Si fa presto a dire smog: inquinanti e sorgenti nel rapporto dell’AEA

Tra il 2001 e il 2010 le emissioni dirette di PM10 e Pm2.5 sono diminuite del 14% all’interno dell’Unione europea, così come sono calate anche le emissioni degli inquinanti più pesanti: gli ossidi di zolfo (-54%), gli ossidi d’azoto (-26%) e di ammoniaca (-10%). Tuttavia, per quanto possa sembrare contro-intuitivo, il calo di emissioni non si traduce automaticamente in un calo di concentrazioni, che sono il parametro che misuriamo per valutare la qualità dell’aria che respiriamo. 

Circa il 30% della popolazione europea vive esposta a concentrazioni di polveri che superano le soglie limite consentite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: soglie che, oltretutto andrebbero rese più severe, come ritiene la stessa OMS e come fanno pensare gli studi più recenti. Il problema è che ridurre le emissioni in un’area specifica, o limitandosi ad un’unica fonte, non è sufficiente. Alcuni inquinanti possono restare in atmosfera abbastanza a lungo da essere trasportati da un Paese all’altro o perfino da un continente a un altro. 

“Il trasporto intercontinentale del particolato – scrive l’Agenzia Europea dell’Ambiente nel suo ultimo rapporto Signals 2013 – è qualcosa di cui dobbiamo assolutamente tenere conto quando ci chiediamo come mai la qualità dell’aria in Europa non è migliorata tanto quanto il calo di emissioni lascerebbe sperare”. Ma ci sono anche altre ragioni. I nostri modelli di consumo per esempio: gli altissimi costi delle’energia hanno spinto sempre più persone negli ultimi anni a tornare a fonti di riscaldamento tutt’altro che ecologiche; il carbone e la legna usata per il riscaldamento domestico nei paesi dell’Est – Polonia, Slovacchia e Bulgaria in testa – hanno contribuito notevolmente a peggiorare la qualità dell’aria, già ampiamente deteriorata dall’onnipresente traffico e dai fumi industriali. 

Ma le sorgenti emissive non si limitano a queste, e sono diverse per ciascun inquinante. Per valutare la loro pericolosità, è indispensabile però contestualizzate nell’ambiente in cui si trovano. Si ricordi il caso dell’Ilva di Taranto: se lo stesso stabilimento fosse stato costruito al centro della Pianura Padana, le sue conseguenze sulla salute dei cittadini – già pesantissime – sarebbero state incalcolabili, in assenza di vento e ricambio d’aria. 

Vediamo quali sono le fonti principali per ciascun inquinante: il metano e l’ammoniacarilasciati in atmosfera derivano per l’80-90% dalle attività agricole, e in misura minore, dalla presenza di discariche a cielo aperto ; gli ossidi di zolfo sono invece la conseguenza delle attività di produzione distribuzione dell’energia elettrica, che incidono almeno per il 60% del totale; gli ossidi di azoto vedono invece il trafficoautomobilistico come fonte principale, a cui si può attribuire almeno il 40% delle emissioni (seguono riscaldamento e attività industriali); il traffico risulta il principale responsabile anche nell’emissione di Pm2.5 e Pm10, con percentuali che si attestano nuovamente attorno al 40%. 

(Fonte: Eco dalle città)

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