Gli ingredienti principali per finanziare la spesa sanitaria delle regioni resteranno gli stessi: Iva e Irpef. Ma con il federalismo cambieranno le quantità che ne compongono il mix. Fatto 100 il totale delle entrate da regionalizzare il peso dell’imposta sui redditi passerà dall’8,2% di oggi al 29,3; viceversa, quello dell’imposta sui consumi scenderà dal 47,8% al 29,3 per cento. È con questi numeri sullo sfondo che governatori ed esecutivo si siederanno oggi allo stesso tavolo per trovare la “quadra” sul decreto sulla finanza territoriale, che il ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli vorrebbe varare entro la settimana. Ma l’impresa si annuncia tutt’altro che facile viste le riserve manifestate ieri dalla conferenza dei presidenti. Le carte saranno scoperte ufficialmente solo questa mattina dai governatori, che dovrebbero presentarsi al tavolo con Giulio Tremonti e l’intera delegazione governativa – almeno Calderoli e Fitto saranno certamente della partita – con una proposta più o meno condivisa. Spinto soprattutto dai leghisti, il governo d’al tra parte ha fretta di tirare per quanto è possibile le somme in questa fase e di portare al Consigli dei ministri di questa settimana i decreti delegati su autonomia fiscale e costi standard in sanità. I governatori invece al vertice di ieri non avevano ancora tirato le fila delle richieste da presentare in maniera concordata. I leghisti Cota e Zaia (Piemonte e Veneto) spingono per una massima accelerazione dei tempi e promuovono le proposte dell’esecutivo, negando però di lavorare contro il sud. Tutto il mezzogiorno, con il Lazio, chiede di «dare più forza alle questioni del sud» e insiste per avere garanzie. Mentre Vasco Errani (Emilia Romagna, rappresentante dei governatori) e Roberto Formigoni (Lombardia) si dicono pronti a cercare e a volere uno «spirito unitario», senza negare però che ci «sarà da lavorare» per sciogliere tutti i nodi sul tappeto. I nodi da risolvere – le «criticità» – infatti non mancano su fiscalità regionale e costi standard. Le regioni le hanno intanto elencate in quattro punti: il pieno rispetto della legge delega sul federalismo fiscale; il rapporto stretto che dovrà esserci tra la determinazione e il fabbisogno dei Lea (livelli essenziali di assistenza) in sanità, e i Lep (livelli essenziali delle prestazioni) per assistenza sociale, istruzione e trasporto pubblico locale; i rapporti finanziari con gli enti locali, dai poteri commissariali ai tempi della fiscalizzazione fino al capitolo delle risorse; infine, la correlazione con quella manovra estiva e i suoi tagli da 4,5 miliardi nel 2on (e di altri 4 dal 2012) che i governatori non hanno mai digerito. Non a caso si parla di minori tagli almeno da 1-1,5 miliardi. Non si tratta solo di una cornice di richieste, quella che i governatori stanno preparando. Sul tappeto ci sono argomenti che per le regioni sono esiziali: compartecipazione Irpef da trasformare in addizionale, alimentazione del fondo perequativo (Irpef o compartecipazione Iva), premialità e sanzioni, flessibilità fiscale, coerenza dei tempi di applicazione dei provvedimenti; risorse per assistenza, istruzione e trasporto pubblico locale per la parte in conto capitale. Intanto è possibile fornire un primo affresco anche numerico del futuro fisco regionale. Uno degli obiettivi dichiarati del governo è quello di ridurre il peso dell’Iva e aumentare quello dell’Irpef in modo da incrementare la tracciabilità dei tributi e collegarli più direttamente al territorio. Stando ai dati sul gettito 2008 raccolti dalla commissione tecnica paritetica per il federalismo (Copaff), guidata da Luca Antonini, ogni punto di compartecipazione all’Irpef vale 1,07 miliardi. Poiché nella «bozza» Calderoli la quota di Iva da dare alle regioni per il finanziamento della spesa sanitaria passerà dall’attuale 44,7% al 25%, di fatto, il gettito dell’imposta sul valore aggiunto da attribuire ai governatori passerebbe (a valori invariati rispetto al 2008, ndr) da 47,2 a 26,7 miliardi. Laddove l’Irpef salirebbe dagli 8,2 garantiti dalla semplice addizionale ai 29,3 comprensivi dell’ampia compartecipazione Irpef prevista dal dlgs. A questi andrebbero aggiunti gli introiti garantiti dagli altri tributi regionali: 36 miliardi di Irap, che i governatori potranno anche azzerare se ridurranno la spesa non innalzeranno fino al 3% l’addizionale Irpef; 2 miliardi dall’accisa sui carburanti, 54 miliardi dal bollo auto. Ma l’impatto di quest’ultima è destinato a ridursi visto che una compartecipazione alla tassa di circolazione dovrebbe andare alle province per ristorarle dal taglio ai trasferimenti statali. Chiuderanno il set di tributi provinciali l’imposta sull’Rc auto, l’Ipt e, per compensare i trasferimenti statali in odore di soppressione, una compartecipazione alla quota di introiti nazionali sulla benzina.
Dall’Irpef il 29% del fisco regionale
Federalismo – Con il decreto attuativo allo studio dell’esecutivo aumenta il peso attribuito all’imposta sui redditi e cala quello dell’Iva
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