Europa divisa sul nuovo patto di stabilità. Italia e Francia contrarie a sanzioni automatiche

BRUXELLES – Domani Olli Rehn presenterà la nuove tavole della legge per i paesi dell’euro. In un’atmosfera pesante. Niente di fatto ieri sera tra i ministri dell’Eurogruppo. Tanto che la conferenza stampa prevista è stata annullata. I ministri si rivedranno giovedì e venerdì, sempre a Bruxelles nella speranza di fare progressi.
Da una parte la Germania, con il sostegno convinto di Olanda, Svezia e Finlandia, l’appoggio esplicito della commissario Ue e del presidente della Bce Jean-Claude Trichet, vuole un patto super-blindato contro rischi di violazione o squilibri, che si chiamino deficit o debito, competitività o “bolle” varie. Trichet ieri ha lanciato l’idea di un Comitato europeo di saggi per garantire addirittura il doppio controllo sulle dinamiche nazionali dei conti pubblici. A scanso di errori.
Dall’altra parte Italia, Francia, Belgio e Slovacchia non ci stanno a finire con le spalle al muro. Al buio. Tra Berlino e Parigi dialogo tra sordi.
Mai più un’altra Grecia, la parola d’ordine. Per evitarla, la strada pare però l'”ellenizzazione” dell’intera eurolandia, con il club dei virtuosi ansioso di imporre agli altri controlli e sorveglianza ferrea, sanzioni e penalità automatiche, limitandone al massimo i margini di manovra. Il disegno è chiaro, il consenso no. Non ancora.
Contro il fronte dei rigoristi si batte l’Italia dell’iper-debito, che non intende tornare a essere una sorvegliata speciale, la Francia che da sempre mal sopporta il verbo della disciplina inflessibile, il Belgio con un indebitamento “monstre” quasi come il nostro. E la Slovacchia allergica all’Europa dei diktat, a un patto rigido e “occhiuto”.
«Non si possono escludere i governi dalle decisioni sulle sanzioni o meno ai paesi che violino le regole di bilancio. Non si possono lasciare queste decisioni esclusivamente agli esperti. I poteri politici devono dire la loro» ha chiarito la francese Christine Lagarde.
Per l’Italia, presente Giulio Tremonti che ieri ha avuto una bilaterale con il commissario Rehn, di indigesto nelle proposte in arrivo, c’è molto: la nuova puntigliosa attenzione al debito e relativo impegno a ridurlo annualmente secondo una formula matematica precisa (un ventesimo della differenza tra il 118% del Pil nostrano e il 60% di Maastricht), la non altrettanta attenzione puntigliosa all’indebitamento complessivo (pubblico ma anche privato, tipo di denominazione in valuta, struttura delle scadenze, garanzie e riserve, esposizioni implicite come spesa pensionistica). E ancora: l’automaticità della “gabbia” e di sanzioni economiche e pure politiche (vedi Il Sole 24Ore del 22 settembre).
Nell’audizione davanti all’europarlamento e prima di partecipare alla riunione della Task-force, Trichet però non ha inteso ragioni. Esattamente come il tedesco Wolfgang Schauble che si è fatto precedere a Bruxelles da una lettera ai colleghi in cui preconizza un’austerità più stringente di quella della Commissione Ue, non importa se richiederà la riforma dei Trattati Ue. «Non è vero che il rigore di bilancio comprometterebbe la crescita economica, è vero il contrario» ha affermato il presidente della Bce, fautore delle sanzioni automatiche, politiche oltre che economiche, che pure non piacciono nemmeno a Spagna, Portogallo, Grecia e paesi dell’Est che temono tra l’altro di perdere così i fondi Ue. Favorevole al «ruolo preminente che prevede il Trattato nella sorveglianza sul debito», oltre che del deficit. E alla creazione appunto di un Comitato di saggi indipendenti che assicuri un doppio controllo sui conti pubblici, oltre a quello della Commissione Ue.
Perfetta la sintonia tra Trichet e Schauble, che vuole un patto che “morda”, dove gli aiuti Ue siano condizionati in futuro al rispetto delle regole del patto, dove chi sbagli paghi anche con la sospensione di un anno dei suoi diritti di voto nei Consigli europei. Se si aggiungono i tetti alla crescita della spesa pubblica, le multe anche per i paesi in ritardo di competiività non c’è da stupirsi se il negoziato in corso sia una corsa ad ostacoli quasi impossibile.

LINEA DURA

Taglio accelerato del debito
Uno stato con debito pubblico elevato dovrà ridurlo di un ventesimo l’anno. Per l’Italia – che ha un debito intorno al 118% – questo comporterebbe un drastico taglio di otto punti in tre anni

Tetto alla spesa
La proposta dell’esecutivo europeo prevede anche di porre un freno alla spesa pubblica: nei paesi in procedura di infrazione non potrà superare la crescita annuale del Pil, anzi, dovrà essere «nettamente inferiore»

Deposito fruttifero
Sul fronte delle sanzioni è prevista la creazione di un deposito fruttifero in cui i paesi che rischiano di sforare il tetto del 3% nel rapporto deficit-Pil dovranno versare in via cautelativa una somma pari allo 0,2% del Pil, che potrà essere detratta anche dalla quota di fondi comunitari. Somma che – una volta sforato il 3% – sarà definitivamente trattenuta

Stop al diritto di voto
Il ministro tedesco delle finanze, Wolfgang Schauble, in una lettera inviata nei giorni scorsi ai colleghi europei ha infatti insistito sull’ipotesi di sospensione del diritto di voto per i paesi recidivi nel violare il Patto. Ipotesi da mettere però in campo in una seconda fase, visto che richiederebbe la modifica dei trattati Ue

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