In 8 anni 62mila dipendenti in meno per il blocco del turn over

Si è tenuta ieri 21 aprile alle 14, nella sede dell’ANCI a Roma, la conferenza stampa di presentazione del V Rapporto ANCI-Ifel “Il personale dei Comuni italiani, edizione 2016”. 
Il Rapporto, oltre ai dati aggiornati sul numero e sulla distribuzione del personale dei comuni italiani, contiene due approfondimenti specifici sul trend delle retribuzioni e sulle dinamiche del turn over. 
Si tratta di temi di estrema attualità, tenendo conto da un lato della riapertura della contrattazione nazionale di lavoro per il comparto pubblico, e dall’altro dell’inasprimento delle regole sul turn over introdotte dall’ultima Legge di stabilità. 
L’uno e l’altro aspetto, dettagliatamente esaminati nel corpo del Rapporto, costituiscono variabili significative rispetto all’operatività dei Comuni che, in quanto amministrazioni di prossimità, costituiscono il principale erogatore di servizi ai cittadini. 
Sono intervenuti Umberto di Primio, vicepresidente ANCI con delega alla pubblica amministrazione, al personale e alle relazioni sindacali e Guido Castelli, presidente Ifel e delegato ANCI per la Finanza locale. Ha coordinato gli interventi il giornalista del Sole24Ore Gianni Trovati.

L’intervento del delegato Anci
“Dal 2007 al 2014, periodo caratterizzato da norme sul contenimento del turn over e della spesa di personale, i dipendenti in servizio nei comuni sono passati da 479.233 a 416.964 persone, con una riduzione del 13,0%, cioè poco più di 62 mila unità in meno. Questa riduzione, che ha riguardato anche le unità di personale per mille abitanti passate da 8,04 del 2007 a 6,89 del 2014, è molto grave: i comuni non sono meri apparati burocratici, ma enti che erogano servizi, e sono punto di riferimento per cittadini, imprese, associazioni”, ha sottolineato Umberto di Primio nel suo intervento.  
“Una delle conseguenze immediate di questa riduzione è stato l’invecchiamento della popolazione lavorativa: nei comuni questo dato – ha puntualizzato il delegato Anci – è sconfortante: meno dell’11% dei dipendenti, e solo l’1% dei dirigenti ha un’età inferiore ai 40 anni, mentre tra i dipendenti il 31,6% ha più di 50 anni”. Uno scenario che “diventa vergognoso se ci sofferma sui dirigenti, visto che il 76,6% ha più di 50 anni”, ha ribadito il sindaco di Chieti.
Dopo aver indicato la conseguenza di questa situazione che “impatta inevitabilmente sulla possibilità di determinare un vero cambiamento della macchina amministrativa”, il vice presidente Anci ha puntato il dito sul blocco del turn over al 25% deciso dal governo con la legge di stabilità. “Se Anci negli ultimi anni ha avuto attenzione dal governo, sul tema del personale dobbiamo registrare un atteggiamento sbagliato che rischia di aggravare la situazione. Quando l’effetto delle ultime norme si sarà dispiegato – ha affermato Di Primio – si arriverà ad una riduzione di dipendenti anche di 80 mila unità. Il blocco del turnover è negativo non per i Comuni ma per tutto il Paese, per questo va superata assolutamente la sua logica”. 
Una sola nota lieta emerge dal rapporto a parere del delegato Anci al personale: le sempre maggiorichancesaccordate dai comuni alle donne. “Ben il 50% dei dirigenti donna ha meno di 29 anni, mentre l’incidenza percentuale del personale femminile in servizio è in costante aumento passando – ha ricordato il sindaco di Chieti – dal 51% del 2007 al 53% del 2014”. 
Infine, il vice presidente Anci ha fatto cenno alla questione retributiva che sconta in modo massiccio gli effetti del blocco dei rinnovi contrattuali e delle misure di contenimento dei livelli retributivi contenute nel decreto-legge 78/2010. Da questo punto di vista il delegato al Personale ha evidenziato la riduzione complessiva dell’1,7% delle retribuzioni. “Tale variazione – ha argomentato – si attesta rispettivamente a quota -4% per il personale non dirigente e a -1,3% per quello dirigente; percentuali che per la loro quasi totalità sono dovute ad una contrazione della componente accessoria del salario”. 
Come uscire da questo impasse? Di Primio indica una sola possibilità: l’avvio di una nuova stagione di rinnovi contrattuali. “Questo passaggio è inevitabile tanto più nella prospettiva della Riforma Madia e dei suoi decreti attuativi. Come Anci ci batteremo perché il governo riconosca il ruolo degli enti locali prendendo piena coscienza dell’azione che svolgiamo sui singoli territori”, ha concluso Di Primio.

Alcuni dati del V Rapporto Anci-Ifel su età, istruzione e ripartizione regionale
Negli ultimi 8 anni il personale comunale in servizio ha subito una progressiva e sensibile riduzione Se, infatti, nel 2007 ammontava a 479.233 unità, nel 2014 il valore si riduce a 416.964, con una variazione percentuale di periodo che si attesta al -13,0%. La riduzione percentuale più significativa, pari al -3,2%, è quella rilevata nel passaggio tra il 2011 ed il 2012: in tale intervallo, infatti, il personale comunale in servizio è diminuito, in valore assoluto, di oltre 14 mila unità. È uno degli aspetti più rilevanti che emerge dall’indagine 2016 dell’Ifel che ha analizzato, basandosi su dati Mef 2014, i numeri sul personale complessivamente impiegato nei municipi italiani.

I numeri sull’età 
nei Comuni italiani è di 51 anni, mentre nel 2013 era di 50 anni. Come per il 2013, anche nel 2014 la classe che registra la maggiore concentrazione di lavoratori, pari al 24,9%, è quella dei 55-59enni. Mentre nel confronto con il 2013, il personale con meno di 34 anni si riduce, passando dal 4,3% al 3,7% del totale ed aumentano i 60-64enni passando dall’11,2% al 13,9%. Tutto questo conferma da un lato l’effetto del blocco al turnover che preclude l’ingresso di personale giovane e dall’altro il rallentamento delle dinamiche in uscita, che riflette l’esigenza di allungare la vita lavorativa per rendere sostenibili i sistemi previdenziali. 
Venendo alla composizione di genere, le donne costituiscono più della metà dei dipendenti comunali in servizio nelle classi di età con meno di 55 anni, con l’eccezione della classe “fino a 29 anni”, in cui l’incidenza delle donne è pari al 49,7%. La maggiore incidenza dei dipendenti di genere femminile, pari al 61,4%, si registra nella fascia di età “40-44”. Al contrario, nelle classi con oltre 55 anni di età a prevalere sono gli uomini: in particolare tra gli over 65 le donne sono soltanto il 16,4%. 
La più alta incidenza di 60-64enni, rispetto al valore medio, si rileva nei comuni con una popolazione superiore ai 250.000 residenti, dove essi rappresentano il 15,3% dei dipendenti.
Viceversa, il più alto valore percentuale di dipendenti comunali con età compresa tra i 30 e i 40 anni si rileva nei comuni con meno di 2.000 abitanti (pari all’11,6% del totale).
Nella classe di età “40-44 anni” si osservano valori superiori alla media nelle amministrazioni comunali con un numero di abitanti inferiore a 20.000; nella classe dei 45-49enni questo accade per i comuni con oltre 60 mila residenti, e per quelli con una popolazione compresa tra 5 mila e i 20mila abitanti.

… e quelli sull’istruzione 
L’Istituto per la finanza locale dell’Anci ha poi analizzato i livelli di istruzione dei dipendenti comunali, rilevando che per tutte le taglie di ampiezza demografica oltre la metà dei dipendenti a tempo indeterminato ha conseguito al massimo il diploma di scuola superiore 
La laurea è maggiormente diffusa tra il personale dei Comuni che hanno un numero di abitanti compreso tra i 5mila e i 250mila, con valori più alti della media nazionale (15,8%). Al contrario, nei Comuni con meno di 2mila residenti, l’incidenza del personale comunale a tempo indeterminato laureato assume il valore minimo, pari al 10,4 per cento. La laurea breve è un titolo di studio generalmente poco diffuso, ma che è più presente tra il personale dei Comuni con popolazione superiore a 250mila residenti (3,0%). 
Di contro l’analisi dell’incidenza percentuale del personale femminile sul totale conferma il trend generale registrando un incremento, passando dal 51% del 2007 al 53,0% del 2014. Nel corso degli anni l’incidenza percentuale del genere femminile si è incrementata, con una progressione particolarmente significativa rispetto alle posizioni dirigenziali, che un tempo erano appannaggio maschile. 

La ripartizione regionale 
La ricerca, giunta alla sua quinta edizione, ci dice che la regione con più dipendenti è la Lombardia (60.923 per 1.478 Comuni), seguita dalle amministrazioni comunali della Sicilia (50.401 per 387 Comuni) e dal Lazio (40.696 dipendenti per 375 Comuni); di tutti i dipendenti le donne superano gli uomini con una percentuale del 53% con picchi in Emilia-Romagna (67,6% di donne), mentre in Lombardia, Lazio e Piemonte il rapporto è di circa 6 a 10, mentre per le altre cariche comunali, si evidenzia che la metà, il 50,1%, dei segretari comunali è donna, mentre solo il 20,0% dei 25 direttori generali è di genere femminile. Passando al numero di dipendenti per numero di residenti, l’indagine Ifel calcola in media 6,77 dipendenti per ogni 1.000 abitanti con, però, diversità di incidenza a seconda dei diversi territori. In Valle d’Aosta, ad esempio, il numero di dipendenti ogni 1.000 abitanti è di 11, 15 unità. Seguono le amministrazioni della Sicilia e del Trentino-Alto Adige, in cui il dato è di 9,92 dipendenti ogni 1.000 residenti nel primo caso e di 9,34 ogni 1.000 nel secondo. I valori più bassi si riscontrano invece nelle amministrazioni comunali della Puglia, in cui i dipendenti comunali sono 4,32 ogni 1.000 residenti, e in quelle del Veneto e del Molise, dove il dato è rispettivamente di 5,59 e 6,08.


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