Il rebus dei precari sul turn over

Fonte: Il Sole 24 Ore

Il dibattito sul turn-over degli enti locali si è incagliato sulle forme di lavoro flessibile. Nella percentuale del 20% della spesa delle cessazioni dell’anno precedente sono da ricomprendere anche i rapporti di lavoro a tempo determinato? La questione è stata sottoposta a diverse Sezioni regionali della Corte dei conti e le risposte non sono univoche. La manovra estiva ha cambiato radicalmente le possibilità di assumere personale negli enti soggetti al Patto. Mentre i piccoli Comuni devono solo rispettare la regola delle cessazioni dell’anno precedente (delibera 3/11 della Corte dei conti, Sezioni riunite), alle Province e ai Comuni sopra i 5mila abitanti è stato imposto il rigido meccanismo di turn-over. L’articolo 14, comma 9, del Dl 78/2010 ha però usato genericamente il termine «assunzioni» senza precisare ulteriori caratteristiche. Ed è da qui che nascono i dubbi. Nella stessa disposizione, oltre alla regola del turn-over, il legislatore ha previsto che negli enti in cui il rapporto tra le spese di personale e le spese correnti sia superiore al 40% vi sia un divieto assoluto di assunzione a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale. Facendo leva su tale aspetto, la Corte dei conti della Lombardia (deliberazione 167/2011) ha affermato che la ratio di contenimento della spesa induce a ritenere che il riferimento di questa parte della norma (il divieto) debba valere anche per la seconda parte (il turn-over). Il 20% è quindi da calcolarsi anche in relazione ai rapporti di lavoro a termine. L’esclusione dal calcolo delle spese per questo personale cessato nel 2010, oltre a non essere conforme al dettato normativo, potrebbe condurre a conseguenze contrarie all’impostazione della regola stessa. È di avviso diverso la Corte dei conti della Campania. La delibera 246/2011 sostiene che la regola del turn-over, introdotta quale limite legislativo alle assunzioni che comportano un consolidamento della spesa, deve, ragionevolmente, comprendere in via esclusiva le assunzioni a tempo indeterminato. La Corte dei conti Sezioni Riunite ha avuto modo di toccare la questione nella delibera 20/2011, precisando che «il limite alle assunzioni di personale nell’ambito delle cessazioni avvenute nell’anno precedente si riferisce ai soli rapporti di lavoro a tempo indeterminato». Questa tesi, supportata anche dall’Anci, sembra essere la più convincente. In primo luogo va sottolineato che il legislatore non ha mai introdotto limiti al turn-over per il lavoro flessibile, ma solo per le assunzioni a tempo indeterminato. Il lavoro flessibile è però elencato come elemento utile al fine del contenimento della spesa previsto dal comma 557 della Finanziaria 2007. C’è poi da evidenziare che l’articolo 36 del Dlgs 165/01 prevede l’attivazione del lavoro flessibile solo in presenza di situazioni temporanee ed eccezionali. Una regola del turn-over in questi casi appare discutibile. Inoltre, andando proprio nella logica di tutta la manovra estiva, è evidente che il Governo ha adottato azioni nell’unica direzione di ridurre in maniera consolidata le spese del personale della Pa. Il modo più certo per raggiungere l’obiettivo è proprio quello di evitare assunzioni a tempo indeterminato che comportano il consolidamento della spesa anche per gli anni futuri. Se nel limite del 20% fossero inclusi anche i rapporti a termine, si potrebbe giungere al paradosso di utilizzare la spesa delle cessazioni a tempo determinato per legittimare assunzioni a tempo indeterminato. Dalle Sezioni riunite della Corte, nella stessa delibera 20/2011, arriva un’ulteriore conferma: nel turn-over non rientrano i co.co.co. È invece della Corte dei conti della Lombardia un’apertura interessante: gli eventuali margini di spesa originati da cessazione di personale non utilizzati nell’anno in corso si possono riportare nell’anno successivo.

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