Tassa di soggiorno, gestione a due

Anche le province entrano nella tassa di soggiorno che i comuni avranno la facoltà di applicare e che sarà contenuta nel decreto sul federalismo municipale, ora all’esame della Commissione bicamerale presieduta da Enrico La Loggia. Ad annunciarlo è stato lo stesso presidente che, al termine delle riunioni che si sono tenute ieri anche con il Ministro Calderoli, ha spiegato: i comuni capoluogo di provincia potranno applicarla gestendone autonomamente il gettito mentre gli altri comuni dovranno coordinarsi con le rispettive province sul cui territorio insistono. Saranno infatti le province a raccoglierne il gettito e a deciderne la distribuzione. “A pochi giorni dal termine fissato per l’approvazione del decreto sul federalismo municipale, la Commissione bicamerale esaminerà un testo completamente stravolto rispetto alla legge presentata dal governo. Una riforma che resta importante per il nostro Paese verrà licenziata senza verifiche, senza dati certi e con l’eliminazione di fatto dell’autonomia impositiva dei comuni, solo per consentire alla Lega di sventolare una bandiera ormai sfilacciata”, polemizza il presidente dei senatori dell’Italia dei Valori e componente della Commissione bicamerale per il federalismo fiscale, Felice Belisario. “Il Governo si fermi, riscriva il decreto legislativo e apra un confronto vero con il Parlamento e con le autonomie locali – chiede Belisario – altrimenti avremo una pessima norma che lascerà le amministrazioni locali insoddisfatte e soprattutto con gravi problemi di bilancio. Alla faccia del federalismo e dell’annunciato protagonismo di comuni, province e regioni”.
L’opposizione è comunque in stand by, in attesa che oggi il Ministro della semplificazione Roberto Calderoli presenti la riformulazione delle proposte sul federalismo municipale, l’approvazione del quale molto dipende dalle decisioni delle opposizioni: a partire da terzo polo e Pd, convinto che dopo l’uscita di Fli dalla maggioranza “il cammino della riforma per il federalismo fiscale può proseguire solo se sarà il risultato di un lavoro condiviso”. “La giornata di oggi – spiega Francesco Boccia, coordinatore delle commissioni economiche del gruppo Pd della Camera- è assolutamente transitoria: attendiamo le proposte dal Ministro Calderoli. Un testo scritto e non interpretabile con risposte chiare alle proposte del Pd sul decreto per la fiscalità municipale. Dai maggiori sgravi agli inquilini attraverso la cedolare secca, ad una effettiva copertura finanziaria delle funzioni fondamentali dei comuni e a una reale autonomia impositiva. Non vorremmo ritrovarci con enti locali più poveri e più dipendenti da trasferimenti statali. Le garanzie sui servizi essenziali, la responsabilità delle classi dirigenti locali e la semplificazione delle imposte sono valori imprescindibili sui quali si può costruire un dialogo in queste ore”. “Sconsigliamo forzature -aggiunge ancora l’esponente Pd – perché il federalismo può sopravvivere alle oggettive difficoltà parlamentari della maggioranza solo se condiviso. Il voto sul fisco comunale influenzerà inevitabilmente gli spazi di dialogo possibili sul fondamentale decreto successivo relativo alla fiscalità regionale”.
Tornando al parere della commissione, l’orientamento è di licenziarlo il 26 gennaio prossimo, dunque, a due giorni dalla scadenza della proroga chiesta prima della pausa natalizia, come ha spiegato il portavoce del presidente La Loggia. Domani intanto si riunisce l’ufficio di presidenza dell’Associazione nazionale dei comuni italiani guidati da Sergio Chiamparino ed è probabile che vi sia proprio in quella giornata un ulteriore incontro tra il presidente della bicameralina, che è anche relatore del provvedimento, il Ministro Calderoli e lo stesso Chiamparino.
E le proteste di chi non è d’accordo con alcune delle modifiche ventilate non si fanno attendere. “Se va avanti il progetto di legare la tassa rifiuti alla rendita catastale, vuol dire che s’è fatta la scelta di istituire una nuova patrimoniale, dopo l’Ici”, dichiara il Presidente di Confedilizia Corrado Sforza Fogliani, che aggiunge: “La rendita conserva il vecchio nome (oggi fuorviante) di quando gli estimi erano rappresentativi dei redditi, ma oggi la «rendita» è invece rapportata al valore degli immobili. La Tarsu (condannata alla sopravvivenza dalla incapacità – e soprattutto dalla non convenienza – dei comuni di trasformarla in tariffa, come pure dalla legge previsto), se rapportata alla rendita a valore, sarebbe quindi una nuova patrimoniale pura e semplice, che si aggiungerebbe all’Ici (non ancora del tutto abolita neppure per le prime case) e ad altre forme di incivile tassazione dei beni, perché al di là del fatto che producano o meno un reddito per i loro proprietari. Se il federalismo deve essere questo, la delusione di chi credeva in una riforma basata sulla competitività tra enti com’è in tutto il mondo (quella competitività, a favore del parassitismo fiscale, che i comuni sono riusciti ad evitare) è grande. Dobbiamo purtroppo concludere che la lobby dei comuni (che ha il gioco facile, perché di comuni ce ne sono di ogni appartenenza politica) sta ottenendo quel che voleva: di trasformare il federalismo in una panacea per lo spreco degli enti locali ed in un salasso per i contribuenti. Dov’è il cambiamento, se tutto sommato rimarrebbe di fatto in piedi il sistema dei trasferimenti e con loro l’irresponsabilità degli enti locali? L’esempio più eclatante si ha col federalismo demaniale: che prevede la consegna agli enti locali anche delle opere di bonifica, ma per le quali (eccettuati i reliquati di nessun valore, una presa in giro) il Governo non risulta neppure avere ancora individuato l’amministrazione centrale deputata a curare le istruttorie per la consegna… Altro che federalismo, questo è centralismo allo stato puro”.

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