Il 18 marzo 2011 la Grande Camera della Corte europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo ha pronunciato la sentenza definitiva sul caso Lautsi/Italia, in merito al quale lo Stato italiano aveva chiesto il riesame della sentenza di condanna del 3 novembre 2009, che aveva vietato l’esposizione del Crocefisso nelle aule scolastiche. In realtà il crocefisso è uno dei simboli della nostra storia e della nostra identità, e la cristianità rappresenta le radici della nostra cultura, quello che oggi siamo. Pertanto, l’esposizione del crocefisso nelle scuole non deve essere vista tanto per il significato religioso quanto in riferimento alla storia e alla tradizione dell’Italia. La presenza del crocefisso in classe rimanda dunque ad un messaggio morale che trascende i valori laici e non lede la libertà di aderire o non aderire ad alcuna religione. Nell’ordinamento italiano l’esposizione del crocefisso, seppure non espressamente menzionata, è regolamentata dal decreto legislativo 297/1994 (Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), in particolare, dall’art. 676, intitolato “norme di abrogazione” e dagli articoli 159 e 190, che includono il crocefisso tra gli arredi delle aule. Tali norme si inseriscono nella tradizione del nostro Paese e sono retaggio di altre più antiche, come il R.D. 26/4/1928 n. 1297 “Approvazione del regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare”) ed il R.D. 30/4/1924 n. 965 (“Ordinamento interno delle Giunte e dei Regi istituti di istruzione media”).
Crocifisso: la Corte europea dei diritti dell’uomo dà ragione all’Italia
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