All’imposta di scopo serve un finanziamento aggiuntivo

Fonte: Il Sole 24 Ore

L’articolo 6 del Dlgs sul Federalismo Municipale revisiona e potenzia l’imposta di scopo, istituita senza fortuna dall’articolo 1, comma 145, della legge 296/2006. I punti salienti della nuova normativa sono: a) l’ampliamento del già nutrito novero delle opere pubbliche previste dalla normativa originaria; b) la durata, sino a 10 anni (prima erano 5) dell’imposta; c) la possibilità che l’imposta finanzi l’intero ammontare dell’opera pubblica da realizzare (prima era il 30%). L’effettiva applicazione dell’imposta è subordinata all’emanazione, entro il 31 ottobre, di un regolamento ministeriale. Dal 2012 (già programmabile nel bilancio pluriennale 2011-2013), la rinnovata imposta avrà più fortuna che in passato. Essa va posta in diretta relazione all’articolo 1, comma 90, della legge di stabilità 2011 (la legge 220/2010), il quale stabilisce che dal 2011 i Comuni soggetti al Patto devono conseguire l’obiettivo strutturale del saldo finanziario pari a zero. Ciò significa che le spese in conto capitale devono essere finanziate senza ricorso al debito, se non per la piccola parte derivante dalla minore spesa, in termini di quote capitali, riveniente dal rimborso delle rate dei prestiti già in ammortamento. In questa direzione è orientato anche l’articolo 2, comma 39, del Dl 225 del 2010, che diminuisce la percentuale degli interessi passivi ammissibili rispetto alle entrate correnti, dal precedente 15%, al 12% nel 2011, al 10% nel 2012 ed all’8% nel 2013. L’imposta di scopo è un’entrata corrente e finanzierà spese di investimento. Contabilmente la circostanza non provoca inconvenienti poiché il pareggio di bilancio di parte corrente è un risultato minimo, potendo ben derivarne un surplus di entrate correnti rispetto alle spese correnti incrementate delle quote capitali di rimborso dei prestiti (articolo 162, comma 6, Tuel); surplus che finanzierà spese di conto capitale (o il rimborso anticipato di prestiti). Molto più complessa è la gestione temporale delle partite di entrata e di spesa. L’imposta di scopo può durare fino a 10 anni. Le entrate ad essa riferite vanno quindi accertate, pro quota, in ciascuno degli stessi anni (articolo 179, comma 2, Tuel). L’opera pubblica può essere iscritta in bilancio in più lotti, anche uno per ogni anno, purché con riferimento all’intero lavoro e al finanziamento dell’intero importo (articolo 128, commi 7 e 9, Dlgs 163/2006). La tempistica di realizzazione non può (fatti salvi piccoli investimenti) automaticamente coincidere con gli accertamenti annuali dell’imposta di scopo. La coincidenza di accertamenti e impegni nell’esercizio di riferimento e in quelli successivi, come vuole l’articolo 183, commi 5-7, del Tuel, si può ottenere (in alternativa all’indebitamento) mediante l’utilizzo di prodotti finanziari, come il leasing operativo, che prevedono il pagamento annuale di canoni, i cui valori, anno per anno, possono essere fatti coincidere con il gettito annuale dell’imposta. L’utilizzo diretto dell’imposta di durata medio-lunga per il finanziamento degli investimenti è invece più problematico poiché manca la necessaria successione temporale tra accertamenti e impegni. Occorrerà quindi far ricorso a forme di prefinanziamento, con poste che verranno reintegrate con gli accertamenti annuali del gettito dell’imposta.

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