Permessi sindacali dimezzati: saranno 1.200 Duello interno alle sigle

Fonte: Corriere della Sera

ROMA – Sguardi che si abbassano lungo i corridoi, liste più o meno segrete, incontri riservati e primi sondaggi. Ma soprattutto una domanda: e adesso, a chi tocca? Con la riforma della pubblica amministrazione il governo Renzi ha regalato ai sindacati e ai suoi dipendenti il gioco della pagliuzza: chi pesca quella corta viene eliminato. La prima norma che produrrà effetti concreti nel corposo pacchetto che ha finalmente superato il traguardo della Gazzetta ufficiale è il dimezzamento dei famosi distacchi sindacali. Cosa sono? Ad oggi circa 2.400 dipendenti pubblici hanno lasciato il loro ufficio per lavorare a tempo pieno nel sindacato ma continuano ad essere pagati dallo Stato. Distaccati. E forza lavoro gratis per Cgil, Cisl, Uil e tutte le altre sigle.

Il decreto appena entrato in vigore dice che dal primo di settembre di quest’anno il numero dei distacchi deve essere tagliato del 50%. Metà di quelle 2.400 persone dovrà lasciare il sindacato per tornare a lavorare nel suo vecchio ufficio. E devono essere gli stessi sindacati a decidere chi rispedire verso la scrivania di provenienza e chi invece trattenere in sede. Lui va, lui resta, lei va, lei resta. Un grande torneo della pagliuzza corta da chiudere in due mesi appena. Con il rischio di gelosie, cordate, vendette. Con l’elevata probabilità di spaccare lo spogliatoio come nemmeno Balotelli e Cassano in Nazionale. Nel sindacato c’è chi pensa che il governo abbia scelto questa strada apposta, proprio per dividere e imperare con tanti saluti alla concertazione che fu.

Dal punto di vista dei soldi non ci saranno grandi risparmi, almeno non diretti. I distaccati costano 117 milioni di euro l’anno ma quei soldi continueranno ad essere pagati anche una volta che gli ex sindacalisti torneranno al loro ufficio di una volta. Vero che verrebbe meno una parte dei soldi che lo Stato spende per sostituirli. Vero che, almeno teoricamente, torneranno a «produrre» per la pubblica amministrazione. Ma in qualche caso l’effetto immediato potrebbe essere contrario. «Chi è distaccato presso il sindacato – dice Antonio Foccillo, responsabile pubblico impiego per la Uil – prende solo lo stipendio base. Una volta tornato al ministero prenderà anche straordinari e buoni pasto. Costerà di più non di meno. Davvero non capisco che senso c’è».

Qualche battaglia potrebbe arrivare anche fuori dal recinto dei sindacati, con le nuove norme sulla mobilità previste per i normali dipendenti. Per far partire davvero quei trasferimenti di truppe sempre annunciati e mai realizzati, il governo ha creato un fondo «destinato al miglioramento dell’allocazione del personale presso le pubbliche amministrazioni». Per quest’anno ci sono 15 milioni di euro, l’anno prossimo il doppio, che vengono presi recuperando anche vecchi stanziamenti per la stabilizzazione dei precari. Ci sarà un portale «finalizzato all’incontro tra la domanda e l’offerta di mobilità». Per evitare la corsa verso gli uffici che pagano meglio, come le agenzie, si stabilisce che «l’amministrazione di destinazione abbia una percentuale di posti vacanti superiore all’amministrazione di appartenenza». Il fondo potrebbe essere utilizzato anche per compensare eventuali differenze di retribuzione in caso di trasferimenti forzosi. Ma, almeno in prima battuta, sarà usato per consentire di spostare dalle province alle cancellerie dei tribunali i 300 dipendenti che hanno partecipato al bando lanciato quasi un anno fa. Le province battono in ritirata, i tribunali non riescono a star dietro alle cause, i dipendenti vogliono spostarsi. Ma tutto è rimasto fermo perché, secondo la Ragioneria generale dello Stato, con il passaggio di risorse da un ente locale ad un’amministrazione centrale si sballerebbe la programmazione economica e la sua divisione fra centro e periferia. Il fondo serve a rimettere in equilibrio i conti e superare le perplessità della Ragioneria. Succede anche questo.

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