L’Ivie estera aspetta chiarimenti urgenti

Fonte: Il Sole 24 Ore

Il 18 giugno è anche il primo appuntamento con l’Ivie, l’imposta sugli immobili all’estero istituita a decorrere dal 2011 dal decreto salva-Italia. Si tratta tuttavia di un debutto pieno di incognite che richiede chiarimenti urgenti da parte dell’agenzia delle Entrate. In via generale, l’imposta è pari allo 0,76% del valore degli immobili posseduti all’estero, in proporzione al periodo di possesso. Se l’importo non supera 200 euro, il tributo non è dovuto. Poiché la normativa di riferimento richiama le disposizioni dell’Irpef, dovrebbe derivarne che il prossimo 18 giugno occorrerà versare non solo il saldo dovuto per il 2011 ma anche la prima rata di acconto del 2012 (pari al 40%).
Il problema tuttavia è rappresentato dalla esatta individuazione della base imponibile. La disciplina originaria prevedeva al riguardo una alternativa secca: o si assume il costo di acquisto originario o, in mancanza di questo, il valore di mercato dell’immobile. Una simile impostazione tuttavia presentava forti profili di incostituzionalità. Ed invero due immobili di pregio e valore analogo sarebbero stati tassati in modo molto diverso a seconda dell’epoca di acquisto degli stessi: una discriminazione irragionevole per un’imposta patrimoniale.
Per attenuare il problema, il Dl 5/2012 è intervenuto sostituendo la norma iniziale e disponendo che nei Paesi appartenenti allo Spazio economico europeo (See) si assume l’imponibile delle corrispondenti imposte patrimoniali o sui trasferimenti.
La prima questione consiste nello stabilire l’entrata in vigore della nuova norma. Poiché la modifica ha lo scopo verosimile di prevenire possibili censure di incostituzionalità, la risposta più corretta dovrebbe essere nel senso della efficacia retroattiva della norma del 2012. Sul punto, tuttavia, occorre una conferma ufficiale.
Occorre, inoltre, individuare con precisione le imposte patrimoniali estere di riferimento, anche allo scopo di chiarire alcuni aspetti dubbi. Va infatti ricordato che dall’imposta italiana è possibile dedurre l’imposta patrimoniale assolta all’estero. Ne deriva che l’individuazione precisa dei tributi esteri avrebbe la doppia finalità di facilitare la determinazione della base imponibile dell’Ivie e di accertare le imposte scomputabili da quella italiana. Il riferimento alternativo alle imposte sui trasferimenti dovrebbe peraltro essere applicato solo in assenza di una imposizione patrimoniale comparabile con il tributo italiano. Ciò per la maggiore difficoltà di reperire il valore imponibile di tali tributi e per la diversa logica che potrebbe caratterizzare l’imposizione.
Per gli immobili siti in Paesi non See, invece, restano in vigore i due criteri alternativi originari (costo d’acquisto o valore di mercato). Sempre con le modifiche apportate nel 2012, inoltre, si è disposto che, relativamente agli immobili dei Paesi See, sono detraibili dall’Ivie le imposte sui redditi immobiliari assolte al l’estero, laddove non detratte dall’Irpef, ai sensi dell’articolo 165 del Tuir.
Non va trascurato, infine, il dilemma che assilla molti contribuenti. Il pagamento del tributo potrebbe infatti rappresentare una sorta di auto denuncia in tutti i casi in cui il proprietario non abbia indicato l’immobile nel quadro RW. In tale eventualità, ben potrebbero scattare le pesanti sanzioni che presidiano il monitoraggio degli investimenti all’estero.

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