Quanto valgono il camoscio del parco del Gran Paradiso e l’orso marsicano, i terrazzamenti delle Cinque Terre e il Vesuvio, le praterie di posidonia di Ustica e il pino loricato del Pollino? Molti si troverebbero in difficoltà di fronte a una domanda del genere. Ma il governo ha una risposta pronta: meno di un caffè all’anno a testa per ogni italiano. La Finanziaria ha decretato che i 50 milioni di euro di un finanziamento già ridotto all’osso sono troppi per la natura protetta. Dopo aver provato a cancellare i parchi nel 2008 inserendoli nell’elenco degli enti inutili, il centrodestra è tornato alla carica dimezzando i fondi: non basteranno più nemmeno per l’ordinaria amministrazione. I parchi nazionali e le aree marine protette dovranno licenziare le guide e chiudere i centri visita. Tagliare le gambe all’ecoturismo, uno dei pochi settori con il segno più. Lasciare mano libera ai bracconieri. Rinunciare a presidiare le eccellenze gastronomiche che hanno contributo a imporre l’italian style nel mondo. Un milione e mezzo di ettari, dalle dune alle zone umide, dalle foreste agli altipiani, si troverà senza difese. Per risparmiare 25 milioni di euro, il costo di un palazzetto con vista Colosseo, si mette in crisi un sistema che vale 86 mila occupati, 2 mila centri visita e aree attrezzate, oltre 34 milioni di visitatori l’anno, un giro d’affari di oltre un miliardo di euro. Limitandosi a quest’ultimo numero, fa notare il presidente di Federparchi Giampiero Sammuri, si può dire che strangolando i parchi il governo prende uno e perde dodici: risparmia 25 milioni e rinuncia a 300 milioni di imposte che non verranno più versate per chiusura di attività. Ma è un calcolo largamente per difetto: la perdita economica sarebbe in realtà molto più alta. Nel conto bisogna inserire i contraccolpi negativi sul turismo naturale che in Italia vale 9 miliardi di euro. Il danno di immagine per il made in Italy. La perdita di un luogo che assicura ossigenazione fisica e mentale. E anche un peggioramento della bilancia delle emissioni serra perché nel loro complesso le foreste, nei conteggi del protocollo di Kyoto, valgono 10,2 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Ma veramente il cammino iniziato nel 1922 con l’istituzione del parco nazionale del Gran Paradiso e arrivato a superare il traguardo del 10 per cento di territorio protetto verrà azzerato e otterremo la maglia nera in Europa riducendo il contributo pubblico a 17 euro l’anno per ettaro protetto contro una media continentale tre volte più alta? La partita non è ancora chiusa. Giulia Maria Mozzoni Crespi, presidente onorario del Fai, e Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf, hanno inviato un messaggio al presidente del Consiglio: «I parchi nazionali sono un tesoro che va salvaguardato da incendi e bracconaggio, abusivismo e inquinamento anche per la gioia e il benessere di milioni di visitatori, bambini e anziani, viaggiatori locali e stranieri, studenti e studiosi, poeti e scienziati». Il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, ha rivolto un appello al capo dello Stato e il popolo dei parchi si è dato appuntamento per oggi davanti al ministero del-l’Ambiente. «Il 2010 è stato proclamato dall’Onu anno internazionale della biodiversità e poche settimane fa è stata organizzata in Italia la prima conferenza nazionale sulla biodiversità. Concludere l’anno con il funerale dei parchi sarebbe un paradosso», osserva Gaetano Benedetto, del Wwf.
Parchi naturali a rischio così il taglio dei fondi colpisce pinete e camosci
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