L’inflazione sui contratti della Pubblica Amministrazione può valere fino a 18,6 miliardi

Governo e sindacati sono ancora impegnati nei rinnovi dei contratti dei dipendenti pubblici relativi al 2019/2021. Ma all’orizzonte si profila ovviamente la partita del nuovo triennio 2022/24: resa complicatissima dall’inflazione

Sole 24 Ore
12 Aprile 2022
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di GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Risulta sufficiente qualche dato per capire il problema. Il parametro di riferimento per misurare gli aumenti contrattuali dei dipendenti pubblici è l’Ipca, l’indice dei prezzi al consumo armonizzato. Nel 2021 era all’1,9%; il Def prevede per quest’anno un 5,8% destinato a scendere nei due anni successivi cumulando in ogni caso un +9,96% nell’arco del triennio.

Ma in che modo si gestisce una corsa del genere? Per coprirla tutta, con una massa salariale che nella PA arriva intorno ai 187 miliardi incorporando l’effetto dei contratti 2019/21, bisognerebbe mettere sul tavolo della prossima tornata un valore complessivo da 18,6 miliardi. Quasi il triplo rispetto ai 6,8 miliardi in gioco nei negoziati sul 2019/21. L’Ipca che guida i contratti, è vero, è quello depurato dai prezzi dei beni energetici importati: e l’assunzione di questo criterio alleggerirebbe un po’ il carico. Ma non troppo, perché la fiammata dei prezzi energetici si trasmette nel tempo all’inflazione complessiva. Una conferma arriva ancora dal Def: nei tre anni il deflatore del Pil cumula una crescita del 7,27%. L’applicazione di questo parametro ai contratti pubblici richiederebbe 13,6 miliardi, il doppio dell’ultima tornata.

Queste poche cifre misurano bene l’ampiezza del nodo che è destinato a occupare presto le sedi delle trattative fra governo e sindacati (non solo sul pubblico impiego). Perché la scelta è prima di tutto politica. L’Ipca, si diceva, è un parametro di riferimento, ma non è il Vangelo: i rinnovi in corso sul 2019/21 per esempio offrono aumenti medi pari a 2,3 volte l’indice del periodo, e lo stesso era accaduto sul 2016/18. Ora la necessità di gestire un’inflazione che ha abbandonato di botto il lungo sonno degli ultimi anni cambia radicalmente lo scenario. Si spiega anche così la prudenza estrema con cui il Def tratta il tema.

* Articolo integrale pubblicato sul Sole 24 Ore del 12 aprile 2022.

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