Stop alla giungla delle aliquote comunali
Fonte: Il Sole 24 Ore
<p>La nuova «tassa locale» che il Governo ha in cantiere per unificare prima di tutto Imu e Tasi proverà anche a semplificare il quadro delle variabili locali, per sfoltire drasticamente il panorama delle 200mila aliquote raggiunte quest’anno dalla «Iuc».</p>
<p>Per raggiungere questo obiettivo, l’idea è di consentire ai sindaci di articolare l’imposta per macro-categorie di immobili, evitando le distinzioni di dettaglio che hanno riempito di decine di parametri le delibere fiscali 2014 dei Comuni. La semplificazione, del resto, dovrebbe servire anche a controllare davvero gli effetti delle nuove rendite, perché la clausola di salvaguardia per evitare aumenti di tasse si può applicare solo su un sistema non troppo difficile da controllare a livello complessivo.</p>
<p>Sul tema ieri è partito il confronto tecnico fra Governo e amministratori locali, che sfocerà in un primo incontro politico nel tardo pomeriggio di oggi.</p>
<p>Prima di essere disegnata, la nuova tassa attende la soluzione di una serie di problemi, a partire dalle difficoltà tecniche che si incontrano a unificare anche i tributi “minori” come l’imposta sulla pubblicità o la tassa (o il canone, a seconda dei Comuni) per l’occupazione del suolo pubblico: questa partita pesa per poco più di un miliardo, quindi intorno al 3-4% dei valori complessivi in gioco, ma non è priva di incognite perché occorre evitare di spalmare sugli altri contribuenti ciò che oggi viene pagato solo dalle aziende che utilizzano i cartelloni o dagli esercizi commerciali che usano spazi pubblici, per esempio per i tavoli di bar e ristoranti (oggi, tra l’altro, questa tassa è pagata dal conduttore e non dal proprietario).</p>
<p>In ogni caso, i pilastri della nuova imposta rilanciata dal premier Matteo Renzi la scorsa settimana sono chiari, e ruotano intorno alla parola d’ordine della «semplificazione». Per tradurla in pratica, e per restituire al carico fiscale sull’abitazione principale la progressività che ha perso quest’anno, il progetto prevede il ritorno a un’aliquota di base più alta accompagnata però da una detrazione standard, che i Comuni dovrebbero poter aumentare se i loro conti lo permettono (si discute sull’ipotesi di collegarla anche al reddito famigliare, oppure di agevolare le famiglie numerose con lo sconto aggiuntivo per i figli).</p>
<p>Nel capitolo delle case in affitto, la «quota occupante» che nella Tasi ha prodotto più incognite che gettito dovrebbe tramontare, mentre per gli immobili d’impresa la novità principale è rappresentata dalla scomparsa della «quota erariale», che oggi gira allo Stato i versamenti prodotti dall’aliquota Imu standard (7,6 per mille) e ha anche impedito ogni ipotesi di sconti nei Comuni: il risultato dipende naturalmente dagli effetti sui bilanci locali dello scambio fra la quota erariale e l’addizionale Irpef, che nel disegno governativo sarà statalizzata.</p>
<p>Sul punto le imprese chiedono però mosse assai più radicali, come ha ricordato ieri il presidente di Confidustria Giorgio Squinzi quando ha sottolineato che «il prelievo fiscale sui beni strumentali è una scelta dannosa alla volontà di intrapresa» (si veda anche pagina 8).</p>
<p>In questa direzione va anche un emendamento tri-partisan (Pd, Ncd e Forza Italia) che chiede di rendere l’Imu sulle imprese interamente deducibile dal reddito, mentre Fi da sola rispolvera un grande classico con un emendamento che chiede di escludere dalla Tasi l’abitazione principale.</p>
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