Il fisco federalista avvia una partita da 80 miliardi l’anno

Dopo il decreto sui comuni – Il calendario sulle imposte locali

Il Sole 24 Ore
7 Marzo 2011
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Finalmente si parla davvero di fisco. Con il decreto sull’autonomia comunale arriva al traguardo il primo dei pilastri del federalismo fiscale, che finora aveva portato all’approvazione solo provvedimenti meno cruciali – Roma capitale e demanio – o destinati ad avere effetti futuribili come i fabbisogni standard di comuni e province. Il decreto approvato giovedì scorso dal consiglio dei ministri, invece, va al cuore del problema e getta le basi di un’architettura tributaria che – nella sua estensione massima (cioè con tutte le addizionali applicate al livello più alto) – potrà muovere in regioni, province e comuni 80 miliardi all’anno: insieme ai 68 miliardi di compartecipazioni (si veda Il Sole 24 Ore del 28 febbraio), la partita federalista arriva a ridisegnare la sorte di 150 miliardi di soldi pubblici ogni anno. Non si tratta, ovviamente, di tasse tutte nuove che si aggiungono al prelievo esistente. Il mix di vecchio e nuovo cambia voce per voce, così come cambiano tempi e modalità applicative dei futuri protagonisti del fisco locale. Il debutto concreto del federalismo porta con sé anche i suoi aspetti meno piacevoli, cioè lo sblocco parziale dell’addizionale Irpef e l’introduzione dell’imposta di soggiorno. In entrambi i casi saranno disciplinate da un decreto dell’Economia, da scrivere entro due mesi insieme agli enti territoriali. Visti i numeri ballerini che caratterizzavano la maggioranza di governo fino a qualche settimana fa, però, i sindaci sono riusciti a ottenere un automatismo che permetterà loro di applicare le imposte anche senza regolamento. L’addizionale Irpef per ora potrà alzarsi – al massimo del 2 per mille – in poco più di 3.500 comuni, quelli che oggi chiedono un’aliquota inferiore al 4 per mille; e in ogni caso non potranno superare questo tetto. Per gli altri rimane tutto com’è fino al 2014, quando l’Irpef dei sindaci sarà “scongelata” tutta. L’imposta di scopo è destinata invece a ritentare la sorte nel 2012, perché il regolamento applicativo va scritto entro ottobre 2011, troppo tardi per applicarla quest’anno. Potrà durare 10 anni e finanziare integralmente le opere, ma andrà chiarito come applicarla all’Imu quando, dal 2014, l’Ici andrà in pensione. Nel 2012 comincia a sbloccarsi anche l’addizionale Irpef regionale che, una volta rivista la componente base che va alle regioni a scapito del prelievo statale, lascerà ai governatori la possibilità di ritoccarla del 5 per mille (fino al 21 per mille nel 2014). Salvi dai rincari, nel testo attuale, solo i primi due scaglioni di reddito, e solo per lavoratori dipendenti e pensionati. Per gli autonomi l’addizionale sarà libera, ma uno dei temi caldi nell’analisi del decreto in bicamerale sarà senza dubbio sulle modalità per provare a far convivere l’autonomia delle regioni e l’esigenza di non aumentare la pressione fiscale. Nel 2013 l’autonomia regionale acquisterà un tassello ulteriore, con la possibilità di istituire nuovi tributi territoriali su basi imponibili ignorate dal fisco statale; da quella data i governatori potranno anche intervenire a disciplinare in modo flessibile tributi locali (non fissati da leggi nazionali), che gli enti applicheranno con scelte autonome. Il 2014 è l’anno del traguardo e della nascita dell’Imu, che con il nuovo sistema è destinata a favorire i privati e punire le imprese: a meno che il dibattito porti a correggere questo effetto collaterale, magari sfruttando i tempi supplementari offerti dalla legge delega.

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