La partita meritava meno politica e più soluzioni

Fonte: Il Sole 24 Ore del lunedì

L’uscita di Equitalia dal ramo dei tributi locali è scritta in «Gazzetta Ufficiale» dal 12 luglio del 2011, e ha già subito un rinvio di un anno dal «Milleproroghe» approvato sotto Natale. In questi 14 mesi, però, la politica nazionale e locale non ha trovato di meglio che discutere dell’eccessiva “severità” dell’agente nazionale, e della possibilità per soggetti alternativi di mettere in campo un’attività di riscossione «dal volto umano».
In pochi, però, a partire dal Parlamento, si sono preoccupati concretamente di come dovrebbero essere organizzate queste alternative, e di quali strumenti dovrebbero essere dotate. Risultato: un settore che solo per la riscossione coattiva vale un miliardo all’anno in termini di incassi, e il doppio in termini di accertamenti, naviga a vista verso un 2013 avvolto ancora dalla nebbia.
Il problema non è tanto sull’identikit dei futuri successori di Equitalia nei tantissimi casi in cui i Comuni o le loro società non gestiranno direttamente il servizio. Chiunque siano i giocatori, sono le regole e i tempi della partita a sollevare le questioni più complicate: ce la faranno i Comuni a gestire in poche settimane le migliaia di gare necessarie a cambiare il partner nella riscossione e ad essere pienamente a regime dal prossimo 1° gennaio? E se in alcune zone non troppo promettenti dal punto di vista del rapporto fra costi e benefici non dovesse presentarsi nessuno, com’è normale che accada in un settore lasciato completamente al mercato, si “abolirà” nei fatti la riscossione in quelle aree? E se un gigante del calibro di Equitalia, come spiegò il presidente Attilio Befera presentando il bilancio 2010, ha incontrato nei tributi locali «grandi difficoltà che ancora impediscono all’attività di riscossione di raggiungere i livelli di efficienza ottenuti in altri settori», una pluralità di soggetti più piccoli riuscirà a fare meglio?
Non bastassero queste domande, su tutto il panorama pesa l’interrogativo sulla mole di arretrato rappresentata dalle cartelle che sono state prese in carico in questi anni ma non sono ancora arrivate al traguardo della riscossione. Stimarne la dimensione è impossibile, ma basta aprire il bilancio di qualsiasi Comune per incontrare tra i «residui attivi», cioè le entrate attese ma non ancora incassate, milioni di euro che risalgono spesso la linea del tempo fino agli anni ’90. Le chance di recuperare ancora parte di quelle somme sono minime, e la loro presenza nei bilanci è dettata da inguaribile ottimismo o, più probabilmente, dall’esigenza di salvare sulla carta equilibri che nella realtà sono più che ballerini. Un diluvio di «quote inesigibili», più che probabile dopo i ritocchi alle norme, rischia di far saltare i conti in molti Comuni. Vista l’entità dei valori in gioco, forse il tema meritava di essere affrontato in modo più serio, soprattutto in tempi di spending review e di lotta all’evasione pensata come unica via per alleggerire il carico fiscale sugli onesti.

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