di IVAN CIMMARUSTI (dal Sole 24 Ore)
La spesa per redditi da lavoro dipendente nelle amministrazioni pubbliche italiane toccherà quota 201,1 miliardi di euro (+2,3% sul 2024). Una progressione che segue il dato consolidato di 196,6 miliardi dell’ultimo anno e i 188,1 miliardi del 2023, con un’incidenza sul Pil che sale al 9%, rispetto all’8,8% dell’anno scorso. Un aumento – destinato a lievitare fino al 2028, come emerge dal grafico in alto – che mette fine a un lungo ciclo di austerità, ma che la Corte dei conti, nella relazione sul Costo del lavoro pubblico 2025, invita a leggere senza facili entusiasmi.
L’aumento degli stipendi, sostenuto dai rinnovi contrattuali e dal ritorno agli investimenti sul capitale umano, arriva infatti su una struttura ancora segnata da criticità profonde. Il nodo resta anagrafico e culturale: a fine 2023 i dipendenti pubblici sono 3.327.854, in crescita dell’1,7% sull’anno precedente. Crescono soprattutto i comparti non statali (+1,9%), gli Enti pubblici non economici (+9,9%), la sanità (+2,8%), la ricerca (+2,6%) e le università (+1,5%). Ma questa crescita degli organici non basta a invertire la tendenza: l’età media resta oltre i 50 anni, con il 19% nella fascia 55-59, in lieve calo (-1,3%) sul 2022.
Un invecchiamento che non è retorica: tra il 2001 e il 2021 l’età media è salita di oltre dieci anni, passando da 34 a 45 anni. La Corte dei conti insiste: due dipendenti su tre appartengono a categorie che non richiedono una laurea. La professionalizzazione, soprattutto quella digitale, rimane lontana. Si spende sempre di più per una forza lavoro che fatica a rinnovarsi, mentre la vera rivoluzione delle competenze resta di là da venire. Un capitale umano spesso non pronto alle sfide della modernità e della transizione digitale. Il confronto internazionale è impietoso: nel 2023, la percentuale di pubblici dipendenti rispetto all’economia totale è più bassa della media Ocse, ma la presenza di over 55 è invece superiore. E le nuove assunzioni, per quanto in crescita, non bastano ancora a invertire il quadro: il rischio è un sistema che cresce nei numeri ma non cambia pelle.
La Corte dei conti non si limita a fotografare: indica i punti deboli senza sconti. Le politiche di contenimento della spesa hanno sì rallentato i costi, ma anche impoverito la qualità del capitale umano. Le nuove assunzioni stanno iniziando solo ora a mitigare l’invecchiamento, ma serviranno anni per effetti concreti. La spesa per lavoro flessibile si attesta a 4,8 miliardi (-4% sul 2022), mentre collaborazioni e consulenze esterne valgono 970 milioni. Sullo sfondo resta la professionalizzazione: la formazione viene riconosciuta oggi come leva strategica e strumenti come il Piano integrato di attività e organizzazione (Piao) provano a cambiare la cultura amministrativa. Ma il percorso è lungo: la digitalizzazione resta incompleta e i nuovi profili professionali – dagli esperti digitali ai project manager, fino agli specialisti della transizione ecologica – sono ancora eccezioni in un panorama dominato da ruoli tradizionali.
Almeno in parte, cambiano le condizioni contrattuali: dal 2025 le retribuzioni cresceranno fino al 6% sul monte salari 2021. Il Ccnl delle Funzioni centrali porta l’indennità massima di posizione organizzativa a 3.500 euro annui, introduce il diritto all’incarico per chi ha ricoperto posizioni organizzative-professionali per oltre otto anni e apre all’orario di lavoro su quattro giorni.
Entrano nuove figure di raccordo – le “elevate professionalità” – e la formazione diventa centrale nei percorsi di carriera. I magistrati della Corte dei conti richiamano al bilanciamento: serve formare, premiare il merito, aumentare i salari, ma sempre rispettando i principi di accesso per concorso e di buon andamento amministrativo. Le retribuzioni, dopo anni di blocco, crescono a ritmo dell’inflazione, ma il vero salto di qualità sarà rendere il lavoro pubblico più attrattivo per giovani e specialisti. Tra le note positive, il lavoro a distanza, diventato modalità ordinaria nel post-pandemia, offre nuove opportunità di flessibilità. Ma anche qui la Corte dei conti invita alla prudenza: solo una gestione attenta potrà tradurre questa flessibilità in efficienza, innovazione e servizi migliori per cittadini e imprese.
* Articolo integrale pubblicato su Il Sole 24 Ore del 6 agosto 2025 (In collaborazione con Mimesi s.r.l)
Dipendenti pubblici, la spesa nel 2025 sale a 201 miliardi
Aumentata l’età media da 34 a 45 anni. Bassi livelli di competenze digitali ‘Due impiegati su tre appartengono a categorie che non richiedono una laurea
Il Sole 24 Ore
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