Pensioni, salvaguardia parziale

Fonte: Il Sole 24 Ore

Con l’approvazione definitiva del Milleproroghe cambiano i confini della platea di persone che può aspirare ad andare in pensione con le regole pre-riforma, ma l’innovazione non risolve il problema. In mancanza di adeguati risorse, l’ampliamento rischia di andare solo a scapito degli altri potenziali titolari del diritto. Resta irrisolta, poi, la situazione di molte persone che sono uscite dall’azienda e rischiano di rimanere per anni senza reddito: si tratta, tra gli altri, dei licenziati senza incentivi o accordi, e di chi è stato coinvolto da uscite individuali o di gruppo ma non rispetta i requisiti dettati dal nuovo provvedimento per poter sfruttare l’«agevolazione».
Il problema nasce con il meccanismo transitorio della legge 204/2011, che esenta dalle nuove norme i soggetti che hanno maturato i requisiti pensionistici entro il 31 dicembre del 2011. Nel limite delle risorse disponibili, la legge individua un’altra variegata platea di soggetti, che hanno risolto il rapporto di lavoro nell’ambito di una procedura collettiva di mobilità in vista di una certa data di maturazione della pensione. Queste persone possono andare in pensione con le vecchie regole, a condizione che esistesse una procedura di mobilità (possibile solo se l’impresa supera i 15 dipendenti e il licenziamento riguarda almeno 5 persone), e che la procedura sia terminata con un accordo sindacale (ipotesi questa che non sempre si verifica), firmato prima del 4 dicembre 2011. Rientrano nell’esenzione anche i lavoratori in mobilità lunga, sempre per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 4 dicembre, e quelli che in quella data erano già titolari di una prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore. Infine, sono esonerati dalla riforma i lavoratori che, prima della stessa data, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione o ai dipendenti pubblici che abbiano chiesto di essere esonerati dal servizio.
Questa platea – condizionata alle risorse disponibili – è da subito risultata problematica; in particolare, è emersa una disparità di trattamento verso quelle persone che, prevedendo che la data del proprio pensionamento fosse fissata nel 2012 o nel 2013, hanno accettato una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e un incentivo all’esodo. Analogamente, la norma non offre una ciambella di salvataggio a chi è stato espulso dal mercato del lavoro sulla base di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, individuale o plurimo, in aziende sotto i 15 dipendenti.
Il milleproroghe prova a correggere questa differenza di trattamento, rinviando (articolo 6) al 30 giugno il termine per l’emanazione del decreto con cui andranno definite le modalità di richiesta per l’esenzione. In particolare, la nuova regola permette di ottenere l’esenzione dalla riforma a tutti i lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 31 dicembre 2011, in ragione di accordi individuali sottoscritti anche in base agli articoli 410, 411 e 412-ter del Codice di procedura civile, o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all’esodo stipulati dalle organizzazioni più rappresentative a livello nazionale. L’accesso al beneficio è però subordinato ad alcune condizioni: la data di cessazione del rapporto di lavoro deve risultare da elementi certi e oggettivi che saranno specificati dal Dm, e il lavoratore deve risultare in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi che, in base alla vecchia disciplina, avrebbero fatto scattare la pensione entro il 2013. Ciò significa che il diritto dovrà essere maturato entro il 2012, in quanto poi dovranno passare i 12 mesi delle finestre mobili previsti dalla vecchia norma.
Con il Milleproroghe viene infine individuata una clausola di salvaguardia per il caso in cui la platea interessata all’applicazione delle vecchie norme fosse superiore al numero di persone concretamente ammesse al beneficio, per insufficienza delle risorse stanziate. In questo caso, si prevede che le domande ulteriori, rispetto a quelle ammesse, potranno essere prese in considerazione dagli enti previdenziali, solo a condizione che, con decreto del ministro del Lavoro, sia stabilito un incremento delle aliquote contributive non pensionistiche a carico di tutti i datori di lavoro del settore privato.

Il meccanismo
Parametri e modalità per la clausola di salvaguardia

LE DATE
La regola generale prevede che la clausola di salvaguardia che consente il pensionamento secondo le vecchie regole scatti solo per quanti abbiano effettivamente cessato il rapporto di lavoro entro il 2011 e che, secondo i meccanismi pre-riforma, possano ottenere il primo assegno entro la fine del 2013

LA PLATEA
Per poter accedere al beneficio, occorre essere stati coinvolti in procedure di mobilità collettiva che sia terminata con un accordo sindacale firmato entro il 4 dicembre 2011. Identico meccanismo è previsto per chi fosse collocato in mobilità lunga (con accordo firmato entro il 4 dicembre) e per chi a quella data fosse titolare di prestazioni straordinarie sui fondi di solidarietà

LE RISORSE
I requisiti individuano chi può sperare nell’accesso al pensionamento in base alle vecchie regole, ma il solo possesso dei requisiti non offre la certezza del beneficio. L’effettiva estensione della platea dipende dagli stanziamenti di risorse: il decreto ministeriale con le modalità per la richiesta va emanato entro il 30 giugno

GLI ESCLUSI
In ogni caso, la previsione contenuta nel decreto di Natale e corretta dal Milleproroghe approvato ieri non contempla salvaguardie per alcune categorie: tra queste, i licenziati per giustificato motivo oggettivo, individuale o plurimo, nelle aziende che contano meno di 15 dipendenti

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *