Clandestini, la Ue boccia l’Italia

Fonte: Il Sole 24 Ore

MILANO – È un giudice italiano, il presidente di sezione della Corte di giustizia europea, Antonio Tizzano, a leggere di prima mattina la sentenza che inabissa il reato di clandestinità, creato dal governo nel pacchetto sicurezza del 2009. In poco più di 60 secondi quella che si aspettava essere l’arma risolutiva nella lotta agli “invisibili” – ma che i numeri del Dap riportati nella tabella sotto dimostrano in realtà molto meno incisiva – finisce al bando dell’Unione europea, bollata come norma incompatibile con la direttiva rimpatri dei 27. Poco importa che l’Italia, come altri 11 Paesi, non abbia ancora recepito quella direttiva, visto che dal dicembre scorso la normativa sovranazionale è self executing e come tale vincolante per tutti. A cominciare dalla Corte d’Appello di Trento, che lo scorso anno aveva sollevato il caso di Hassen El Dridi, alias (un must per gli “invisibili”) Soufi Karim, dovendo decidere sul-l’impugnazione dello straniero condannato a 12 mesi per il solo fatto di non aver dato corso volontariamente a due provvedimenti di espulsione, firmati a distanza di sei anni. Secondo i giudici della Corte di Lussemburgo c’è un problema di fondo nel delegare al magistrato penale, e con sanzioni pesantissime (fino a 5 anni), la buona riuscita di quello che in fondo è un procedimento amministrativo – l’espulsione – innescato dal prefetto. Il problema è che, nel bilanciamento delle esigenze tra sicurezza dello Stato e diritti fondamentali della persona, questa scorciatoia non è consentita proprio dalla norma comune europea. La restrizione alla libertà, secondo la direttiva che rimanda anche alla giurisprudenze europea, «non può protrarsi entro un termine ragionevole, vale a dire il tempo necessario per raggiungere lo scopo perseguito» ossia l’espulsione. Il fermo “amministrativo” del clandestino, secondo le norme europee, può essere poi garantito con altri strumenti (dall’obbligo di dimora alla cauzione) ma in nessuna parte è consentito agli Stati di far scendere in campo la magistratura e il codice penale. La sentenza è immediatamente esecutiva e retroattiva, almeno dal momento in cui è diventata self executing, e comporterà la scarcerazione di 1.300 detenuti in Italia. Negativa la reazione del ministro del-l’Interno, Roberto Maroni: «È una decisione che mi lascia insoddisfatto perchè ci sono altri Paesi europei che prevedono il reato di clandestinità e non sono stati censurati e, in seconda battuta, l’eliminazione del reato accoppiata a una direttiva europea sui rimpatri rischia di fatto di rendere impossibili le espulsioni. Il rimpatrio così concepito – ha aggiunto Maroni – trasforma le espulsioni in una semplice intimidazione ad abbandonare l’Italia entro sette giorni. Ciò rende assolutamente inefficace le politiche di contrasto all’immigrazione clandestina». Di diverso tenore il commento di monsignor Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti: «La sentenza dimostra attenzione e sensibilità verso la dignità della persona umana, anche se essa, cioé la persona umana, si trova in situazione irregolare. Ovviamente i governi si trovano a dover individuare il giusto equilibrio che rispetti sia le esigenze di sicurezza interna e internazionale, sia le forme di legalità previste dai singoli sistemi normativi». Per Nichi Vendola, invece, «alla fine, come era prevedibile da chi pensa che il diritto non sia un optional, per l’Europa è un reato la legge italiana e non la clandestinità».

Altobasso

01|LA BOSSI/FINI
Lo straniero in Italia è clandestino se «è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto», o se si trattiene in Italia senza aver richiesto il permesso di soggiorno, o con un permesso scaduto da più di 2 mesi e di cui non è stato chiesto il rinnovo In questi casi, se scoperto, è colpito da un ordine di allontanamento (volontario) emesso dal prefetto ed eseguito poi, se necessario, dal questore, con l’accompagnamento coatto alla frontiera, previo trattenimento nei Cie. Se non è possibile dar corso al rimpatrio, il questore ordina nuovamente allo straniero di allontanarsi entro 5 giorni. La violazione di questo ordine, dal 2009, è punita con il carcere da 1 a 4 anni, che possono diventare 5 nel caso di violazione dell’ulteriore ordine di allontanamento del questore.

02|LA DIRETTIVA UE
La direttiva 2008/115, entrata in vigore nel gennaio 2009 e non ancora recepita da 12 Paesi tra cui l’Italia (ma dal dicembre scorso è di fatto self executing), prevede che, nel periodo entro cui deve adempiere volontariamente all’ordine di espulsione, lo straniero può essere controllato con varie misure amministrative (cauzione, consegna dei documenti, obbligo di dimora in un luogo) fino all’ordine di allontanamento immediato. È possibile adottare misure coercitive per l’allontanamento, ma «adeguate» e con «uso ragionevole della forza». Il trattenimento è possibile in casi estremi ma deve essere «brevissimo».

03|LA SENTENZA DELLA CORTE UE La direttiva rimpatri «osta a una normativa» come quella italiana che prevede il carcere allo straniero che vìola senza giustificato motivo l’ordine di allontanamento.

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