Province, Caporetto del Carroccio

Fonte: Italia Oggi

L’abolizione delle Province sembra ormai la Caporetto del Carroccio. L’aver acconsentito all’azzeramento degli enti, nell’incontro di Arcore che ha dato via libera alla terza edizione della Manovra, pare aver scavato un fossato fra Umberto Bossi e i suoi amministratori locali, soprattutto in Veneto. A rompere gli indugi era stato, nei giorni scorsi, Leonardo Muraro, presidente della Provincia di Treviso, con un’intervista al Corriere Veneto. «C’è poco da girarci intorno», aveva detto, «l’abolizione delle Province è una sconfitta anche della Lega». Secondo l’amministratore si tratterebbe sic et simpliciter di una «una sconfitta del federalismo, cioè del principio sempre sostenuto in primis dalla Lega secondo il quale il governo del territorio va svolto il più vicino possibile al territorio stesso». Anziché alle province venete, secondo Muraro, le risorse «vengono rubate e mandate a Roma o a Venezia». Muraro, classe 1955, da Mogliano Veneto, tecnico dell’Enel è un leghista doc. Ha cominciato nel 1996, nel consiglio comunale del suo paese, arrivano fino ai vertici. Non strilla ma gronda d’amarezza. «Si neutralizza l’unica traccia di federalismo», ha detto, «per dare una pillola alla gente che ha il mal di pancia contro i costi della politica». Ricordando come dal provvedimento siano spariti «la riduzione dei parlamentari, la loro incompatibilità con la carica di sindaco ed i tagli alle indennità».Una presa di posizione che ha finito per stanare anche l’allineatissima Francesca Zaccariotto, biondissima pasionaria del Carroccio che presiede la Provincia di Venezia e che già s’era scagliata, come aveva riferito ItaliaOggi, anche contro l’abolizione soft, quella delle province sotto i 300mila abitanti, perché risparmiava Trento e Bolzano.«Sono per una Lega che credeva fermamente in quello che faceva», ha detto, «ma visto come stanno le cose adesso, forse era più comprensibile per i nostri elettori se si fossero date le dimissioni». Anche lei, 49enne, leghista delle prima a San Donà, dove ha fatto il sindaco, ora attacca l’abolizione usando l’argomento della scarsità dei risparmi che il provvedimento comporterebbe: «Centodieci milioni contro i 700 dei finanziamenti ai partiti». Anche lei senza gridare ma senza rinunciare a critiche severe. Come quando attacca i parlamentari che «quando si siedono là, a Roma, si trasformano e perdono di vista l’amministrazione territoriale». Uno sfogo pieno di nostalgia per quella Lega «nata nei territori». Le piacerebbe «che la Lega tornasse indietro», dopo aver «svuotato comuni e province dei poteri e dei finanziamenti necessari per fare il loro lavoro». Altro che federalismo, ha osservato mestamente «qui è stato centralizzato tutto». E che le lamentazioni venete siano affar serio, lo conferma l’incontro che nel pomeriggio di ieri coi ministri Umberto Bossi e Roberto Calderoli nei nuovi uffici monzesi, quelli del famoso decentramento. Nelle disadorne stanze della Villa Reale, i ministri hanno cercato di convincerli a piantarla lì con le critiche, visto anche il clima incandescente che si è già creato all’interno del partito. Tensioni cui s’è richiamato, con la consueta schiettezza, Gian Paolo Gobbo, segretario delle Lega e sindaco di Treviso, la città dove è in corso un’importante festa del Carroccio. Ai refrattari, ai dissenzienti dalla linea governativa, «a quelli che vanno in tv a parlar male della manovra», ha detto il sindaco con chiaro riferimento al suo collega veronese Flavio Tosi, Gobbo ha pronosticato la fine di Fabrizio Comencini, suo predecessore alla segreteria “nazionale” veneta, espulso dalla Lega nel 1998, perché nostalgico della Liga veneta. Ma nella festa trevigiana, il cuore della base ha mostrato di battere più per Giancarlo Gentilini, mitico sindaco-sceriffo, che per lui.

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