L’accantonamento al fondo rischi dei Comuni: profili di carattere contabile

In un articolo pubblicato dalla rivista Comuni d’Italia il direttore Tiziano Tessaro e Franco Botteon hanno esaminato la questione relativa ai profili di carattere contabile riguardanti l’obbligo, per il Comune, di effettuare l’accantonamento al fondo rischi a consuntivo nel risultato di amministrazione per accantonamenti per le passività potenziali, in modo necessariamente congruo. Il tema trattato attiene inoltre, in particolare, all’esigenza di prevedere anche il “rischio” di un risarcimento (solo) per equivalente a seguito dell’accertamento avanti il giudice amministrativo della illegittimità della aggiudicazione.

L’oggetto dell’indagine: il fondo rischi e il rapporto con il nuovo art. 48 del d.l. 77/2021 in riferimento all’art. 125 c.p.a.

Il nuovo art. 48, del d.l. 77/2021, dopo aver premesso al comma 1 che “1. In relazione alle procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea, si applicano le disposizioni del presente titolo, l’articolo 207, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nonché le disposizioni di cui al presente articolo”, al successivo comma 4, ha previsto, disposizione che qui interessa specificamente, che”4. In caso di impugnazione degli atti relativi alle procedure di affidamento di cui al comma 1, ((…)) si applica l’articolo 125 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”. A sua volta l’articolo da ultimo richiamato del c.p.a. prevede, al comma che “Ferma restando l’applicazione degli articoli 121 e 123, al di fuori dei casi in essi contemplati la sospensione o l’annullamento dell’affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente”.

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Orbene, la questione che esaminiamo in questa sede concerne profili di carattere strettamente contabile, che non si sottraggono tuttavia all’indefettibile scrutinio dei presupposti di fatto (rectius: la verifica dei fenomeni gestori sottostanti, dal momento che, come noto, le operazioni di copertura non possono essere mai disgiunte dai profili giuridici delle componenti attive e passive: Corte cost., sentenze nn. 6/2017, 279/2016, n. 266 e n. 250 del 2013), e degli aspetti di carattere squisitamente normativo afferenti all’applicazione delle regole concernenti l’armonizzazione contabile e specificatamente del c.d. fondo rischi ai sensi del d.lgs. n. 118/2011, All. 4/2, § 9.2.
Esse attengono all’obbligo per il Comune – anche nella fattispecie in argomento – di effettuare l’accantonamento al fondo rischi a consuntivo nel risultato di amministrazione per accantonamenti per le passività potenziali, in modo necessariamente congruo (Corte cost., n. 274/2017): e la questione attiene in particolare all’esigenza di prevedere anche il “rischio” di un risarcimento (solo) per equivalente a seguito dell’accertamento avanti il giudice amministrativo della illegittimità della aggiudicazione. Del resto, l’esigenza di ossequiare il precetto, scaturente dall’art. 81, terzo comma, Cost., esclude in radice di impegnare le spese in misura superiore al complesso delle entrate relative all’esercizio: l’erronea applicazione delle regole sull’armonizzazione contabile del d.lgs. n. 118 del 2011 non degrada a mero vizio formale dell’esposizione contabile, ma può risultare in tal caso strumentale ad una manovra elusiva della salvaguardia degli equilibri del bilancio presidiati dall’art. 81, terzo comma (Corte cost., sentenze nn. 6/2017 e 279/2016).
Va da sé che l’ossequio al principio dell’equilibrio di bilancio, il quale «consiste nella continua ricerca di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il perseguimento delle finalità pubbliche» (sentenza n. 250 del 2013), reca con sé l’indefettibile esigenza di evitare la sottostima delle quote accantonate del risultato di amministrazione (Corte cost., n. 274/2017), tra cui lo stesso fondo rischi per le passività derivanti dal contenzioso, al fine di non gestire partite di spesa superiori a quelle costituzionalmente consentite, con evidente detrimento dello stato dei propri conti: non è chi non veda che la mancata o inesatta quantificazione del rischio sulla base delle coordinate determinate dalla novella normativa dell’art. 48 del d.l. 77/2021 integrerebbe una palese violazione del precetto dell’art. 81 Cost., la cui «“forza espansiva dell’art. 81, quarto [ora terzo] comma, Cost. nei riguardi delle fonti di spesa di carattere pluriennale, aventi componenti variabili e complesse” […] costituisce una clausola generale in grado di colpire tutti gli enunciati normativi di carattere finanziario con essa collidenti» (sentenza n. 279 del 2016; nello stesso senso, in precedenza, sentenza n. 70 del 2012), dal momento che l’equilibrio dei conti è un presupposto della sana gestione finanziaria, del buon andamento e della corretta e ponderata programmazione delle politiche pubbliche (artt. 81 e 97 Cost.), (Corte cost., n. 4/2020).
In altri termini, l’esatta individuazione non solo dei flussi finanziari ma anche dei crediti e dei debiti coinvolti nel necessario bilanciamento economico-finanziario, concerne il proprium della verifica – interna ed esterna – degli equilibri, con un potenziale riflesso invalidante di singole poste nei confronti dell’intero bilancio (Corte cost., n. 6/2017).
La lettura di detti principi conforma quindi sia gli obblighi dell’Ente, il quale è tenuto a una attenta ricognizione delle cause pendenti, da formalizzare in un apposito atto deliberativo, sia gli obblighi dell’organo di revisione che attesterà la congruità dei relativi accantonamenti, in particolare nel risultato di amministrazione a rendiconto, secondo quanto indicato dalla delibera di Sezione Autonomie n. 14/2017/Inpr: e si aggiunga ora a seguito anche delle nuove regole dettate dal decreto Semplificazioni bis.
Non è superfluo sottolineare, infine, che la classificazione delle passività potenziali, distinguendole tra debiti certi, passività probabili, passività possibili e passività da evento remoto, secondo i seguenti principi:
– il debito certo – indice di rischio 100%, è l’evento che si è concretizzato in una sentenza esecutiva, ma momentaneamente sospesa ex lege;
– la passività “probabile”, con indice di rischio del 51%, (che impone un ammontare di accantonamento che sia pari almeno a tale percentuale), è quella in cui rientrano i casi di provvedimenti giurisdizionali non esecutivi, nonché i giudizi non ancora esitati in decisione, per cui l’avvocato abbia espresso un giudizio di soccombenza di grande rilevanza (cfr., al riguardo, documento OIC n. 31 e la definizione dello IAS 37, in base al quale l’evento è probabile quando si ritiene sia più verosimile che il fatto si verifichi piuttosto
che il contrario);
– la passività “possibile” che, in base al documento OIC n. 31, nonché dello IAS 37, è quella in relazione alla quale il fatto che l’evento si verifichi è inferiore al probabile e, quindi, il range oscilla tra un massimo del 49% e un minimo determinato in relazione alla soglia del successivo criterio di classificazione;
– la passività da evento “remoto”, la cui probabilità è stimata inferiore al 10%, con accantonamento previsto pari a zero.

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