Tre anni al sindaco di Alessandria per i bilanci falsi

Fonte: Il Sole 24 Ore

Evitato pochi giorni fa in Corte dei conti il “fallimento politico”, cioè il divieto decennale di occupare caselle in giunta o posti da amministratore in società partecipate, l’ex sindaco di Alessandria Piercarlo Fabbio incappa nella condanna in primo grado a tre anni di carcere, e cinque di interdizione dai pubblici uffici. Il reato riconosciuto dai giudici è quello di falso ideologico, in pratica la versione “pubblica” del falso in bilancio, relativo ai conti 2010 del Comune piemontese. In quell’occasione la città certificò di avere i bilanci in ordine e di aver rispettato il patto di stabilità ma, secondo il tribunale, arrivò a questo risultato dopo aver ritoccato i numeri allontanandoli dalla realtà.

A portare alla condanna di Fabbio, insieme a quella dell’ex ragioniere capo del Comune Carlo Alberto Ravazzano (2 anni e 6 mesi), è la lunga vicenda dei bilanci dubbi di Alessandria, sfociata nel primo “fallimento indotto” dalla Corte dei conti in base alle regole del federalismo fiscale scritte nei decreti attuativi del 2011.

Per la stessa vicenda, alimentata da una dinamica della spesa fuggita al controllo e rimediata agendo più sui documenti contabili che sulla realtà, l’ex sindaco e l’allora ragioniere capo, insieme alla giunta e a una parte dei consiglieri comunali, si sono già visti condannare (sempre in primo grado) dalla magistratura contabile per un danno erariale da 7,6 milioni di euro. 
Nonostante questo, la stessa Corte dei conti piemontese (nella sentenza 76/2015, su cui si veda Il Sole 24 Ore del 20 aprile scorso) ha stoppato l’incandidabilità decennale, prevista sempre dalle regole del federalismo fiscale per gli amministratori che portano il proprio ente al dissesto. A bloccare il meccanismo, spiegano però i magistrati contabili, è stato il fatto che la regola in vigore all’epoca dei fatti riservava la sanzione ai casi in cui il default dell’ente fosse “diretta conseguenza” delle “azioni o omissioni” messe in atto dagli amministratori. Nel caso alessandrino, un danno erariale pari “solo” al 9% della spesa secondo i calcoli della Corte dei conti non è stato sufficiente a provare il legame causa-effetto chiesto dalla norma. 
L’ex amministratore, dal canto suo, si dichiara «parzialmente soddisfatto» dalla sentenza che l’ha assolto dagli altri reati (truffa e abuso d’ufficio) e promette ricorso in appello. 

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