La p.a. taglia solo gli investimenti

Fonte: Italia Oggi

In Italia gli investimenti della p.a. sono in caduta libera. Ed è solo per questo che la spesa pubblica nel 2010 è diminuita: dell’1,5% per quanto riguarda le spese totali e del 2% per la spesa primaria. Ma non c’è da stare allegri. Perché si tratta di un risultato determinato essenzialmente dai tagli alle spese in conto capitale, la voce del bilancio statale che più di tutte ha subìto gli effetti delle manovre di Giulio Tremonti. I tagli lineari del ministro dell’economia hanno fatto un baffo alla spesa corrente che rimane su livelli altissimi. Ad affermarlo è la Corte dei conti nel rapporto 2011 sul coordinamento della finanza pubblica illustrato ieri in senato. Un appuntamento di routine che però si è trasformato in una dura requisitoria contro le politiche economiche degli ultimi anni. Nella relazione il presidente della Corte Luigi Giampaolino e il presidente di coordinamento delle sezioni riunite di controllo, Luigi Mazzillo, hanno puntato il dito contro quello che è stato definito un atteggiamento «contraddittorio con gli impegni programmatici, di natura strutturale, verso il rilancio e l’accelerazione delle opere pubbliche e delle infrastrutture». I tagli, lamenta la magistratura contabile, «sono stati proporzionalmente molto più severi per le spese in conto capitale». E lo dimostra un dato su tutti: con il dl 112/2008 l’ammontare delle spese per investimenti aggredibile dai tagli 2010 ha superato in valore assoluto quello relativo alla spesa corrente. «Sono stati sottoposti alle riduzioni lineari poco meno del 4% delle spese correnti, al netto degli interessi, e invece oltre il 50% della spesa in conto capitale». Musica per le orecchie dell’opposizione che legge nel rapporto una dura critica a Tremonti. «Quanto affermato dalla Corte dei conti svela quello che noi del Pd abbiamo sempre sostenuto: la riduzione della spesa non può essere scaricata soprattutto sugli investimenti pubblici, ma occorre subito aggredire con più determinazione la spesa corrente», ha commentato Paola De Micheli, «anche il supremo organo di controllo contabile ci riporta al cuore di tutti i problemi: la crescita». I risultati più virtuosi arrivano dalle amministrazioni locali. Bene le regioni che nel 2010 hanno tutte rispettato gli obiettivi riducendo dell’11% la spesa complessiva al netto della sanità. Altrettanto bene le province che per la prima volta hanno fatto segnare un saldo finale positivo (61,8 milioni). Molto bene i comuni che hanno tutti rispettato il Patto, tranne una manciata di enti (solo il 2,2% del totale, la percentuale più bassa mai registrata). Un risultato che la Corte ha giudicato «significativo» in quanto ottenuto nonostante la consistente riduzione della quota di residui sbloccata dal governo (solo 421 milioni nel 2010 contro i 1.690 del 2009). E nonostante l’efficacia limitata del patto di stabilità regionale a cui le linee guida in arrivo dal Mef (e anticipate da ItaliaOggi il 3/5/2011) dovrebbero dare nuova linfa. In entrambi i casi, ammette la Corte, «gli enti sarebbero risultati adempienti».

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