Valle d’Aosta con Piemonte e Liguria per dar vita alla Regione Alpina. Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia per far nascere il Triveneto. Toscana, Umbria e provincia di Viterbo per partorire la Regione Appenninica. E così via.
Torna a galla l’idea di accorpare le Regioni italiane per ridurne il numero. In tanti ne parlano, ed anche l’Unità se ne occupa, ma la frenata arriva dalla stessa vicesegreteria del Pd. E’ Debora Serracchiani infatti – indossando la veste di presidente del Friuli Venezia Giulia insieme a quella di vicesegretaria del partito – a precisare che non c’è in previsione alcun accorpamento. “Governo e Pd non hanno in agenda nulla di simile”, fa notare.
Una battuta d’arresto che troverebbe adesioni anche in altri settori della maggioranza, della Lega e di Forza Italia, sia pure con i dovuti distinguo.
A chi parla di interessi personali la governatrice friulana precisa di non averne. “Il Friuli-Venezia Giulia è anche una Regione a statuto speciale e quindi non è toccata neanche dal Titolo V, figuriamoci da questo. E poi noi stiamo già collaborando ampiamente con il Veneto. Abbiamo messo in comune la società che dà il credito alle imprese e al confine gestiamo insieme l’acqua e le questioni sul dissesto idrogeologico. Non mi spaventa la gestione comune di funzioni e competenze, anzi la auspico. Ma una frammentazione territoriale è pericolosa. Non a caso siamo definiti il Paese degli 8 mila campanili. Piuttosto riaggreghiamo i Comuni piccoli, sotto i 10 mila abitanti”.L’orientamento verso il taglio di tali enti era parso delinearsi con l’ordine del giorno del senatore Dem Raffaele Ranucci che prevede il passaggio da 20 a 12 Regioni. Tale OdG era stato fatto proprio dall’esecutivo, per cui era sembrato chiaro che le forze coordinate di governo, maggioranza e Pd volessero partire per il grande “riordino”. Sul Corriere della Serala Serracchiani esprime però un parere in controtendenza. “Non è possibile cominciare dalla coda – spiega – Del resto abbiamo appena deciso l’abolizione delle Province. Accorpare ora le Regioni significherebbe fare un triplo salto carpiato. Insomma, tutto è possibile, ma nell’interesse dei cittadini”.
Possibilista sulla riforma invece il governatore veneto Luca Zaia. “Siamo davanti a un governo che promette e non fa nulla. Ci credo zero che avranno il coraggio di fare questa riforma. Ma se la fanno mi metto in prima fila: mi candido a fare del Veneto un progetto laboratorio – sostiene in una intervista al Corriere della Sera – Va bene – aggiunge Zaia -, ma solo se si va verso il federalismo. Il numero può essere 12 o 7, l’importante è ridisegnare le competenze. Perché poi se hanno le stesse competenze, è una farsa”.
C’è però chi ne restringerebbe ulteriormente il numero. “Accorpamento delle regioni? Personalmente farei tre macroregioni: Nord, Centro e Sud – afferma Michele Emiliano, governatore della Puglia – Poi ovviamente bisognerebbe andare in parlamento e fare una riforma costituzionale. Un’ operazione del genere è ovviamente durissima dal punto di visto politico, perché bisogna convincere i presidenti delle Regioni e i deputati connessi a quelle regioni che non esisterebbero più”.
Ovviamente molte Regioni sono sul piede di guerra. Il progetto (OdG Ranucci-Morassut) si basa sulla previsione di 12 macroregioni. Resterebbero così come sono solo Lombardia, Sicilia e Sardegna. Per il presidente della Liguria Giovanni Totti (FI) si tratta di evitare ulteriori danni. “Questo esecutivo ne ha già fatti a sufficienza – sostiene – C’è una furia riformatrice sgangherata”. Totti però si dice alla fine favorevole alle macroregioni. Secondo lui ne “bastano anche solo cinque, quelle dei collegi delle Europee”. Ma le piccole Regioni, quelle destinate ad essere incorporate, sono sul piede di guerra. Basterebbe ascoltare gli esponenti di Abruzzo e Molise. “Non si può smembrare la storia con una matita”, dichiarano.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento