazione, gli incentivi rischiano di essere un cerotto temporaneo.
Nel complesso, la legge presenta apparentemente una certa coerenza di disegno: un criterio di eleggibilità esplicito; una strategia con responsabilità politica; un fondo dedicato sebbene molto molto contenuto; misure che parlano alla vita quotidiana di persone e imprese. Il giudizio, però, dipenderà da tre fattori osservabili: la qualità tecnica del DPCM di classificazione (quanto riesce a misurare la reale perifericità funzionale oltre l’altimetria), la puntualità dei decreti e la capacità amministrativa dei comuni piccoli, che sono la spina dorsale della montagna italiana. Su quest’ultimo punto, l’investimento in gestione associata, supporto tecnico e procedure semplificate è tanto importante quanto gli incentivi economici: senza capacità, gli strumenti restano sulla carta. Resta poi un’altra grande incognita, ossia la capacità della SIM di integrarsi con la SNAI che ormai negli anni ha decisamente cambiato pelle diventando una politica regio- nazionale sempre più contingente e meno strategica. Ovvero la SIM pur dialogando con la Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI) e con il relativo Piano Strategico 2021-2027, perseguendo complementarità e sinergie (art. 3) sembra farvi più un “riferimento di circostanza” che suggerire concrete modalità di complementarità.
In termini di policy, bisognerebbe legare finanziamenti e rendicontazione a pochi KPI condivisi, pubblicati con cadenza annuale e disaggregati a livello comunale; prevedere una “clausola di revisione” della classificazione dopo il primo ciclo triennale, per incorporare indicatori funzionali alla luce dei dati raccolti; rafforzare l’integrazione SMI–SNAI per evitare sovrapposizioni quando non addirittura distorsioni; istituire un help-desk tecnico per i piccoli enti su bandi, rendicontazioni e partenariati. Se queste condizioni si realizzeranno, la L. 131/2025 potrà rappresentare non solo una prima risposta alla crisi demografica della montagna, ma anche un laboratorio di politiche place-based replicabile in altri contesti fragili del Paese.
1. Il presente articolo è stato redatto con il parziale supporto di tecnologie basate su LLM, nello specifico GPT-5 (OpenAI, 2025). L’utilizzo dell’IA ha
riguardato attività di revisione e riformulazione testuale; le analisi e le conclusioni rimangono sotto la piena responsabilità dell’autore.
2. https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2025/09/19/25G00139/SG
3. La SMI si configura come un atto triennale del Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, adottato con ampio coinvolgimento multilivello e
parere parlamentare, che individua priorità su infrastrutture digitali, servizi essenziali (sanità e istruzione), farmacie, servizi postali e bancari, negozi
multiservizi, gestione associata, residenzialità, turismo e insediamenti produttivi, con raccordo esplicito a SNAI e a strategie forestali/Green
Communities.
4. Libro Bianco sulla Montagna (Forum PA Presentazione Anna Giorgi).
5. Il FOSMIT (istituito dalla L. 234/2021) finanzia sia interventi regionali/enti locali sia interventi statali, con riparto legato alla nuova classificazione
dei comuni. Le risorse hanno carattere aggiuntivo rispetto ad altri trasferimenti statali/UE. Il Dossier.
6. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore, un D.P.C.M. dovrebbe definire i criteri di classificazione dei Comuni montani “in base ai parametri altimetrico e della pendenza”, su dati ISTAT e previa intesa in Conferenza Unificata. È prevista una delega per il riordino delle agevolazioni settoriali.
7. Dossier “Disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane”.
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