Riforma del Titolo V della Costituzione

Il Consiglio dei ministri ha approvato nella seduta di ieri a Palazzo Chigi un disegno di legge costituzionale di riforma del Titolo V. Il testo interviene a undici anni di distanza dalla precedente revisione attuata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
L’intervento si propone di regolamentare i rapporti fra lo Stato e le regioni e si incentra sul principio dell’unità giuridica ed economica della Repubblica come valore fondamentale dell’ordinamento, prevedendo che la sua garanzia, assieme a quella dei diritti costituzionali, costituisce compito primario della legge dello Stato, anche a prescindere dal riparto delle materie fra legge statale e legge regionale. È la cosiddetta clausola di supremazia presente in gran parte degli ordinamento federali.
Si tende, inoltre, ad impostare il rapporto fra leggi statali e leggi regionali secondo una logica di complementarietà e di non conflittualità; per questo sono previste alcune innovazioni particolarmente incisive. Si inseriscono nel campo della legislazione esclusiva dello Stato: il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, le grandi reti di trasporto e di navigazione, la disciplina dell’istruzione, il commercio con l’estero, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia. Inoltre, “il controllo preventivo di legittimità sugli atti del governo e delle regioni, e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello stato e di quello regionale” sarà di competenza della Corte dei Conti.
Nella competenza statale rientrano anche: la disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e la disciplina generale degli enti locali. La materia del turismo è stata altresì trasferita dalla competenza esclusiva delle regioni alla competenza concorrente dello Stato e potrà quindi introdurre una sua disciplina.
Si attribuisce alla legge statale un ruolo più duttile ed ampio nell’area della legislazione concorrente, prevedendo che spetta alla legge dello Stato non più di stabilire i problematici “principi fondamentali”, bensì di porre la disciplina funzionale a garantire l’unità giuridica ed economica della Repubblica. Si dispongono, poi, confini meno rigidi fra potestà regolamentare del Governo e potestà regolamentare delle regioni, prevedendo che lo Stato e le regioni possono emanare regolamenti per l’attuazione delle proprie leggi.
La riforma riguarda anche le Regioni a statuto speciale che saranno chiamate a rispettare il patto di stabilità.
Contro il provvedimento si sono già pronunciati vari governatori. Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, si è scagliato contro qualsiasi ipotesi di “riforma unilaterale” e ha chiesto al governo “un confronto condiviso” perché “la Repubblica è una”.
Secondo Boccali, sindaco di Perugia, la riforma del Titolo V della Costituzione è basata essenzialmente sull’onda dei recenti scandali che hanno riguardato gli enti locali e ha dichiarato al termine dell’incontro dell’Anci con il governo sulla legge di Stabilita’ per il 2013:  “Cosi’, per spot, non si puo’ andare avanti, rischiamo il conflitto istituzionale” .
All’incontro ha partecipato anche il sindaco di Livorno, Alessandro Cosimi, che ha commentato: “E’ come se questa riunione non ci fosse mai stata. Non e’ stata concertazione perche’ niente abbiamo concertato. E non c’e’ stata comunicazione, dato che non ci e’ stato presentato nulla di scritto”.
Reazioni dure anche dal governatore lombardo Roberto Formigoni e quello veneto Luca Zaia.

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