Cosa ci dice il Rapporto annuale dell’ISTAT sulla situazione in Italia

PIL in aumento dello 0,7%, occupazione salita dell’1,5% ma l’Italia rimane indietro rispetto all’Europa, le disuguaglianze e le criticità ambientali rimangono punti deboli

23 Maggio 2025
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Il 21 maggio 2025 il Presidente Francesco Maria Chelli ha presentato, a Palazzo Montecitorio, il Rapporto annuale ISTAT 2025. Uno strumento utile per analizzare la situazione economica, demografica e sociale dell’Italia. Quella di quest’anno è la 33ª edizione e i dati raccolti ci forniscono una panoramica sull’andamento nazionale nell’anno 2024.

Indice

Economia e ambiente

La situazione ritratta dal Rapporto evidenzia timidi progressi per l’Italia che comunque si conferma in ritardo rispetto alle grandi economie europee. Il PIL cresce dello 0,7% (come nel 2023), ma la domanda interna rimane incerta e fragile così come la domanda esterna che è ancora troppo poco incisiva. Il potere d’acquisto è migliorato riportando gli individui a un aumento dello 0,6% dei consumi finali (di cui le famiglie italiane contribuiscono con uno 0,4%). Rallenta la spinta degli investimenti che si attestano su un aumento dello 0,5% contro il 9,0% dello scorso anno. La spesa per investimenti è rallentata a causa del calo negli investimenti in abitazioni (legato alla riduzione degli incentivi pubblici), in impianti e macchinari. In controtendenza, crescono gli investimenti nell’edilizia non residenziale grazie ai fondi del PNRR e quelli immateriali.

A fine 2024 gli occupati hanno raggiunto la soglia di 23,9 milioni (+3,6% in media di anno rispetto al 2019). Il dato non è sufficiente a risollevare l’Italia che rimane il Paese con il tasso di occupazione più basso d’Europa tra i 15 e i 64 anni. Una delle cause principali va ricercata nel minore coinvolgimento della parte giovanile e femminile della popolazione. La crescita si deve principalmente ai contratti a tempo indeterminato, la cui occupazione è cresciuta dal 2023 e riguarda, nel 2024, il 63% dei lavoratori. Nonostante l’occupazione sia in aumento, la produttività inesorabilmente cala di 0,9% a lavoratore (che si traduce in un 1,4% ogni ora lavorata).

Tra le buone notizie, il 2024 ha consolidato il processo di disinflazione. Dopo il picco raggiunto nell’ottobre del 2022, l’aumento dell’IPCA (Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato per i Paesi dell’Unione europea) si è ora arrestato a un 1,1%, il miglior risultato attestato tra le grandi economie europee.

La tutela dell’ambiente rimane una macchia scura sul passaporto italiano. La ricerca condotta dall’Agenzia Europea per l’Ambiente ha calcolato che l’Italia abbia perso 134 miliardi di euro dovuti a cause ambientali tra il 1980 e il 2023, risultato che posiziona il nostro Paese al secondo posto nella UE27 dopo la Germania. D’altronde nel 2022, il 18,2% del valore aggiunto di industria e servizi era prodotto in unità ubicate su territori ad alto rischio sismico e pericolo naturale.

Nel settore dell’energia rinnovabile, l’Italia sembra iniziare a camminare nella giusta direzione triplicando la propria produzione di energia derivante da fonti rinnovabili, eppure rimane indietro alla coda di Germania, Spagna e Francia dove il nucleare inizia ad essere ampiamente sfruttato.

Popolazione e società

Dopo dieci anni consecutivi dal 2014, l’Italia continua a spopolarsi: al 1° gennaio 2025, la popolazione residente in Italia è scesa sotto i 59 milioni. Anche la natalità cala vertiginosamente. L’unico fattore che corre in aiuto è l’immigrazione verso l’Italia ma, pur crescendo, risulta insufficiente a colmare la disparità.

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Nota positiva del 2024: la fine della crisi di mortalità causata dalla pandemia di Covid-19. Ora l’Italia si conferma tra i Paesi maggiormente longevi, dato che si traduce in una popolazione anziana che modifica a sua misura la struttura societaria. Gli stranieri e i nuovi cittadini italiani costituiscono l’unica parte demografica residente in Italia attualmente in crescita (arrivando a contribuire per un 9,2% alla totalità della popolazione). Al 1° gennaio i cittadini che hanno acquisito la cittadinanza italiana sono 1,9 milioni, un trend che potrebbe sensibilmente variare con le nuove proposte normative e l’imminente Referendum relativo alla cittadinanza.

Il tessuto familiare cambia morfologia: nel 2024 le famiglie monopersonali superano il 35%, mentre le coppie con figli scendono al 28,2%.
I giovani hanno sempre più difficoltà a uscire dal nucleo familiare, circa due terzi tra i 18 e i 34 anni continuano ad abitare con la famiglia d’origine. Una volta usciti, tutti vogliono vivere da soli, nemmeno l’età è più una discriminante: una stima ipotizza che entro il 2043, gli ultrasessantacinquenni che vivono soli saranno 6,2 milioni.

Il livello dell’istruzione della popolazione italiana rimane inferiore alla media europa. I miglioramenti degli ultimi anni non hanno sollevato la situazione. Tra la parte della popolazione più anziana (che non è più attratta da percorsi formativi) e l’assenza di scuole tecniche brevi ma pratiche, persiste nella popolazione italiana uno status di immobilismo. Solo due terzi degli adulti possiedono un diploma mentre è sempre più preoccupante l’abbandono scolastico precoce, evidente soprattutto nelle aree del Mezzogiorno. Sull’adozione di abilità digitali, l’Italia è gravemente indietro.

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La povertà assoluta nel 2023 colpisce l’8,4% delle famiglie residenti, le cui categorie più fragili sono: famiglie con figli, giovani, stranieri e residenti nel Mezzogiorno; mentre la categoria più esposta è quella delle famiglie con minori. La stima rileva che l’incidenza della povertà assoluta diminuisce con l’età. Neanche i lavoratori riescono a raggiungere il consolidamento di una buona stabilità economica con redditi insufficienti a garantire un buon livello di vita. Non si vive meglio, ma si vive più a lungo: l’aspettativa di vita raggiunge un nuovo massimo storico raggiungendo una media di 81,4 anni per gli uomini e 85,5 per le donne; eppure dal Rapporto traspare l’inadeguatezza delle condizioni di vita. Il tasso di mortalità evitabile (sintesi di una corretta prevenzione e adozione di sani stili di vita) era nel 2022 il secondo più basso in Europa, mentre l’Italia mostra di essere più fragile nella mortalità trattabile (parte attestabile al sistema sanitario e la sua capacità di diagnosticare e curare in tempo).

Per quanto concerne le condizioni di salute e la presenza delle persone disabili, il Rapporto ne rileva la maggioranza tra anziani, prevalentemente donne e con un focus di incidenza maggiore nelle Isole, poi nel Centro e interessando alla fine il Sud. La disabilità nel 2023 interessa il 5,0% della popolazione.

Una società per tutte le età

In un panorama sempre più intersecato tra vecchie e nuove generazioni, in Italia cambiano molte delle abitudini societarie. Non ci si sposa più e non è una novità: negli ultimi quarant’anni, i matrimoni in Italia sono diminuiti costantemente. La denatalità è un fattore decisivo unito alla scomparsa, tra le nuove generazioni, della “moda del matrimonio” che è drasticamente crollata in favore di unioni più libere da vincoli contrattuali. Anche la natalità subisce lo stesso picco discendente, sale l’età media della nascita del primo figlio di generazione in generazione. L’anzianità, al contrario, aumenta talmente tanto da richiedere un nuovo modello di identificazione: nel Rapporto viene considerata non per età anagrafica fissa ma per speranza di vita residua; così facendo la nuova soglia di anzianità nel 2024 sale a 74 anni per gli uomini e 75 per le donne. La presenza di una popolazione predominante anziana influenza il settore lavorativo e, nello specifico, alimenta la silver economy.
Mentre gli anziani godono ancora di sane abitudini alimentari, un prospetto economico più florido sotto forma di pensione e generiche condizioni di vita migliori; tra i giovani aumentano i casi di sovrappeso e obesità sin dall’infanzia e divengono costanti abitudini di fumo e alcool incontrollate e dannose.
Unico passo avanti per i giovani rispetto alla popolazione più anziana: l’istruzione e l’agilità su Internet.

Sistema economico e generazioni

Nel corso degli ultimi vent’anni, l’economia italiana ha registrato una crescita contenuta e una produttività stagnante, rallentando il miglioramento dei redditi e delle condizioni di benessere, soprattutto per le generazioni più giovani. Sebbene siano aumentati i livelli di istruzione e occupazione qualificata, l’Italia resta indietro rispetto ai principali Paesi europei sia nella diffusione delle professioni ad alto contenuto tecnologico sia nella retribuzione reale, che per gli occupati nel 2024 risulta inferiore del 7% rispetto al 2004. Tale calo è colmato dalla crescita dell’occupazione femminile che riporta il nucleo familiare ad accrescere del 6,3% il reddito familiare equivalente.

La mobilità sociale appare ancora limitata tra le nuove generazioni: il contesto familiare d’origine continua a condizionarne fortemente l’istruzione e il reddito. Tuttavia, percorsi individuali eccellenti – supportati da studio, mobilità territoriale e competenze tecniche – offrono margini di riscatto. Il sistema produttivo invecchia, ma le imprese più giovani e dinamiche, dove i lavoratori under 35 sono più presenti, mostrano maggiore propensione all’innovazione e migliori performance. L’invecchiamento e il rischio di mancato ricambio generazionale interessano circa il 30% delle imprese, ma si concentrano soprattutto tra le microimprese, spesso legate all’autoimpiego. Nelle medie e grandi aziende, dove il ricambio è già avvenuto, l’esposizione agli effetti del declino demografico è invece molto più contenuta, inferiore all’1%. Il capitale umano delle nuove generazioni si conferma una leva cruciale per la trasformazione tecnologica ed economica del Paese, ma richiede politiche attive per rimuovere i vincoli che ancora ne ostacolano il pieno potenziale.

>> PER APPROFONDIRE:
Rapporto annuale ISTAT 2025.
Sintesi del Rapporto annuale ISTAT 2025.
Presentazione del presidente.

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