Appalti riservati al non profit solo se si tratta di laboratori protetti

Fonte: Italia Oggi

Le stazioni appaltanti possono riservare la partecipazione ad una gara pubblica avente ad oggetto l’affidamento di servizi sociali a soggetti «non profit» soltanto nel caso in cui questi rivestono le caratteristiche di «laboratori protetti». In un recente parere dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture dell’8 luglio scorso (rif. Ag 24/10), a firma dell’avvocato G. Busia, l’organo di vigilanza è nuovamente intervenuto circa gli appalti riservati di cui all’articolo 52 del codice degli appalti (dlgs 163/2006). Il parere, infatti, dopo aver illustrato alcune considerazioni preliminari circa la natura dei soggetti che non perseguono lo scopo di lucro con particolare riferimento a quelle speciali forme organizzative non profit previste nel nostro ordinamento come, per esempio, le associazioni di utilità sociale (onlus), le associazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale e le cooperative sociali, si sofferma proprio sulle possibilità di deroghe alla disciplina generale previste in materia all’interno del codice. Più precisamente rileva come già nei principi generali stessi l’articolo 2, al comma 2, prevede che «il principio di economicità può essere subordinato, entro i limiti in cui sia espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti dal bando, ispirati a esigenze sociali nonché alla tutela della salute e dell’ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile»; a suo completamento poi l’articolo 52 dispone che «fatte salve le norme vigenti sulle cooperative sociali e sulle imprese sociali, le stazioni appaltanti possono riservare la partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, in relazione a singoli appalti, o in considerazione dell’oggetto di determinati appalti, a laboratori protetti nel rispetto della normativa vigente, o riservarne l’esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti quando la maggioranza dei lavoratori interessati è composta di disabili i quali, in ragione della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un’attività professionale in condizioni normali. Il bando di gara menziona la presente disposizione». Con riferimento alla fattispecie dei «programmi di lavoro protetti», già nel testo dell’articolo 52 appare evidente come tale riserva sia legata oggettivamente all’impiego nell’esecuzione delle prestazioni da parte degli operatori economici di lavoratori disabili; diversamente per l’attribuzione delle imprese non profit alla fattispecie dei «laboratori protetti» diviene necessario procedere all’individuazione di alcuni criteri per l’individuazione di tale categoria in assenza di una specifica definizione normativa. Tali criteri, come riportato nel testo del documento, sono già stati oggetto di una precedente determinazione dell’Authority del 23 gennaio 2008 (n. 2/2008) che aveva fornito in tale sede una serie di indicazioni operative individuando i requisiti soggettivi che devono essere cumulativamente posseduti da un operatore che intende essere riconosciuto come «laboratorio protetto»: «a) essere un soggetto giuridico, costituito nel rispetto della vigente normativa, che eserciti in via stabile e principale un’attività economica organizzata; b) prevedere nei documenti sociali, tra le finalità dell’ente, quella dell’inserimento lavorativo delle persone disabili; c) avere nel proprio ambito una maggioranza di lavoratori disabili che, in ragione della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un’attività professionale in condizioni normali». Il documento si sofferma, quindi, sulla problematica legata alla considerazione circa la non coincidenza tra i requisiti richiesti per i «laboratori protetti» e i requisiti previsti dalle diverse discipline normative per il riconoscimento delle varie categorie di imprese sociali pur essendo in presenze di discipline tutte finalizzate al perseguimento di finalità sociali. A tale scopo ricorda, riprendendo la determinazione sopra citata, come anche il modello delle cooperative sociali di cui alla lettera b) del comma 1, della legge n. 8 novembre 1991 n. 381 (Disciplina delle cooperative sociali), che presenta forti analogie con il modello del «laboratorio protetto», sia fondato, tuttavia, su requisiti normativi che non corrispondono a quelli richiesti per il riconoscimento del «laboratorio protetto». Ribadisce, inoltre, come tale considerazione generale non impedisca di fatto che «le cooperative, come d’altra parte ogni soggetto giuridico, possano accreditarsi quale laboratorio protetto, e quindi avvalersi della riserva di cui all’art. 52 a condizione che possiedano i requisiti sopra individuati». Sempre in riferimento alle cooperative sociali mette, inoltre, in evidenza alla luce della salvaguardia prevista dallo stesso articolo 52 in riferimento alla normativa vigente in materia di cooperative sociali e imprese sociali, la speciale disciplina prevista dall’articolo 5, comma 1, della legge 381/1991 che prevede in maniera autonoma la possibilità di stipulare per le amministrazioni pubbliche convenzioni con le cooperative sociali di cui alla lettera b), anche in deroga alla normativa vigente in materia di appalti, purché queste abbiano ad oggetto prestazioni di importo inferiore alla soglia comunitaria e siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate così come definite dall’articolo 4 della stessa legge. Sempre l’articolo 5 prevede che per gli appalti pubblici di importo pari o superiore alla soglia comunitaria le amministrazioni aggiudicatrici possano prevedere nella documentazione di gara l’obbligo di eseguire il contratto con l’impiego di persone svantaggiate. Alla luce delle considerazioni emerse e della mancata corrispondenza tra le figure di soggetto «non profit» e «laboratorio protetto», in conclusione si sottolinea nel parere «come non sia consentito apporre riserve di partecipazione alle gare di appalto sic et simpliciter ai soli soggetti non profit, ma che tale riserva sia consentita solo, nei limiti di quanto espresso in motivazione, se rivolta a soggetti che rivestono le caratteristiche dei laboratori protetti».

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