Battaglia Tar-Corte dei conti sui dissesti nei municipi

Fonte: Il Sole 24 Ore

Si estende nelle Regioni del Sud il braccio di ferro fra i giudici amministrativi e i loro colleghi contabili sulla sorte dei Comuni che rischiano il dissesto e provano a evitarlo con la ciambella lanciata dal decreto «salva-enti» 174/2012. La nuova puntata della telenovela è stata scritta dal Tar Calabria, che con l’ordinanza 229/2013 ha sottratto il Comune di Vibo Valentia al default e ha bloccato tutto fino alla decisione di merito: in calendario per il 20 giugno.
La vicenda ricalca un precedente siciliano, relativo al Comune di Cefalù (Palermo; si veda «Il Sole 24 Ore» del 23 gennaio scorso), quando il Tar dell’isola aveva stoppato il dissesto del Comune anche sulla base della considerazione che le ragioni alla base del disastro contabile fossero «chiaramente attribuibili ai precedenti Governi del Comune». Il caso di Vibo assume però significati ulteriori, e non solo per il fatto che al centro della contesa fra giudici questa volta si trova un Comune capoluogo di Provincia.
A differenza della vicenda siciliana, la questione del Comune di Vibo Valentia prima di tutto non intreccia in alcun modo la complessa gestione transitoria legata al debutto del «pre-dissesto» e del fondo rotativo per salvare con una mano statale i Comuni in crisi. Vibo infatti aveva deliberato l’11 gennaio scorso, quindi in piena vigenza delle regole del Dl 147/2012 ormai stabilizzate, di aderire alla procedura del «pre-dissesto». Dopo questo passaggio, però, il meccanismo si è inceppato perché la Giunta si è vista respingere dal Consiglio il piano di rientro: vista la «condizione finanziaria disastrosa» del Comune, in cui alla «crisi di cassa» si accompagna «la presenza di una gigantesca massa passiva alla quale non riesce in alcun modo a fare fronte», la sezione regionale di controllo (delibera 21/2013) ha ripreso l’iter del «dissesto guidato» nel punto in cui l’aveva sospesa in attesa del piano di rientro, e per il tramite del prefetto ha dato al Comune i classici 20 giorni di tempo per dichiarare il default.
Il Tar Calabria, però, ha sospeso la nota del prefetto, riportando in un limbo il capoluogo gravato da un deficit pesante (4,3 milioni nel 2010, 3,8 nel 2011) e dalle incognite legate alla presenza in bilancio di 55 milioni di residui passivi precedenti al 2007.
Il punto, però, è nel conflitto fra giudici amministrativi e magistrati contabili, che non si ferma nemmeno di fronte alla sentenza 60/2013 in cui la Consulta ha stabilito che, in particolare dopo il Dl 174/2012, i controlli della Corte dei conti «si collocano su un piano distinto rispetto al controllo sulla gestione amministrativa» perché servono a garantire una vigilanza indipendente sugli «obiettivi di finanza pubblica» e a tutelare «l’unità economica della Repubblica». In questa chiave, spiegava la Consulta, l’azione della Corte dei conti si verifica «in riferimento a parametri costituzionali (articoli 81, 119 e 120 della Costituzione) e ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (articoli 11 e 117, primo comma, della Costituzione)». Una funzione “pesante”, che non sembra però in grado di blindare le decisioni della Corte e quindi di rendere certa l’applicazione delle norme del «pre-dissesto» e del «dissesto guidato» nei tanti enti locali coinvolti.

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