Il Colle dà una frustata al governo

Fonte: Italia Oggi

Un siluro, quello lanciato dal capo dello Stato al momento di promulgare la conversione in legge del Milleproroghe. Un siluro a lenta corsa, perché i suoi effetti non sono immediati, ma il governo li sentirà, eccome, nei prossimi mesi. Il comunicato quirinalizio si articola sui tre punti. Il primo prende atto, senza esprimere soddisfazione perché ritenuto che si trattasse in certo modo di un obbligo per governo e camere, che si sia «provveduto ad espungere dal testo molte delle aggiunte sulle quali erano stati formulati rilievi da parte del Capo dello Stato». Secondo avviso: «Restano comunque disposizioni in ordine alle quali potranno essere successivamente adottati gli opportuni correttivi, alcuni dei quali sono del resto indicati in appositi ordini del giorno approvati dalle Camere o accolti dal Governo». Dunque, rimangono alcuni obbrobri: si è pensato soprattutto alla questione del divieto di incroci proprietari fra stampa e televisione. Bisognerà provvedere con opportune iniziative di legge. Terzo punto, in cauda venenum: «Il Presidente Napolitano ha altresì preso atto dell’impegno assunto dal Governo e dai Presidenti dei gruppi parlamentari di attenersi d’ora in avanti al criterio di una sostanziale inemendabilità dei decreti legge. Si tratta di un’affermazione di grande rilevanza istituzionale che vale (insieme alla sentenza n. 360 del 1996 con la quale la Corte costituzionale pose fine alla reiterazione dei decreti legge non convertiti nei termini tassativamente previsti) a ricondurre la decretazione d’urgenza nel-l’ambito proprio di una fonte normativa straordinaria ed eccezionale, nel rispetto dell’equilibrio tra i poteri e delle competenze del Parlamento, organo titolare in via ordinaria della funzione legislativa, da esercitare nei modi e nei tempi stabiliti dalla Costituzione e dai regolamenti parlamentari». Dunque, la strada facile facile finora seguita dalla maggioranza per ottenere un più agevole percorso parlamentare diventa con accesso vietato. Napolitano, almeno così si capisce, fa sapere che non firmerà più decreti-legge che non siano costituzionalmente fondati su necessità e urgenza. Inoltre, ammonisce di evitare il consueto e consolidato metodo di aggancio di carrozze passeggeri, vetture ristorante, carrozze letto, carri bestiame, al traino della locomotiva-decreto. Un esempio banale: il governo preferisce far passare le tradizionali (e di molto dubbia, sempre più dubbia legittimità costituzionale man mano che passano gli anni) proroghe delle esecuzioni di rilascio mediante emendamenti parlamentari. Adesso il giochetto non gli sarà più possibile.Il consolidato invito di Silvio Berlusconi, «faremo un decreto», sarà d’or’innanzi da valutarsi. Prima di tutto, perché il Quirinale potrebbe non riconoscere la sussistenza dei caratteri di necessità ed urgenza in una «fonte normativa straordinaria ed eccezionale», priva dunque dell’ordinarietà cui nel corso dei decenni si era giunti, fino almeno alla battuta d’arresto, opportunamente segnalata dal Colle, della reiterabilità dei decreti-legge, dichiarata incostituzionale. Poi, perché non sarà più possibile mutare il testo, come finora avvenuto, certo spesso per pressioni dei parlamentari (soprattutto di maggioranza), ma sovente per richiesta dello stesso governo, magari attraverso il relatore.Insomma: la scappatoia del decreto-legge per le annunciate riforme (compresa qualche riformicchia ad personam, per l’immediato uso giudiziario da parte del presidente del consiglio) non appare utilizzabile.

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