Stop alla diminuzione di risorse e strumenti al Ministero dell’ambiente

“Piuttosto che disseminare, nel senso di spargere e disperdere le competenze dell’Ambiente, occorrerebbe una vera e propria ‘semina verde’. È un’espressione, questa, tanto cara ad Alex Langer, e che mi piace qui richiamare”. Così il Ministro dell’ambiente, Andrea Orlando, che dice “stop alla diminuzione di risorse e strumenti al proprio dicastero”.

Presentando le linee programmatiche alla Commissione Ambiente della Camera il 22 maggio scorso, Orlando ha aggiunto che “se ciò è condivisibile e condiviso, allora diventa prioritario lavorare per invertire la tendenza, in atto da almeno un decennio, ad una sistematica spoliazione di risorse e strumenti del Ministero dell’Ambiente”.
“È mia opinione – ha spiegato orlando – che non possa più reggere il binomio ‘aumento delle competenze/diminuzione delle risorse’. E’ dagli anni Duemila che le competenze del ministero si sono ulteriormente arricchite, soprattutto per il rilievo internazionale degli impegni assunti nell’ambito dell’Unione Europea e delle Convenzioni e Protocolli delle Nazioni Unite (quasi 70 tra direttive/regolamenti europei e oltre 20 accordi internazionali ratificati dal Parlamento). A fronte di tale aumento delle competenze e delle responsabilità – ha aggiunto – segnalo una diminuzione rispetto al 2003, soli dieci anni fa, di oltre il 70% della dotazione annuale di bilancio del Ministero e di quasi il 50% del personale”. 

Dal sito del Ministero dell’ambiente le linee programmatiche

La nascita di questo Governo, per la sua peculiare natura, di una comune responsabilità tra le diverse e perfino alternative parti, può essere un’occasione essenziale, se non irripetibile, anche per provare a raccogliere le sfide e le problematiche ambientali e rimetterle al centro della discussione politica, del dibattito pubblico, delle scelte fondamentali da compiere subito, prima che sia troppo tardi, per ridefinire le basi del nostro consesso civile, prima ancora che del nostro sviluppo.
Di fronte ai grandi cambiamenti che ho richiamato, mi chiedo se persino la distinzione fra maggioranza e opposizione mantenga il senso che si è affermato nella storia del Parlamento. Inedite e necessarie occasioni di confronto e collaborazione si pongono di fronte a noi se avremo la capacità ed il coraggio di coglierle.
Nel suo discorso programmatico, il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha usato parole tra le più impegnative sulla necessità di investire nello sviluppo verde dell’Italia.

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LA NECESSITÀ DI UNA NUOVA VISIONE: LAVORO, CULTURA AMBIENTE

In questo quinquennio, si è definitivamente, e drammaticamente, infranta l’illusione ideologica che una crescita senza regole, un mercato selvaggio o in concorrenza sleale, una competitività irresponsabile, fondata sulla degradazione del lavoro, una produzione fondata sul consumo dissennato delle risorse e del suolo, avrebbero condotto a un benessere diffuso, a una moltiplicazione delle opportunità, a minore disoccupazione e minori disparità.

La crisi e la sostenibilità dello sviluppo

La crisi, in cui ancora sopravviviamo, ha segnato la bancarotta di tutto questo. Ma è ormai chiara a tutti l’esigenza di una nuova visione, il più possibile condivisa. E il cambiamento, la svolta, non può che avvenire su un piano culturale, prima che economico. È ciò che impone l’irruzione sulla scena della grande questione della sostenibilità dello sviluppo.
Al di là delle cifre allarmanti, i segni del cambiamento sono di fronte a noi a partire dalle anomalie climatiche: siccità, desertificazione, fenomeni atmosferici estremi, innalzamento e acidificazione dei mari. Come già evidenziato dal mio predecessore, proprio in occasione delle sue considerazione programmatiche, l’Italia è particolarmente esposta a tali fenomeni con l’esigenza di proteggere le coste, i territori con caratteristiche orografiche che ne amplificano la vulnerabilità, il rischio idrogeologico. Tutto ciò mentre permangono ombre sul futuro del dopo Kyoto.
Questo è lo scenario globale, al tempo della crisi. E la sostenibilità dello sviluppo è il tema del nostro tempo.

L’Ambiente priorità anticongiunturale e strategica

L’ambiente è una priorità economica e sociale dell’azione di questo esecutivo, al pari delle misure per la qualità della democrazia e il funzionamento delle istituzioni. Pertanto, il tema dello sviluppo sostenibile non può essere inteso semplicemente come un’area o un settore della sua attività, o ancora come una semplice voce delle politiche di coesione buona per raggranellare finanziamenti europei.
Nell’aggiornamento al DEF che il Governo si è impegnato a presentare entro Giugno, sarà mia cura indicare alcune priorità politico-programmatiche in materia ambientale. Sono le priorità che in questa sede vorrei sommariamente provare ad enunciare.
In primo luogo, l’Italia deve rafforzare il proprio ruolo nell’ambito della cooperazione internazionale e dei seguiti di Rio +20, lo sviluppo delle tecnologie pulite, creando anche opportunità per le nostre imprese operanti in tale settore sui mercati internazionali. E poi c’è l’Europa.

Raggiungere obiettivi europei “20-20-20”

La cosiddetta strategia “Europa 2020” punta alla sostenibilità con investimenti più efficaci nell’istruzione, la ricerca e l’innovazione: l’ambiente spicca tra le aree prioritarie per una crescita intelligente, solidale e sostenibile, con la lotta ai cambiamenti climatici e la ricerca della sostenibilità energetica. Su questo ultimo punto, che segna l’intreccio fondamentale tra politiche energetiche obiettivi ambientali, mi limito a ricordare a tutti la necessità di procedere spediti e con strumenti efficaci al raggiungimento dei target del pacchetto europeo conosciuto come “20-20-20” , che prevede una riduzione delle emissioni di gas serra del 20% (o persino del 30%, se le condizioni lo permettono) rispetto al 1990, il 20% del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili e l’aumento del 20% dell’efficienza energetica.
Intanto, sempre nel quadro di una maggiore europeizzazione delle questioni ambientali, un primo nodo fondamentale da sciogliere sulla governance riguarda la programmazione e l’implementazione delle politiche di coesione per il ciclo 2014-2020 finanziate coi fondi strutturali. Già nei prossimi giorni, avvierò un’interlocuzione con il Ministero della coesione territoriale. La pluralità e trasversalità delle voci e priorità di carattere ambientale non possono tradursi in un’assenza di linee di finanziamento verticali espressamente dedicate alla realizzazione di interventi a cura del Ministero dell’Ambiente e delle autorità ambientali.

Fuori dal tecnicismo e dalle emergenze. No a spacchettamenti

L’assunzione di una visione strategica delle politiche di sostenibilità e di tutela e valorizzazione ambientale impone un cambiamento di cultura politica da parte di tutti gli attori istituzionali: la tendenza a relegare nel tecnicismo di autorizzazioni e controlli l’attività del Ministero che guido, o peggio a un centro di crisi per la gestione delle emergenze.
Uscire dal tecnicismo, pur valorizzando il sapere tecnico e specialistico come risorsa fondamentale in questo campo, significa caricare di politica un complesso di questioni che hanno bisogno di un peso maggiore, anche decisionale, proprio per dar forza alla pluralità di attività che è chiamato a svolgere.
Uscire dalla gestione dell’emergenza, pur presidiando le diverse situazioni di crisi, come ho cercato di fare fin dai primissimi giorni con le visite a Caserta, a Piombino e al Giglio, e Trieste, è forse la sfida più difficile, nel tempo – nessuno può dire quanto lungo – che avrà a disposizione questo Governo. Eppure è una necessità ineludibile per riuscire a imprimere quella svolta prospettica e programmatica all’attività del Ministero.
Si è paventata la possibilità di “spacchettarne” le competenze, attribuendole a diversi altri Dicasteri, che avrebbero potuto incorporare l’insieme delle normative ambientali nelle proprie agende, curandone, ciascuno per la propria parte, l’applicazione. Ritengo questa impostazione del tutto errata, e penso anzi che sia indispensabile dar luogo a un processo esattamente inverso.

Stop a diminuzione risorse e strumenti

Piuttosto che disseminare, nel senso di spargere e disperdere le competenze dell’Ambiente, occorrerebbe una vera e propria “semina verde”. È un’espressione, questa, tanto cara ad Alex Langer, e che mi piace qui richiamare.
Se ciò è condivisibile e condiviso, allora diventa prioritario lavorare per invertire la tendenza, in atto da almeno un decennio, ad una sistematica spoliazione di risorse e strumenti del Ministero dell’Ambiente.
E’ mia opinione che non possa più reggere il binomio “aumento delle competenze/diminuzione delle risorse”. È dagli anni Duemila che le competenze del Ministero si sono ulteriormente arricchite, soprattutto per il rilievo internazionale degli impegni assunti nell’ambito dell’Unione Europea e delle Convenzioni e Protocolli delle Nazioni Unite (quasi 70 tra direttive/regolamenti europei e oltre 20 accordi internazionali ratificati dal Parlamento). A fronte di tale aumento delle competenze e delle responsabilità, segnalo una diminuzione rispetto al 2003, soli dieci anni fa, di oltre il 70% della dotazione annuale di bilancio del Ministero e di quasi il 50% del personale.
E forse non è un caso l’aumento vertiginoso del numero di procedure di infrazione comunitarie in materia ambientale: 31 casi su 98 a fine aprile 2012, di gran lunga il settore in cui l’Italia presenta maggiori difficoltà. Tali infrazioni se dovessero perdurare esporrebbero l’Italia al rischio di condanna e al pagamento di ingenti somme . Penso al tema della gestione dei rifiuti in Campania e alla chiusura delle discariche abusive.

No a blocco risorse per interventi urgenti

Ancora più drammatico, se possibile, è il blocco delle risorse per interventi urgenti quali, ad esempio, quelli per contrastare i dissesti idrogeologici e le bonifiche, dovuto ai vincoli del Patto di stabilità interno. La stima è che circa tre miliardi di euro per opere di bonifica e depurazione sono bloccati dalle regole del Patto. Penso all’urgenza di interventi nei siti contaminati di interesse nazionale: Taranto, Sulcis, Porto Torres, Balangero, Casale Monferrato. Penso alla necessita di completare il Piano di depurazione per il Sud finanziato dal Cipe e alla necessita di reperire risorse spendibili per attuare un Piano di depurazione per il Centro Nord. 
Perciò occorre proporre con forza che la spesa per interventi di difesa del suolo, di riassetto idrogeologico, per il ripristino e la bonifica dei siti produttivi inquinati, nonché la messa a norma degli impianti di depurazione, non siano computabili nei saldi relativi al Patto di stabilità. È un tema assolutamente centrale e non da adesso, e certamente sappiamo che la partita non si gioca in Italia.

LE TRE GRANDI OPZIONI STRATEGICHE

Green economy

È in questo quadro, è con queste premesse di azione politica, che si possono perseguire le grandi opzioni strategiche che l’Italia ha di fronte: la progressiva modifica del modello di sviluppo verso la green economy, la riconversione energetica e la tutela della biodiversità.
Al centro è la promozione delle condizioni necessarie, attraverso interventi di modifica delle convenienze sul mercato, a favorire l’innovazione, gli investimenti e la concorrenza che possano creare un terreno fertile per la complessiva diminuzione dell’impatto dell’attività economica sull’ambiente.
Fra quelle che mi riservo di portare al più presto alla vostra attenzione è la delega per la riforma della fiscalità ambientale, naufragata sul finale della scorsa legislatura. La riforma dovrà assicurare, a parità di gettito, un trasferimento di oneri dal lavoro e dagli investimenti alla produzione e consumo di beni e servizi ambientalmente dannosi e, ove esistenti, la rimozione di sussidi ad attività impattanti, a favore di tecnologie più efficienti dal punto di vista ambientale.

Energie rinnovabili

Sulla questione energetica, faccio mie quanto detto ieri dal premier, Enrico Letta intervenendo in Senato alla vigilia del vertice Ue: “La priorità assoluta in campo energetico per noi resta lo sviluppo delle fonti rinnovabili”.
Pensiamo sia cruciale ridurre il costo dell’energia, anche come fattore di competitività per le imprese.
Un paese molto pragmatico come la Germania lo sta già facendo. Il più grande paese industriale d’Europa si è dato l’obiettivo di produrre il 100% dell’energia da fonti rinnovabili al 2050. Si è data regole certe a partire dalla legge sulle rinnovabili e ha creato in questo settore oltre 360 mila posti di lavoro.
Con la prospettiva non più rinviabile dell’efficientamento energetico può ripartire un settore tradizionale come è quello dell’edilizia, sostanzialmente fermo, al quale affidare il compito straordinario di trasformare quanto già costruito.
Agli edifici si deve il 40% dei consumi di energia nell’Unione europea e i nostri brillano per inefficienza. Ci vuole però anche qui una politica certa. Lo strumento semplice ed efficace dello sgravio del 55% (che scade il 30 giugno 2013) per ristrutturazioni a finalità ambientali non può essere messo in discussione ogni anno, ma deve essere reso permanente ed esteso all’adeguamento alle norme antisismiche, come chiesto in molte occasioni anche dal Parlamento.

Biodiversità

Insieme a quello dei cambiamenti climatici, la continua perdita di biodiversità rappresenta l’emergenza più importante con cui occorre misurarsi con l’obiettivo di invertire le tendenze in atto per salvare così il futuro della nostra civiltà.
Per questo lavorerò per costruire una Conferenza Nazionale in tema di biodiversità, un momento importante per fare il punto sul sistema parchi e aree protette, ma soprattutto per capire meglio come le nostre straordinarie ricchezze naturalistiche , quasi ovunque intrecciate con inestimabili valori culturali, possano essere messe al centro di una politica per la crescita e lo sviluppo.

LE TRE PRIORITA’ LEGISLATIVE

Nel tempo, più o meno lungo, che avrò disposizione, mi sembra assai opportuno, soprattutto in questa sede, individuare obiettivi e priorità anche dal punto di vista normativo, che diano vita, in un arco temporale ragionevolmente breve, a precise iniziative legislative. Gli ambiti individuati sono l’acqua, il suolo e i delitti ambientali.

L’acqua

C’è bisogno di un intervento normativo urgente e organico per porre fine alla vacatio post referendum. Occorre pervenire ad un Piano nazionale di tutela e gestione della Risorsa Idrica, che traduca finalmente le risultanze referendarie in una azione organica per la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio, che introduca criteri e vincoli per una gestione efficiente, efficace ed economicamente sostenibile della risorsa acqua, rilanciando gli investimenti in infrastrutture e in tecnologie innovative.

Il consumo del suolo

La seconda priorità è di procedere alla definizione di una iniziativa legislativa che ponga dei limiti al consumo di suolo in tutto il Paese. Si tratta di puntare sulla trasformazione del tessuto urbano esistente e non sulla realizzazione di nuove edificazioni. Uno strumento normativo che unisca vincoli ed incentivi in grado di stimolare questo processo. Il riuso di aree degradate , la riqualificazione delle periferie urbane possono essere potenti strumenti anticiclici in grado di generare valore ed occupazione e nel contempo di fermare il dissennato utilizzo del territorio. Il punto di partenza può essere il Ddl elaborato dal Governo precedente . Insieme al Ministero delle politiche agricole sottoporremo tale proposta ad una serrata consultazione e alla vostra attenzione.

I delitti ambientali

Un altro tema su cui intendo promuovere una iniziativa legislativa è quello delle sanzioni per illeciti ambientali. Credo infatti che in materia di reati ambientali ( troppe contravvenzioni e pochi delitti) e di illeciti amministrativi ambientali sia giunto il momento di una complessiva riforma normativa del sistema delle sanzioni: noi abbiamo bisogno di rivedere il complesso delle sanzioni amministrative, ma anche di ampliare l’ambito dei delitti contro l’Ambiente, le risorse e il patrimonio naturale e paesaggistico. Alcune proposte di iniziativa parlamentare sono state depositate in questa legislatura e nella passata, e saranno prese nella massima considerazione in vista di una proposta del Governo. La tutela dell’ambiente è un tutt’uno con la lotta alla criminalità organizzata. E’una convinzione che ho voluto manifestare, anche simbolicamente, dedicando la mia prima visita istituzionale alla città di Caserta.
Per questo, ritengo importante sul piano sia pratico sia simbolico che si destini almeno una parte dei proventi della criminalità, recuperati dallo Stato, il Fondo Giustizia, a interventi di ripristino del territorio devastato dalle organizzazioni criminali. 

 LA GESTIONE DELLE EMERGENZE

I rifiuti

Dobbiamo essere in grado di affrontare con decisione le situazioni di emergenza. È il caso, ad esempio, della gestione dei rifiuti. Nello stesso tempo, però, abbiamo l’urgenza di programmare il futuro. La situazione di crisi coinvolge almeno quattro regioni (Lazio, Calabria, Campania e Sicilia, quasi un terzo della popolazione nazionale, grandissime aree urbane come Napoli e Palermo).
Più in generale, i punti salienti dell’iniziativa del Governo sui rifiuti potrebbero riguardare: la Revisione della tassa sui rifiuti, nella logica di introdurre elementi di certezza e proporzione tariffaria che oggi nel sistema normativo Tarsu, TIA e Tares, per come si è venuto configurando, non appare garantito. L’adeguamento del sistema di riscossione. La definizione di piani condizionati di rinegoziazione e rientro del debito, come è successo in materia sanitaria, con il sostegno e l’assistenza di Cassa Depositi e Prestiti , per l’eventuale anticipazione dei flussi futuri accertati. Lo studio di forme di prelazione nel pagamento dei debiti della P.A. verso le imprese per i servizi essenziali che, come nel caso della gestione dei rifiuti, impattano con la salute dei cittadini.

Dalle crisi l’opportunità di un cambiamento strategico

Nel contempo occorre agire sull’altra grande emergenza, che pure rappresenta un’opzione strategica: la prevenzione, il riciclo e il riuso. Occorre concludere iter di elaborazione e approvazione del Piano Nazionale per la gestione integrata dei rifiuti che, semplificando la normativa di settore, sostenga la transizione da un sistema industriale a monte (discariche, inceneritori) a uno a valle per costruire le filiere di recupero e riuso delle risorse, verso la prospettiva dei “rifiuti zero”.
L’industria del riciclo che trasforma i rifiuti in risorse e recupera materia prima seconda, un’attività sempre più importante e redditizia man mano che la domanda di materie prime aumenta e un modo per cambiare radicalmente prospettiva rispetto ai rifiuti che va sostenuta con programmi di acquisti verdi delle pubbliche amministrazioni. Rifiuti, dunque, non più solo come un problema da gestire ma come una risorsa economica da riutilizzare riducendo l’impatto sulle risorse naturali e quindi applicando quanto la direttiva europea prescrive con le quattro R di riduzione, riuso, riciclo, recupero di materia e di energia, lasciando solo la quota minima residuale in discarica.
Per quanto riguarda la disciplina delle procedure e degli interventi di bonifica dei siti contaminati, occorre rilevare che la possibilità di procedere ad una revisione organica ed approfondita della stessa, come auspicata da più parti, è legata al conferimento di una idonea delega legislativa al Governo da parte del Parlamento.

La Sicurezza idrogeologica e la difesa del suolo

E’ questa un’altra grande emergenza nazionale: 5581 comuni italiani ricadono in aree classificate a potenziale rischio idrogeologico più alto (dati ISPRA).
Su questo punto faccio mie le considerazioni rese al Parlamento dal mio predecessore, il Ministro Clini nel corso delle esposizione delle sue linee programmatiche, un anno e mezzo fa. Il Ministero dovrà necessariamente predisporre, di concerto con gli enti territoriali preposti (Autorità di Bacino, Distretti Idrografici, Regioni), un Fondo Nazionale per la difesa del suolo e la riduzione del rischio idrogeologico, individuando risorse proprie e la possibilità di concorrere con il contributo di altri soggetti ad ogni forma di compartecipazione per la riduzione del rischio.
Il nostro Paese deve ancora attuare due direttive dell’UE strategiche ai fini della riorganizzazione delle competenze e delle azioni in materia di Acque e Alluvioni ( Dir.2000/60 e Dir.2007/60 ) Il loro mancato recepimento produce un costo non solo in termini economici ma anche di credibilità rispetto agli altri Paesi per non parlare dei mancati aiuti che in caso di gravi calamità potremmo attivare.

Ambiente e industria

Taranto, Bagnoli, il Sulcis, Porto Torres, Piombino, Trieste, sono le mappe principali (e per me tappe di un viaggio in qualche caso già compiuto) di una questione di una complessità enorme, ma che va affrontata con coraggio e responsabilità, perché ci mette di fronte ai nodi da sciogliere, alle scelte da compiere oggi, non domani, sulla questione a cui abbiamo accennato: quale modello di sviluppo e qualità della vita vuole darsi il nostro Paese.
Sull’Ilva di Taranto ci muoviamo lungo un sentiero molto stretto e tutti i soggetti interessati devono continuare a percorrerlo. Nessuno può pensare di stravolgere il quadro definito facendo pagare un ulteriore ed inaccettabile prezzo ai soggetti più deboli di questa vicenda. Nelle prossime ore acquisirò la relazione di dettaglio sulla attuazione dell’AIA, sui cui esiti riferirò tempestivamente al Parlamento.

UN’AMMINISTRAZIONE VICINA A CITTADINI E IMPRESE

Semplificazione

C’è una grande sfida, amministrativa e culturale. C’è un’esigenza da parte dell’amministrazione dell’ambiente di una forte “sburocratizzazione”. La domanda di semplificazione che proviene da realtà diverse. Troppo spesso tale domanda si esemplifica in richieste di compressione dei diritti all’informazione ed alla partecipazione del pubblico che finiscono per essere controproducenti, provocando conflitti poi difficilmente gestibili. La modifica della governance, assicurando che le scelte strategiche siano partecipate e condivise sulle vocazioni territoriali, costituirà un formidabile riferimento per le valutazioni (VIA, VAS, IPPC ect.) prodomiche al rilascio delle autorizzazioni. Saranno così contenute discrezionalità, ed a volte arbitrarietà, che rendono il sistema autorizzativo inefficiente e lontano dal comune sentire dei cittadini e delle imprese.
Penso anche sia giunto il momento di studiare una qualche forma di semplificazione normativa. Forse è arrivato il momento di raccogliere nel Codice dell’Ambiente l’alluvionale legislazione in materia ambientale. Si potrebbe dare vita ad una Commissione di studio coordinata dal Ministero per arrivare ad un Testo Unico , quantomeno compilativo, della legislazione in materia.

Partecipazione

Non basta più la tradizionale concertazione con gli Enti Locali o lo scambio sotterraneo e implicito proposto alle popolazioni locali: più buste paghe in cambio di un peggioramento, spesso definitivo, della qualità ambientale di un territorio. Va rafforzata, sin dalle prime fasi della progettazione di un’opera, l’informazione e la partecipazione dei cittadini. E bisogna arrivare ad una vera e propria normativa sulla partecipazione dei cittadini quando si fanno opere profondamente impattanti sulla qualità ambientale di un territorio. Non mancano esempi virtuosi in altri paesi, penso al all’introduzione di una procedura di débat public come è accaduto in Francia. Altri modelli si possono studiare, in ogni caso non possiamo più percorrere le strade del passato e non abbiamo alternative alla democratizzazione delle scelte e alla partecipazione dei cittadini al processo decisionale, soprattutto in materia ambientale.

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(Fonte: Ministero dell’ambiente)

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