Peculato d’uso: risponde l’autista del Sindaco che utilizzi la vettura per fini privati?

L’autista del Sindaco è stato chiamato a rispondere del reato di peculato d’uso per aver utilizzato indebitamente il veicolo di servizio per fini personali. Nonostante avesse dichiarato che tale utilizzazione avveniva con il consenso dell’Ente e del Sindaco, nella convinzione della piena legittimità dell’uso, la Suprema Corte conferma la condanna a lui inflitta dalla Corte di Appello, considerando privo di pregio il richiamo al preteso consenso che il Sindaco del Comune avrebbe prestato alle disinvolte modalità d’utilizzo dell’autovettura di servizio, trattandosi di bene geneticamente destinato all’assolvimento di finalità di servizio rispetto al quale non è configurabile un consenso scriminante da parte di soggetti chiamati a garantire la funzionalità e l’imparzialità della amministrazione pubblica. Tali sono le conclusioni a cui è pervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza 31 gennaio 2017, n. 8889 pubblicata in data 23 febbraio 2017 e qui di seguito commentata.

Il fatto

Il Tribunale di prime cure aveva ritenuto responsabile l’autista del Sindaco di peculato d’uso e di truffa aggravata e continuata in danno del Comune, per aver utilizzato indebitamente per fini personali l’auto a lui concessa in dotazione. La Corte di Appello confermava la condanna operata dal Tribunale di prime cure, circa l’indebito utilizzo, da parte del dipendente del Comune in qualità di autista, del veicolo di servizio per fini personali nonché la truffa aggravata ai danni dell’ente territoriale con riguardo alla mendace attestazione degli orari di lavoro giornaliero.

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