Con la sentenza del 22 maggio 2025, n. 4471, il Consiglio di Stato, (Sez. II), è intervenuto su una rilevante vicenda in materia di abuso edilizio e responsabilità economica per le opere di demolizione eseguite d’ufficio da un Comune. La pronuncia chiarisce l’autonomia e la possibile interazione tra il procedimento penale e quello amministrativo in caso di ingiunzione a demolire, riconoscendo che anche chi ha patteggiato la pena, può essere obbligato a rimborsare le spese sostenute per l’esecuzione in danno. Il caso esaminato riguarda un complesso edilizio realizzato in zona vincolata, e conferma il principio secondo cui il Comune può accedere al fondo statale per le demolizioni e rivalersi sul responsabile, anche se il procedimento demolitorio trae origine da un ordine penale.
Il caso
La sentenza è stata emessa dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, in riforma della pronuncia del TAR per la Toscana n. 1119/2022. La controversia nasce dalla diffida con il Comune che richiede il rimborso per la demolizione di opere edilizie abusive realizzate in un’area boschiva sottoposta a vincolo paesaggistico. La somma è richiesta a uno dei soggetti ritenuti responsabili con sentenza penale di patteggiamento. Il soggetto destinatario dell’azione era stato, per un periodo limitato, legale rappresentante della società costruttrice del complesso turistico-ricettivo oggetto dell’abuso. La questione riguarda il titolo in base al quale il Comune ha eseguito la demolizione e chi sia tenuto al rimborso delle spese.
- Coordinamento tra demolizione penale e demolizione amministrativa: la corte è stata chiamata a stabilire se il Comune potesse eseguire la demolizione in danno anche in attuazione dell’ordine del giudice penale, o se l’azione si fondasse esclusivamente sull’ordinanza comunale. Il punto era rilevante per individuare il soggetto obbligato al rimborso dei costi.
- Obbligo di rimborso delle spese di demolizione da parte del responsabile dell’abuso: è stato posto il tema se la persona, condannata con patteggiamento, potesse essere considerata a tutti gli effetti responsabile dell’abuso ai fini dell’addebito delle spese sostenute dal Comune. La questione investiva l’interpretazione dell’art. 31, comma 5, del d.P.R. n. 380/2001.
- Prescrizione del credito: l’appellato eccepiva la prescrizione quinquennale del diritto del Comune di richiedere il rimborso, computando il termine dall’inottemperanza all’ordinanza di demolizione del 2013. Il giudice ha dovuto valutare se tale termine fosse decorso o meno.
Le questioni di diritto
Il Consiglio di Stato ha affermato la piena autonomia tra la demolizione disposta dal giudice penale e quella imposta dal Comune, rilevando come i due procedimenti possano confluire nella fase esecutiva, specialmente laddove la Procura si raccordi con l’Ente locale per la concreta attuazione dell’ordine. In tale prospettiva, ha riconosciuto che il Comune potesse legittimamente anticipare le spese, anche per l’esecuzione di un ordine giudiziario, grazie al fondo presso la Cassa Depositi e Prestiti ex art. 32, comma 12, d.l. n. 269/2003, e poi rivalersi sul responsabile dell’abuso. La qualifica di “responsabile” è stata attribuita sulla base della sentenza penale di patteggiamento, ritenuta idonea ad accertare l’illecito e a fondare obblighi restitutori. La corte ha altresì sottolineato che l’attività esecutiva del Comune, pur riferita all’ordinanza n. 37/2013, non esclude la validità della pregressa qualificazione penale. Infine, ha ritenuto infondata l’eccezione di prescrizione, in quanto la complessità dell’attività demolitoria e il dialogo costante con la Procura hanno interrotto il decorso del termine.
La decisione
Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello del Comune, riformando la sentenza del TAR Toscana. Ha respinto il ricorso originario del soggetto intimato, ritenendolo legittimamente tenuto al rimborso delle somme anticipate per la demolizione.
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