Il modello Bologna perde smalto

Fonte: Il Sole 24 Ore

Nella “rossa” Bologna, quando il Pci teneva saldo in pugno il governo della città, l’amministrazione comunale era considerata una palestra, una scuola di formazione della classe politica. Dare buona prova di sé nella gestione della cosa pubblica locale era il naturale trampolino di lancio per essere poi eletti in Parlamento o assumere importanti incarichi nel partito.
Oggi il clima è completamente cambiato. Il Comune continua ad avere conti in ordine e una solida posizione patrimoniale, anche se le incertezze per le manovre di governo hanno costretto la giunta all’esercizio provvisiorio di bilancio. Negli ultimi dieci anni la città ha registrato un avanzo corrente che ha raggiunto gli 8,3 milioni a fine 2010. Il suo debito finanziario è in tendenziale calo con una previsione di 238 milioni nel 2011 e di un dimezzamento in termini reali a fine 2016. L’esposizione pro-capite di 670 euro per abitante fa di questa città una tra le meno indebitate e tra le poche a non avere sottoscritto derivati con le banche.
Eppure Bologna, già da tempo, non è più un’amministrazione modello. È finita l’epoca dei sindaci come Renato Zangheri e Renzo Imbeni, le cui giunte sono ancora oggi ricordate per il piano di risanamento del centro storico e le battaglie per i diritti dei gay. I 200 milioni buttati nel Civis (il sistema di trasporto a guida ottica mai entrato in funzione, che avrebbe dovuto collegare San Lazzaro al centro urbano) e le ombre che si allungano sul people mover (il progetto di monorotaia tra la stazione centrale e l’aeroporto) sono i sintomi di una decadenza che parte da lontano. E che ha portato il centro-destra, nel ’99, ad espugnare per una legislatura l’antico e monumentale palazzo comunale di Piazza Maggiore. Non è un caso che Bologna sia oggi il capoluogo di Regione più leghista d’Italia, con il Carroccio terzo partito, al 10,72% dei voti, dietro Pd e Pdl.
Il centro-sinistra è ritornato in sella nel 2004 con Sergio Cofferati, che ha governato con la testa rivolta a Roma nella vana speranza di conquistare la leadership dei democratici. Ma lo scandalo che nel febbraio 2010 ha travolto il suo successore, Flavio Delbono, ribattezzato il “sindaco breve” perché costretto a dimettersi ad appena otto mesi dal suo insediamento, è un’altra spia dei tempi che cambiano (in peggio).
Dal maggio dello scorso anno, dopo un periodo di commissariamento, primo cittadino all’ombra delle due Torri è Virginio Merola, ex assessore all’urbanistica, uno che si è candidato alle primarie senza chiedere permesso al partito; che ha istituito un comitato nomine per impedire che i consiglieri delle società comunali fossero scelti per meriti politici; che ha dichiarato che una cooperativa è un’azienda come un’altra. Parole blasfeme per una città dove non si muove foglia che Legacoop non voglia; dove personaggi come Piero Collina, presidente della potente Ccc (Consorzio cooperative costruzioni), e Pierluigi Stefanini, presidente del gruppo Unipol, hanno in mano le vere leve del potere. Non c’è appalto, lavoro, incarico, grande opera dove non sia coinvolta, in modo diretto o indiretto, la Ccc.
Dice Manes Bernardini, capogruppo della Lega Nord: «C’è un blocco politico-economico autoreferenziale che comanda su tutto ciò che si muove in città e impedisce la libera concorrenza». Non si sottrae alla regola nemmeno la manutenzione delle strade, al centro di una recente inchiesta giudiziaria. La direttrice del settore gare del Comune, Patrizia Bartolini, è indagata dalla Procura per turbativa d’asta. Avrebbe favorito le solite coop nell’assegnazione di un appalto.
La Ccc è anche il bersaglio delle denunce dei “grillini” in consiglio sulle ingenti spese del Comune per la grande nevicata. Racconta Marco Piazza, capogruppo del Movimento 5 stelle e presidente della Commissione bilancio: «Per ripulire le strade dalla neve la società consortile che ha ricevuto in affidamento diretto il servizio, la Bgs, ha segnato 38mila ore di lavoro dal 31 gennaio al 17 febbraio». E della Bgs fanno parte Coop costruzioni, Sapaba e l’onnipresente Ccc.
Non sono passati dodici mesi dalle elezioni e il sindaco è già prigioniero di quel sistema che si prefiggeva di svecchiare e di riformare. Il mondo delle cooperative gli ha incuneato un suo uomo di fiducia, Matteo Lepore, nel ruolo inconsueto di segretario della giunta. E Lepore parla in pubblico come fosse lui a guidare la giunta.
Secondo gli osservatori, Merola è stato di fatto isolato dal Pd e circondato da funzionari del partito che, piuttosto che ad amministrare, pensano a fare politica. «Vitelli da batteria» li definisce con il sorrisino sulle labbra l’economista Filippo Cavazzuti, ex sottosegretario al Tesoro e oggi vicepresidente vicario del Banco di Napoli, bolognese d’adozione. Per di più il sindaco è scivolato su una buccia di banana: ha nominato suo capo di gabinetto, con una qualifica che richiedeva la laurea, un esterno proveniente dalla Margherita che era in possesso di una licenza da ottico. È finita che il capo di gabinetto ha dovuto dimettersi e che in questo ruolo di fiducia Merola dovrà nominare un dirigente comunale.
La sua mossa più azzeccata è stata di imporre come vicesindaco e assessore al Bilancio Silvia Giannini, ordinario di scienza delle finanze dell’università di Bologna. Il Pd avrebbe preferito quel posto per sé, ma il sindaco non ha sentito ragioni e ha messo tutti di fronte al fatto compiuto, designando una donna di indiscusso prestigio non iscritta ad alcun partito.
Spiega la Giannini: «L’esercizio provvisorio è stata una necessità perché, dal momento in cui s’è insediata la giunta, quattro provvedimenti hanno modificato il quadro di riferimento economico-finanziario degli enti locali». E aggiunge: «Nel progetto di bilancio per il 2012 non prevediamo alcuna entrata straordinaria. Rispetteremo l’equilibrio di parte corrente. In due anni abbiamo ridotto la spesa corrente del 10% per il calo del personale di 400 unità». Il Comune ha 4.503 dipendenti a tempo indeterminato, di cui 1.800 tra insegnanti e personale della scuola, e altri 450 a tempo determinato.
Il timore è che, per aggredire il debito pubblico, i governi finiscano per strangolare la finanza locale. Le stime della Giannini sono allarmanti: solo a causa dell’Imu, la nuova imposta sulla casa, l’amministrazione calcola per il 2012 minori attribuzioni statali per 37,5 milioni. Dice: «Dal 2010 a oggi abbiamo subito tagli per un totale di 89 milioni, una cifra pari a circa un quinto del bilancio corrente». Solo nel 2011 le entrate correnti del Comune sono scese a 506 milioni, 35 in meno dell’anno prima (dati preconsuntivi). «E non sappiamo cosa succederà con il patrimonio comunale», prosegue la vicensindaco. Sono esclusi dall’Imu, infatti, solo gli edifici pubblici utilizzati per scopi istituzionali. Per il resto il Comune dovrebbe pagare l’imposta come un qualsiasi proprietario. L’Anci preme perché il governo riveda la norma, che per Bologna costituirebbe un onere di ulteriori 13 milioni. In attesa della decisione, la giunta ha deciso di prolungare l’esercizio provvisorio (la cui scadenza di legge è il 30 aprile).
L’altro nodo da sciogliere sono i costi della grande nevicata: 8,7 milioni secondo le stime più aggiornate, di cui 7,4 per la pulizia e lo scongelamento delle strade e la rimozione delle lastre di ghiaccio dai tetti. A chi contesta l’ammontare esorbitante della spesa, il direttore della programmazione, Gianluigi Bovini, ribatte che «i 400mila euro al giorno per tenere in funzione la città vanno confrontati con i 34,5 milioni di Pil giornaliero del Comune, pari a un Pil annuo di 12,6 miliardi». Il problema sono le risorse a copertura dell’importo. Dice l’assessore al Bilancio: «Avremmo voluto portare al 10,6 per mille l’Imu sulle case sfitte e a canone libero, ma di fronte a un evento calamitoso che ha danneggiato scuole, palazzi, strade, alberi confidiamo in misure compensative da parte dello Stato».
È invece più che probabile un aumento della Tarsu (la tassa sui rifiuti) del 4 per cento. Bologna è al 36% nella raccolta differenziata, contro una media nazionale del 53,5% ed europea del 60%, e nel centro storico il dato precipita addirittura al 17 per cento. Sulla gestione dei rifiuti, sulla pulizia della città in genere, sull’annosa diatriba della pedonalizzazione del centro storico Merola si gioca la faccia. Commenta chi gli è stato vicino in campagna elettorale: «O riesce a spuntare qualche risultato entro l’estate o si comincerà a dire che le sue promesse erano campate in aria».

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