Convergenza verso i costi standard in cinque anni, dunque nel 2018. E calcolo dei fabbisogni non solo in base alla «popolazione pesata» per età nelle regioni, ma anche secondo indici di povertà (deprivazione) o di disoccupazione. E alla fine sui costi standard in sanità spuntò la ciambella di salvataggio per il Sud. Un doppio salvagente lanciato dal ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto, con emendamenti approvati dal consiglio dei ministri. Più tempo, più possibilità di uscire dal tunnel, senza più scuse. E anche valutazione della storica arretratezza socio – economica del mezzogiorno. Una vera e propria boccata d’ossigeno per le regioni del sud in fondo alle classifiche nazionali anche dell’assistenza sanitaria e sotto il macigno dei commissariamenti e dei piani di rientro: Lazio, Campania, Molise, Calabria, Abruzzo, Puglia e Sicilia. Proprio le regioni che non a caso in queste ultime settimane (ieri la Polverini era a Palazzo Chigi) hanno fatto squadra chiedendo che anche una realtà del mezzogiorno sotto piano di rientro dal debito finisca tra le tre regioni benchmark scelte nella rosa delle cinque che nel 2011 avranno i bilanci in ordine e livelli di assistenza al top. Ebbene, altra novità meridionalista dei costi standard, respinta una settimana fa dal ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ieri questa proposta è invece rientrata ufficialmente in campo. Fazio ha ammesso almeno come «possibilità» che una regione del sud finisca nel benchmark. E perfino il ministro leghista doc Calderoli non s’è tirato indietro: «Credo che ragionevolmente nel benchmark potrebbero essere rappresentate una regione del nord, una del centro e una del sud». È chiaro: si vedrà nel 2013 in base ai risultati del 2011. Ma già il fatto che la scelta delle regioni benchmark – decisive per calibrare gli obiettivi finanziari, ma non solo, da centrare – sarà frutto di trattative politiche (le sceglierà la stato-regioni tra le cinque migliori, e solo la prima dovrà essere nel pool delle regioni modello) lascia capire che qualche spazio anche per una regione del sud potrà esserci. Ad oggi, con dati 2009 neppure definitivi, nella rosa ci sarebbero Lombardia, Toscana, Marche, Emilia e forse Basilicata. Si vedrà nel 2013, sempreché non si cambi ancora. O non se ne faccia niente. Intanto i governatori, che non hanno accolto affatto bene l’accelerazione sulla sanità impresa da Palazzo Chigi, si preparano ai prossimi vertici col governo e martedì si riuniranno in conclave. Testi ancora da misurare insomma. E Fitto getta acqua sul fuoco: «Non mancheranno i tempi per entrare nel merito della sanità. Dal federalismo – ha aggiunto il ministro – il sud non ha nulla da temere. Ma prima di tutto serve una riforma dei comportamenti».
Anche una regione del sud nel calcolo dei costi standard
L’attuazione del federalismo – I decreti al traguardo
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