Sospensione di diritto dalle cariche pubbliche a seguito di condanna

Assume rilievo per le pubbliche amministrazioni la recente sentenza del TAR Calabria 5 ottobre 2017, n. 862. I giudici della sezione staccata di Reggio Calabria affermano che la sospensione di diritto, prevista dall’art. 11, comma 5, d.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 per coloro che abbiano riportato in primo grado una condanna per il delitto di abuso d’ufficio, non presuppone che l’atto di accertamento sia notificato a chi versa in tale situazione, producendo tale sospensione effetto nel momento stesso in cui vi è la proclamazione degli eletti e inibendo l’esercizio delle pubbliche funzioni a chi sia stato già condannato in sede penale.

La sospensione di diritto dalle cariche pubbliche

Nella valutazione dei giudici, che nel caso di specie erano concentrati sul caso gli organi elettivi di un Comune, rientra inoltre nella giurisdizione del giudice amministrativo l’impugnazione dell’atto di nomina di un assessore da parte del Sindaco neo eletto che, condannato in primo grado per abuso d’ufficio, non poteva emettere alcun atto, in ragione della “sospensione di diritto”, trattandosi di atti autoritativi concernenti l’individuazione degli organi da investire di funzioni pubbliche, ai sensi dell’art. 7 c.p.a.
In assenza, nel comma 1 dell’art. 32 c.p.a., della disciplina dell’ipotesi di cumulo, nello stesso giudizio, di rito ordinario e di rito elettorale prevale il rito elettorale, ispirato ad una logica di particolare rapidità dei giudizi.
La sospensione di diritto, prevista dall’art. 11, comma 5, d.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 per coloro che abbiano riportato in primo grado una condanna per il delitto di abuso d’ufficio, non presuppone che l’atto di accertamento sia notificato a chi versa in tale situazione, producendo tale sospensione effetto nel momento stesso in cui vi è la proclamazione degli eletti e inibendo l’esercizio delle pubbliche funzioni a chi sia stato già condannato in sede penale.

Attuazione Legge Severino e sospensione di diritto

Secondo i giudici del tribunale amministrativo reggino, l’inibizione all’esercizio delle pubbliche funzioni non discende dall’atto del Prefetto (che accerta la sussistenza della causa di sospensione, al fine di renderlo noto “agli organi che hanno convalidato l’elezione o deliberato la nomina”), tanto che neppure l’atto va notificato all’interessato, ma dipende dalla preclusione derivante di per sé dalla condanna di primo grado. Diversamente opinando, e cioè se si ammettesse che, prima dell’emanazione dell’atto del Prefetto, il candidato risultato eletto possa porre in essere atti nella qualità conseguente alla proclamazione, si verificherebbe una elusione delle disposizioni dell’art. 11, d.lgs. n. 235/2012. Si ammetterebbe cioè che il candidato risultato eletto, pur se sospeso di diritto dall’esercizio delle funzioni, potrebbe ugualmente disporre una nomina di carattere fiduciario, di per sé avente una decisiva incidenza sulla designazione di tutti gli assessori, ciò che urterebbe con le ragioni poste a base della sospensione di diritto (cioè la sussistenza di una indegnità tale da comportare l’assenza di un requisito essenziale per ricoprire l’ufficio, sulla base di una valutazione del legislatore, considerata ragionevole dalla Corte Costituzionale mediante sentenza n. 236/2015).

>> CONSULTA IL TESTO DELLA SENTENZA DEL TAR CALABRIA 5 OTTOBRE 2017, n. 862.

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