Per box e cantine Ici in ordine sparso

Fonte: Il Sole 24 Ore

Comuni in ordine sparso sull’applicazione dell’Ici ai posti auto e alle pertinenze dell’abitazione principale. Si tratta di questione non di poco conto perché, dal 2008, le pertinenze, anche se iscritte autonomamente in Catasto, sono spesso esenti dal pagamento dell’imposta comunale sugli immobili (ad esclusione delle categorie A1, A8, A9: edifici di pregio, ville, castelli). Anche se il governo Monti dovesse reintrodurre l’Ici sull’abitazione principale (come pare avverrà) è molto probabile che questa, e le sue pertinenze, godranno comunque di un trattamento privilegiato: aliquote ridotte e/o detrazioni.
Abbiamo raccolto nella tabella qui a lato le condizioni applicate dai regolamenti comunali a box, posti auto scoperti, magazzini, soffitte e tettoie, nelle città metropolitane nonché in alcuni capoluoghi particolarmente popolosi del Paese. Come è evidente, vi sono Comuni che non pongono alcuna limitazione né alla dislocazione, né al tipo, né al numero, né infine al tipo di utilizzo delle pertinenze: sono Napoli, Salerno, Palermo e Bergamo. Altri limitano invece il numero delle pertinenze che godono dell’esenzione: per esempio Bologna e Torino che ammettono un solo posto auto o box, Padova che ne esenta solo una, Brescia due e Ancona anch’essa due ma differenziate (un solo posto auto e una sola tettoia).
Ancora, Brescia pone un limite di grandezza di depositi e magazzini (40 metri quadrati). Vi sono poi Comuni (Milano, Cagliari, Catanzaro e Bari) che pretendono che le pertinenze siano situate nello stesso edificio o complesso immobiliare dove è posto l’appartamento (quindi niente esenzione per i box sotterranei scavati nella piazza vicina). Altri ancora sono un po’ più flessibili e richiedono che siano situate in fabbricato vicino (Livorno) o a un massimo di 200 (Perugia) o 400 metri (Genova, Verona) dall’abitazione principale. Infine c’è chi esclude i locali a magazzino (categoria C/2) come fanno Verona e Ancona e chi invece “ha in antipatia” le tettoie (categoria C/7, Roma, Livorno e Genova).
Le categorie catastali depennate possono creare paradossi. Per esempio, le cantine non hanno in genere una categoria catastale propria e pertanto non sono accatastate. Ma se un vicino vende (o anche, solo affitta) una cantina a un altro, o il condominio attribuisce locali inutilizzati ai suoi abitanti, occorre accatastare la cantina in C/2 con la conseguenza che alcuni avranno, nello stesso edificio, la cantina tassata e altri no.
Anche l’esclusione delle pertinenze in C/7 può creare problemi. Infatti per un certo periodo il Catasto aveva deciso che i posti auto scoperti andavano catalogati in questa categoria; poi ha cambiato idea. Pertanto il paradosso può essere che uno non paghi nulla per un box e un altro sia costretto a farlo per uno spazio auto delimitato da strisce in vernice, se ha avuto la sfortuna di accatastarlo nel momento sbagliato.
Com’è noto, le pertinenze (e i box, in particolare) hanno in campo fiscale esattamente lo stesso trattamento della casa a cui sono legati: godono dell’aliquota «prima casa» in caso di acquisto (anche successivo), sono esentati dall’Irpef, sono avvantaggiati dalla detrazione fiscale del 36%, senza che sia possibile alcuna distinzione legata alla loro distanza dall’abitazione o alla loro tipologia. L’unica eccezione possibile è quella, appunto, dell’Ici. Se poi sia legittimo limitare il numero, il tipo o l’ubicazione delle pertinenze ai fini Ici, come fanno i Comuni, è tutt’altro che certo. Per esempio il Tar provinciale di Bologna, sezione XII, con sentenza del 24 giugno 2009, n. 76/12/09, ha sancito l’illegittimità del regolamento comunale che limita il numero di pertinenze di un’abitazione principale che possono godere dell’agevolazione.

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