Concessioni demaniali: il TAR Lecce rimette la questione balneare alla Corte di giustizia

di ALESSANDRA CUTOLO

Assume ampio rilievo nell’ambito della querelle delle concessioni demaniali marittime a scopo turistico ricreativo l’ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea del TAR Lecce (Sez. I) n. 743/2022 dell’11 maggio 2022. L’ordinanza ha ad oggetto il contenzioso instaurato dall’AGCM per l’annullamento della deliberazione della giunta comunale del 24 dicembre 2020, n. 225, approvata dal Comune di Ginosa (TA), avente ad oggetto la «Legge n. 145/2018 art. 1, commi 682 e 683 – d.l. n. 34/2020 conv. nella legge n. 77/2020 art. 182, comma 2 e s.m.i. – Richieste di proroga concessioni demaniali marittime. Atto di indirizzo». Il Comune di Ginosa rientra tra i comuni che hanno dato applicazione alla legge di bilancio n. 145/2018 che ha disposto la proroga delle concessioni demaniali vigenti ante 2009, fino al 31 dicembre 2033.

Di recente, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con le sentenze gemelle n. 17 e 18 del 9 novembre 2021 ha provato a fornire un arresto giurisprudenziale pressoché definitivo sulla questione balneare, alimentando un ricco dibattito dottrinale. I giudici di Palazzo Spada hanno affermato la natura self-executing della Direttiva 2006/123 c.d. Bolkestein e l’incompatibilità delle attuali previsioni nazionali -che dispongono la proroga ex lege- con l’articolo 49 del TFUE e con l’articolo 12 della Direttiva, precisando che «tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla Pubblica Amministrazione»- Al contempo, per arginare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, la Plenaria ha rinviato lo scadere delle stesse al 31 dicembre 2023, modulando gli effetti della propria decisione.

Al contrario, qualche mese più tardi, il Tribunale amministrativo pugliese ritorna sulla questione balneare nel tentativo di rovesciare gli esiti del lavoro svolto dall’Adunanza Plenaria. Il TAR Lecce non è nuovo rispetto all’emanazione di pronunce singolari sul tema e si è reso protagonista negli ultimi anni della formazione di un orientamento giurisprudenziale minoritario che ha sempre sostenuto la legittimità della proroga nazionale disposta dalla l. n. 145/2018 (tra tutte TAR Lecce, Sez. I, 15 gennaio 2021, nn. 71,72,73,74). Il Collegio non condivide i presupposti logici, l’argomentare e le conclusioni espressi dalle sentenze gemelle, ritenendo necessario avvalersi della facoltà per il giudice nazionale di adire la Corte di Giustizia in sede di rinvio pregiudiziale (Art. 267 TFUE), in ragione dello specifico ed esclusivo ruolo alla stessa attribuito dall’ordinamento con riferimento alla natura di interpretazione autentica delle relative sentenze e del conseguente effetto vincolante per il giudice nazionale di ogni ordine e grado.

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Nell’ordinanza di rimessione i giudici, prima di formulare i quesiti su cui è chiamato a esprimersi il giudice europeo, descrivono il fumoso quadro regolatorio in cui versa la materia. In particolare, la gestione del demanio, oggi ad appannaggio dei comuni, e l’assenza di una regolazione organica di riferimento hanno comportato un’applicazione differenziata e contraddittoria della proroga ex lege delle Concessioni demaniali marittime, di cui alla L. 145/2018. Infatti, mentre alcuni comuni hanno riconosciuto la proroga fino al 2033, altri ne hanno negato l’applicazione in via astratta e generalizzata, mentre altri ancora l’hanno riconosciuta in prima istanza, per poi annullarla successivamente in autotutela, tutto «sulla base del diverso personale opinare dei singoli dirigenti di settore di ogni comune circa la natura auto esecutiva o meno della direttiva Bolkestein».

L’assenza di una regolazione organica per la gestione delle concessioni demaniali marittime genera una situazione di incertezza che risulta devastante per l’Amministrazione come per il  concessionario. Neppure le pronunce del Consiglio di Stato hanno migliorato la situazione; al contrario, prevedendo un nuovo termine di scadenza delle concessioni fissato per il 31 dicembre 2023, hanno disincentivato gli investimenti alimentando ulteriormente la condizione di precarietà.
I giudici leccesi ritengono quindi che il rinvio pregiudiziale si rende necessario per ottenere riferimenti precisi e vincolanti almeno per i giudici nazionali, in attesa di un auspicato intervento normativo. Vengono rivolti al giudice europeo nove quesiti, di cui 1 relativo alla validità della Direttiva 2006/123 e 8 all’interpretazione del diritto dell’Unione europea.

In primo luogo, si ritiene necessario venga sancita la validità o meno della Direttiva 2006/123, chiarendo se si tratti di una Direttiva di armonizzazione o di liberalizzazione, poiché, ove si configurasse la prima ipotesi, sarebbe illegittima per violazione dell’art. 115 TFUE, in quanto adottata a maggioranza piuttosto che all’unanimità.
In secondo luogo, si chiede venga valutato se la Direttiva possa essere considerata self-executing (auto esecutiva) e quindi direttamente applicabile dagli stati membri. Sul punto, bisogna chiarire se l’efficacia diretta dell’art. 12, paragrafi 1,2,3 della Direttiva 2006/123 equivalga al riconoscimento della natura self-executing o debba intendersi come un invito per lo Stato membro ad adottare misure di armonizzazione in proprio, anche se vincolate nel loro contenuto. Allo stesso tempo, se la Direttiva viene considerata come direttamente applicabile, si chiede se l’onere di disapplicazione della norma nazionale confliggente con il diritto dell’Unione spetti solo al giudice o anche alla Pubblica Amministrazione nelle sue diverse articolazioni.

I giudici pugliesi proseguono chiedendo anche di fare chiarezza sull’interesse transfrontaliero certo che le sentenze gemelle dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato hanno attribuito tout court alle concessioni demaniali marittime italiane. Premesso che l’art. 49 TFUE risulta ostativo alla proroga automatica delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo solo «nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo», è fondamentale sapere se la sussistenza di tale requisito costituisca un presupposto necessario, anche con riferimento all’applicazione dell’art. 12 paragrafi 1 e 2 della Direttiva e se l’idea di un interesse transfrontaliero certo generalizzato risulti coerente rispetto all’art. 49 TFUE e rispetto ai fini perseguiti dalla Direttiva stessa. Oppure se, al contrario, sia più auspicabile affidare ai comuni l’onere di valutare caso per caso la sussistenza o meno di questo interesse.

Infine, l’ultimo quesito attiene alla possibilità che la Direttiva, sempre ove si riconosca come self-executing, possa essere considerata compatibile con un ordinamento come il nostro, dove l’art. 49 del Codice della navigazione prevede che all’atto di cessazione della concessione «tutte le opere non amovibili restano acquisite allo Stato senza alcun compenso o rimborso». In particolare, ciò implica che allo scadere imminente delle concessioni tutti i concessionari sono tenuti a lasciare i beni oggetto di concessione, tra cui rientrano anche le strutture in muratura debitamente autorizzate, che gli stessi hanno realizzato sul suolo demaniale nel corso della concessione e che vengono acquisite come migliorie al patrimonio demaniale. Questa disposizione genera grandi difficoltà per i concessionari e per le pubbliche amministrazioni che sarebbero chiamate a seguire un processo di transizione tra i concessionari uscenti e quelli subentranti molto difficoltoso. Per cui, ai giudici leccesi preme sapere se la diretta applicabilità della Direttiva 2006/123 in combinato disposto con l’art. 49 del Codice della navigazione possa ritenersi valida ed efficace o, al contrario, entri in contrasto con la tutela di diritti fondamentali, come il diritto di proprietà, riconosciuti come meritevoli di tutela privilegiata nell’Ordinamento dell’UE e nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea.

> PER APPROFONDIRE: Maggioli Editore consiglia Concessioni demaniali marittime di S. Bertuzzi, G. Cottarelli, C. Cusumano.

 

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