Sanzioni amministrative per il datore di lavoro che non versa i contributi: il parere della Corte Costituzionale

Focus sulla sentenza della Corte Costituzionale, 8 luglio 2025, n.103

1 Agosto 2025
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Tramite la sentenza n. 103 del 8 luglio 2025, la Corte Costituzionale giudica infondata la questione di legittimità secondo cui il datore di lavoro che manca di versare le ritenute previdenziali ed assistenziali sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso.

Il contesto del caso

Il Tribunale di Brescia ha sollevato una questione di legittimità costituzionale riguardo all’art. 2, comma 1-bis, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, modificato nel 2023. La norma prevede una sanzione amministrativa per il datore di lavoro che non versa le ritenute previdenziali, con una multa che va da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso, ma senza una possibilità di graduarla in base alle condizioni soggettive del trasgressore. Il giudice bresciano ha ritenuto che tale disposizione violi l’articolo 3 della Costituzione, in quanto non rispetta il principio di ragionevolezza, imponendo una sanzione sproporzionata in relazione alla gravità dell’illecito.

Questioni giuridiche principali

  • Proporzionalità e graduabilità della sanzione amministrativa
    Il giudice remittente ha sollevato dubbi relativi principio di proporzionalità delle sanzioni amministrative, in particolare sulla ragionevolezza della sanzione minima prevista dalla norma (una volta e mezzo l’importo omesso), sostenendo che esso non consente un’adeguata personalizzazione della sanzione in base alla gravità dell’illecito o alla condizione soggettiva del trasgressore.
  • Confronto tra sanzione amministrativa e penale
    È stata sollevata anche una possibile irragionevolezza derivante dal confronto con la fattispecie penalmente rilevante di omesso versamento oltre i 10.000 euro. La multa amministrativa prevista può risultare più pesante, in termini economici, della pena pecuniaria che si applica a chi commette lo stesso illecito in misura maggiore e viene processato penalmente.

Ratio decidendi (Analisi giuridica)

Il Tribunale ha rilevato che la mancanza di una scala graduatoria per la sanzione amministrativa impedisce una valutazione equa in base alla gravità dell’omesso versamento. L’impossibilità di adattare la pena alla situazione economica del trasgressore rende particolarmente penalizzante il trattamento nei casi di difficoltà finanziaria, come nel caso specifico in cui il ricorrente lamenta una grave situazione economica. Il rimettente sottolinea inoltre l’irragionevolezza della norma rispetto alla disciplina penale, evidenziando che per reati simili, sebbene più gravi, la pena detentiva sarebbe convertita in una multa che potrebbe risultare inferiore a quella prevista per la sanzione amministrativa.
Infine, il Tribunale ha sollevato una riflessione sulla legittimità della norma in base alla sua compatibilità con la normativa europea, citando la Carta dei diritti fondamentali. La Corte Costituzionale è ora chiamata a decidere se la norma in questione, che impone una sanzione fissa senza possibilità di personalizzazione, violi i principi di giustizia e proporzionalità sanciti dalla Costituzione e dal diritto europeo.

Dispositivo e decisione finale

La Corte Costituzionale ha ritenuto infondata la questione di legittimità, sollevata con riferimento all’art. 3 della Costituzione, dell’art. 2, comma 1-bis, del D.L. 463/1983, come modificato dall’art. 23, comma 1, del D.L. 48/2023, secondo cui il datore di lavoro che manca di versare le ritenute previdenziali ed assistenziali sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, entro la soglia di € 10.000 annui, è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso.

>> IL TESTO DELLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE, 8 LUGLIO 2025, n. 103.

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