Province, i dubbi della Camera

In un dossier del Servizio Studi i rilievi sugli oneri derivanti dalla gestione del passaggio delle funzioni e del personale ai comuni. La Commissione affari costituzionali: norma transitoria per il 2012

kandy 9 Dicembre 2011
Scarica PDF Stampa
Modifica zoom
100%
È necessario valutare i “possibili” oneri derivanti dalla gestione del passaggio delle funzioni e del personale delle province ai comuni. Lo sottolineano i tecnici della Camera in un dossier preparato in merito al d.l. 201 del 2011. “Si segnala che nella valutazione degli effetti di risparmio, valutabili solo a consuntivo – si legge nel dossier – sarebbe necessario considerare i possibili profili onerosi connessi alla gestione del passaggio delle funzioni, delle risorse umane, strumentali e finanziarie delle province ai comuni”. In particolare, fanno notare i tecnici, “in ordine al trasferimento del personale dalle province oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica potrebbe derivare da un diverso inquadramento economico-giuridico di detto personale”. Si segnala inoltre “la necessità di disciplinare le modalità per conseguire gli effetti di risparmio che il patto di stabilità attualmente ascrive alle province”. La norma, spiegano i tecnici, “non dispone infatti in merito a eventuali modifiche da apportare ai vincoli finanziari sugli enti subentranti nello svolgimento delle funzioni delle province e destinatari delle corrispondenti risorse finanziarie, al fine di mantenere inalterato l’ammontare complessivo dei risparmi attesi dal comparto delle amministrazioni locali”. Ma i rilievi dei tecnici di Montecitorio non finiscono qui. Il prelievo una tantum dell’1,5% sui capitali scudati “potrebbe non trovare applicazione sul complesso dei capitali già emersi”, si rileva, spiegando che questa situazione potrebbe verificarsi “nel caso in cui il contribuente scudato ha investito i capitali emersi in altre attività finanziarie ovvero ha spostato la sua posizione presso un altro intermediario. In tale ultimo caso, in cui il vecchio intermediario non ha la provvista e il nuovo non ha la dichiarazione riservata – sottolineano – non appare chiaro quale debba essere il sostituto d’imposta”. I tecnici rilevano inoltre che l’entrata prevista “sembrerebbe assumere carattere di una tantum, andrebbe pertanto acquisito un chiarimento del governo sui possibili effetti in termini di indebitamento netto strutturale”. Infine, con riferimento all’obbligo per gli intermediari a segnalare all’Agenzia delle entrate i contribuenti nei confronti dei quali non è stata applicata e versata l’imposta a causa dell’intervenuta cessazione del rapporto di deposito o per non aver ricevuto la provvista, gli esperti di Montecitorio evidenziano “la necessità di acquisire chiarimenti circa la compatibilità di tale segnalazione con la garanzia di anonimato delle dichiarazioni di emersione delle attività da parte degli intermediari nei confronti dell’amministrazione finanziaria prevista dalla normativa vigente al fine di escludere effetti pregiudizievoli sulle maggiori entrate ascritte alla norma in esame”. Per quanto riguarda l’Iva, invece, in merito all’aumento delle aliquote Iva del 10 e del 21%, “appaiono opportuni chiarimenti in merito alla quantificazione degli effetti in termini di cassa”. In particolare, rilevano i tecnici, “il versamento dell’Iva riferita al mese di dicembre e all’ultimo trimestre dell’anno viene effettuato nell’anno successivo”. Occorre inoltre chiarire, si legge nel dosssier, “se, ed eventualmente con quale modalità, la metodologia di calcolo utilizzata tenga conto delle disposizioni riportate all’art. 48. Queste ultime infatti riservano esclusivamente all’Erario per un periodo di cinque anni le maggiori entrate di tributi erariali derivanti dal provvedimento”. Intanto arriva disco verde ma con condizioni, al d.l. “anticrisi”, dalla commissione affari costituzionali della Camera, che punta la sua attenzione anche sulle previsioni che riguardano il sistema delle province. Vengano definite con legge tutte le modalità elettorali che riguardano gli incarichi elettivi, si legge in sostanza nel parere, perché con decreto non si può fare. Serve una norma transitoria che tenga conto del fatto che ben sette sono le province (Vicenza, Ancona, Ragusa, Como, Belluno, Genova e La Spezia) che fra aprile e giugno 2012 andranno al voto per scadenza naturale, visto che il d.l. stabilisce che entro il 30 aprile 2012 vengono trasferite ai comuni le funzioni conferite alle province. Non solo, per la commissione prima della Camera è necessario modificare, togliendo l’aggettivo “politico”, il passaggio in cui si stabilisce che alla provincia spettano le funzioni “di coordinamento e di indirizzo politico dei comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale”. Infine, quanto alla “gratutità delle cariche elettive di enti territoriali non previsti dalla costituzione, come i municipi delle grandi città“, l’indicazione della commissione è che la previsione vada applicata solo a partire dal momento del rinnovo degli enti.

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento