L’ok della Corte Costituzionale al tetto di 240mila euro per i dirigenti pubblici

“Nel settore pubblico non è precluso al legislatore dettare un limite massimo alle retribuzioni e al cumulo tra retribuzioni e pensioni, a condizione che la scelta, volta a bilanciare i diversi valori coinvolti, non sia manifestamente irragionevole”: sono le parole attraverso cui la Corte Costituzionale, mediante sentenza 124/2017 (depositata il 26 maggio), ha promosso il “tetto” di 240mila euro lordi annui per gli stipendi dei dirigenti pubblici, oggetto negli ultimi anni di molte polemiche (e, in Rai, di una controversa delibera del Consiglio di amministrazione sull’applicazione del limite di legge ai compensi artistici).
Vengono pertanto respinte dalla Consulta diverse questioni di legittimità costituzionale concernenti il limite retributivo e il divieto di cumulo retribuzione-pensione presentati dal TAR Lazio a partire dal 2015 sulla base dei ricorsi di  magistrati contabili e giudici del Consiglio di Stato.

Il limite ai compensi per i dirigenti pubblici

Come si può leggere nella pronuncia della Corte Costituzionale, il limite massimo ai compensi dei dipendenti pubblici – introdotto nell’ordinamento dalla manovra Monti del 2011 e dalla legge di Stabilità 2014 – “persegue finalità di contenimento e complessiva razionalizzazione della spesa, in una prospettiva di garanzia degli altri interessi generali coinvolti, in presenza di risorse limitate” e al tempo stesso “trascende la finalità di conseguire risparmi immediati e si inquadra in una prospettiva di lungo periodo”.
Elemento di ampio rilievo che emerge dalla pronuncia: il limite contestato non si applica alla sola magistratura ma ha nel tempo esteso il suo campo d’azione all’intera amministrazione pubblica: amministrazioni statali, autorità indipendenti, società partecipate e da ultimo anche “agli amministratori, al personale dipendente, ai collaboratori e ai consulenti” della Rai.

>> CONSULTA LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE 26 MAGGIO 2017, n. 124.

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