Clean Industrial Deal: verso una transizione ecologica e digitale

Serve formazione, efficacie e continua, ma possibile solo se UE e i Paesi Membri si allineano

31 Luglio 2025
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Il “Clean Industrial Deal” (CID), recentemente promosso dalla Commissione Europea rappresenta un pilastro fondamentale della strategia adottata dall’Unione Europea nella transizione ecologica, cosiddetto, “Green Deal”.
L’iniziativa mira a consolidare la competitività dell’industria europea accelerando di pari passo la sua transizione ecologica e digitale. L’obiettivo è chiaro: costruire un’economia circolare (ridurre al minimo l’uso di risorse e la produzione di rifiuti) e neutrale dal punto di vista climatico (raggiungere zero emissioni) che possa rimanere globalmente competitiva e socialmente giusta.

Indice

Focus alle skills

Uno degli aspetti maggiormente strategici del CID è la sua concentrazione sulle capacità e le qualità lavorative impiegate. La transizione verso un’economia digitale a basso impatto di carbonio non eccederà senza una forza lavoro formata adeguatamente. Aumenta rapidamente la richiesta di competenze nel settore delle tecnologie pulite, dell’efficienza energetica, della digitalizzazione e dell’imprenditorialità sostenibile. Come asserito dalla Commissione; l’Europa deve investire nelle sue persone assicurandosi che nessuno sia lasciato indietro.

La formazione scolastica non basta

La formazione e l’aggiornamento professionale sono cruciali per preparare il personale alla transizione ecologica. L’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) sottolinea che mentre l’educazione scolastica obbligatoria pone le basi fondamentali, l’aggiornamento e la riqualificazione delle conoscenze in età adulta è indispensabile per dotare gli individui delle competenze necessarie per emergere in contesti professionali green. Per questa ragione, il CID propone la creazione di una genuina “Union of Skills”: un ambizioso concetto che supera la mera educazione. Significa costruire nuove cooperazioni tra l’industria, gli Enti di formazione e le autorità pubbliche per adattare la formazione e l’aggiornamento professionale alle future necessità che il mercato richiede. È qui che i fondi europei giocano un ruolo chiave: tra questi, l’Erasmus+.

Erasmus+

Tradizionalmente associato alla mobilità internazionale degli studenti; negli anni Erasmus+ è diventato uno strumento strategico a supporto dell’educazione professionale, istruzione per adulti e l’acquisizione di specifiche competenze settoriali nell’ambito dell’industria verde e dei domini digitali. Fino a 90 milioni saranno stanziati per incrementare gli sforzi volti al piano per l’industria pulita, con particolare riguardo verso le carenze in ambito di competenze e l’innovazione della formazione. In questo contesto, è essenziale enfatizzare il ruolo di Erasmus+ che non è limitato alle scuole o alle università ma si rivela essere un catalizzatore per una robusta trasformazione industriale. Si attendono progetti focalizzati sulle formazioni citate già per la prima scadenza di quest’anno.

Fondo sociale europeo

Il fondo sociale europeo è un altro punto chiave negli strumenti messi a disposizione dall’Unione Europea e focalizzati sulle persone. Il fondo incrementa un significativo contributo dedicato alla formazione e alla costruzione delle competenze. Ciò nonostante, rimane da verificare se gli stati membri sceglieranno di dare priorità alla transizione ecologica e le conseguenti riforme relative all’apprendimento nei programmi interni nazionali. In conclusione, il Piano mira anche a fattori abilitanti trasversali fondamentali, come la semplificazione burocratica, il miglioramento del coordinamento delle politiche e la valorizzazione del potenziale del Mercato Unico. Tuttavia, il suo successo dipenderà in ultima analisi dalle persone, dai lavoratori e dagli apprendenti, e dalla loro capacità di adattarsi e prosperare nella nuova era industriale.

di CRISTINA CECCARELLI (Estratto da Neu – Newsletter for The European Union)

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Dall’Italia arrivano perplessità

Dopo il lancio, nel febbraio del 2025, del CID, vari Enti italiani si sono associati alla chiamata alla cooperazione per il raggiungimento di una sostenibilità ambientale.
Il 16 luglio UNEM (Unione Energie per la Mobilità) ha pubblicato un comunicato con cui si associa ai principi del piano europeo chiedendo però alle Istituzioni europee e al Governo italiano l’adozione di un piano specifico per la mobilità e i carburanti low carbon. UNEM lamenta l’insufficienza della strategia adottata centrata solo sull’elettrificazione che trascura sia la neutralità tecnologica sia la revisione delle metodologie di calcolo delle emissioni su base ciclo di vita (LCA).

>> CONSULTA IL COMUNICATO UNEM.

Anche Confindustria si dimostra critica nei confronti del piano EU: servirebbero misure più pragmatiche. Il 2 luglio, dopo aver preso parte all’Audizione della Camera dei deputati sul CID, pubblica un comunicato stampa per definire la sua posizione: “Riconosciamo il Clean Industrial Deal come passo necessario dopo il Green Deal, ma sottolineamo la lentezza e l’insufficiente efficacia. Servono misure strutturali per abbattere il costo dell’energia (come il disaccoppiamento prezzi energia elettrica prodotta da FER dal prezzo del naturale) e un monitoraggio più rigoroso del mercato del gas europeo e dell’indice TTF.  Chiediamo una revisione dello schema ETS (trasparenza, stabilità e uso vincolato dei proventi) e del CBAM (compensazioni per le esportazioni).”

>> LEGGI IL COMUNICATO DI CONFINDUSTRIA.

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