Consumi intermedi (1995 – 2015) delle Amministrazioni pubbliche

Il focus dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) anche sugli Enti locali

22 Marzo 2017
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L’Ufficio Parlamentare di bilancio ha pubblica il Focus n. 3 in merito ai consumi intermedi delle Amministrazioni pubbliche.
L’Ufficio Parlamentare di bilancio rende noto che gli ultimi anni hanno visto un cambiamento nella dinamica e nella composizione della spesa pubblica che ha riguardato anche i consumi intermedi, cioè i beni e servizi che entrano nel processo di produzione delle Pubbliche Amministrazioni (PA).
Il Focus dedica un’analisi approfondita all’andamento dei consumi intermedi nell’arco del ventennio 1995-2015.

La spesa per consumi intermedi

La spesa per consumi intermedi ha raggiunto nel 2016 i 91 miliardi, pari al 5,4 per cento del PIL e all’11,9 per cento della spesa al netto degli interessi. I consumi intermedi, dal 1995 fino al 2008, hanno registrato un aumento consistente, pari a circa 38 miliardi (+4,8 per cento medio annuo); nel periodo successivo hanno mostrato invece una crescita più moderata, ammontata a 8,5 miliardi (+1,2 per cento medio annuo).

Raddoppia la spesa delle Amministrazioni locali

La quota maggiore di spesa per consumi intermedi fa capo alle Amministrazioni locali (sostanzialmente Regioni, Province, Comuni, Enti sanitari locali). Nei passati vent’anni essa ha registrato una crescita costante – per effetto dell’espansione della spesa sanitaria, di quella per la gestione dei rifiuti e anche in conseguenza del conferimento di nuove funzioni a Regioni e Comuni. Dal 1995 la spesa delle Amministrazioni locali è più che raddoppiata (+137,5 per cento) mentre quella degli altri due comparti ha registrato incrementi molto minori (rispettivamente +34,3 e +18,4per cento). Come conseguenza di queste evoluzioni, l’incidenza della spesa locale è passata dal 62,3 per cento del 1995 a quasi i tre quarti del totale (74,7 per cento)nel 2015; la quota riferita alle Amministrazioni centrali è invece scesa dal 34,1 al 23,1 per cento, così come quella – peraltro già marginale – attribuibile agli Enti di previdenza, che è diminuita dal 3,6 al 2,2 per cento.

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