Mansioni superiori negli Enti locali: quando scatta il diritto alla retribuzione più alta?

L’ordinanza della Corte di Cassazione (Sez. Lavoro), del 24 giugno 2025, n. 16943, ribadisce la proporzionalità della retribuzione alla qualità del lavoro svolto

17 Dicembre 2025
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La Corte di Cassazione chiarisce i confini del trattamento economico spettante ai collaboratori degli Enti locali assunti a tempo determinato ex art. 90 del TUEL. Con l’ordinanza n. 16943 del 24 giugno 2025, i giudici affermano che tali figure, quando il rapporto è regolato dal CCNL degli Enti locali, devono essere considerate lavoratori subordinati a tutti gli effetti.

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Contesto del caso

La controversia trae origine da un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale nei confronti di un Comune, condannato al pagamento delle differenze retributive richieste da un collaboratore esterno assunto a tempo determinato ex art. 90 TUEL. Il lavoratore lamentava di essere stato retribuito secondo la categoria C1, pur avendo svolto mansioni riconducibili alla categoria D1. Il Comune proponeva opposizione e successivo appello, entrambi respinti, e quindi ricorso per Cassazione.

Questioni giuridiche principali

La Corte è chiamata a chiarire se i collaboratori ex art. 90 TUEL possano essere qualificati come lavoratori subordinati e se, in caso di svolgimento di mansioni superiori, sorga il diritto alla differenza retributiva. Ulteriore questione riguarda la rilevanza dell’assenza di un contratto scritto per le proroghe e della mancanza del titolo di studio richiesto per la categoria superiore.

Ratio decidendi (Analisi giuridica)

La Cassazione afferma che i rapporti di lavoro ex art. 90 TUEL, quando regolati dal CCNL Enti locali, hanno natura subordinata. Ne consegue l’applicazione dell’art. 52, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, che riconosce il diritto alla differenza retributiva in caso di svolgimento prevalente di mansioni superiorianche se l’assegnazione è nulla o irregolare. Tale diritto è fondato sul principio di proporzionalità della retribuzione ex art. 36 Cost. e non è escluso dalla mancanza di un formale provvedimento o dalla carenza dei requisiti di legittimità dell’incarico, salvo ipotesi di illiceità radicale della prestazione. La Corte esclude inoltre che la proroga dell’incarico richieda la stipula di un nuovo contratto scritto, coerentemente con la natura fiduciaria dell’incarico.

Decisione finale e implicazioni pratiche e giuridiche

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso del Comune, confermando il diritto del lavoratore alla differenza retributiva per le mansioni superiori svolte. La pronuncia consolida il principio secondo cui i lavoratori, qualora siano adibiti in modo prevalente allo svolgimento di mansioni riconducibili a una categoria superiore rispetto a quella di formale inquadramento, hanno diritto a percepire la differenza retributiva corrispondente.

Il diritto sussiste anche in presenza di irregolarità formali nell’assegnazione delle mansioni o nella proroga del contratto, trovando fondamento nel principio costituzionale di proporzionalità della retribuzione alla qualità del lavoro svolto. Il limite è riconosciuto nei casi di mansioni svolte contro la volontà dell’Ente, in modo fraudolento o in contrasto con le norme. Nei suddetti casi il lavoratore non ha diritto al riconoscimento economico della mansione superiore.

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