Rincorsa all’emergenza: Fas nazionale in 45 voci

Fonte: Il Sole 24 Ore

Vive di paradossi ormai il Fas, il ricco Fondo per le aree sottoutilizzate, che è partito nel 2007 con 53,7 miliardi di risorse programmate dal Governo Prodi e avrebbe dovuto sostenere la spesa per investimenti nel Mezzogiorno insieme ai fondi europei. Per metà destinato ai programmi regionali e per metà a quelli nazionali, allo sviluppo del Sud e alla riduzione del dualismo economico italiano, però, è andato ben poco, un po’ per la bocciatura da parte del Governo dei piani delle Regioni, considerati troppo dispersivi e di bassa qualità, un po’ per il dirottamento dei fondi su mille altre partite. Alla fine, la quota delle Regioni meridionali è stata ridotta da 17,1 a 15,4 miliardi e aspetta ancora il decollo, mentre quella nazionale (24,66 miliardi), saldamente in pugno al ministro dell’Economia Giulio Tremonti, è stata ripartita fra 45 destinazioni destinate in molti casi a contrastare le emergenze economiche e del territorio, ma senza un disegno unitario complessivo. Pesa senz’altro la cronica incapacità delle Regioni meridionali che non riescono a spendere i fondi, polverizzati in mille rivoli, come dimostra il vecchio programma 2000-2006: tuttora lo stato di avanzamento economico è fermo al 38,2% (per il Centro-Nord il dato è il 65,5%). Uno stato avvilente considerando che ci avviciniamo alla fase finale del programma successivo, quello del settennio 2007-2013, e non si riescono a realizzare progetti avviati 11 anni fa. Anche sul programma 2007-2013 il blocco è totale: nessun piano regionale ha mai avuto il via libera del Cipe, con l’eccezione del piano Sicilia (4,3 miliardi), prima approvato e poi bloccato. Una guerra di posizione tra Governo e Regioni e anche all’interno del Governo, cominciata ai tempi in cui al ministero dello Sviluppo economico c’era Claudio Scajola e che ha assunto un’altra faccia da quando le deleghe state assegnate al ministro delle Regioni, Raffaele Fitto. Il risultato non cambia molto, finora non si è impegnato neanche un euro. Fitto ha avviato una difficile fase di riprogrammazione, d’accordo con Tremonti, per bloccare le proposte regionali e concentrare invece le risorse su poche priorità infrastrutturali. Operazione avviata ormai un anno fa e che dovrebbe vedere l’approdo al Cipe entro aprile con un’intesa generale, sbloccando finalmente il programma con quattro anni di ritardo. Sull’altra sponda c’è il «Fas nazionale»: i 45 interventi a tutto campo finanziati finora con 23,84 miliardi (restano da distribuire 777 milioni) sono accorpabili in tre grandi capitoli di spesa: 4 miliardi per il fondo degli ammortizzatori sociali, 12,356 miliardi per il fondo infrastrutture, 8,3 miliardi al fondo per lo sviluppo economico collocato presso palazzo Chigi. Per Tremonti, che ha capito prima degli altri come il Fas potesse costituire un tesoro da usare in funzione anti-crisi senza compromettere i conti pubblici, l’impiego a tutto campo ha consentito di dare ossigeno all’economia, sottraendo i fondi a usi che si sarebbero incamminati sul consueto percorso ad ostacoli. Molto meno generosi si sono rivelati verso la strategia tremontiana governatori, sindacati e opposizioni parlamentari che hanno accusato il ministro dell’Economia di usare il Fas «come un bancomat», senza rispetto né per il vincolo di destinazione dei fondi al Sud (85%) né per il criterio di assegnazione alle spese in conto capitale. Il Fas è diventato così terreno di scontro politico, poi attenuatosi quando il Governo ha cominciato a dare i numeri delle quote d’impegno e spesa dei vecchi piani regionali. Resta il problema della qualità della spesa sulle due sponde. Fitto ha accusato i governatori di aver polverizzato il Fas tra centinaia d’interventi tutt’altro che prioritari e di averlo usato per coprire spese correnti. Ma anche il «Fas nazionale» non mostra certo un disegno unitario in favore del Sud. Si va da interventi come la ricostruzione dell’Abruzzo (4.408,5 milioni) o il programma per l’edilizia scolastica (1 miliardo) o i 1.637 milioni per il Ponte sullo Stretto a interventi che con la crescita economica e lo sviluppo del Mezzogiorno non hanno molto a che fare: 390 milioni per il salvataggio di Tirrenia, 503 milioni per il reintegro del fondo sulle frodi finanziarie, 150 milioni all’istituto di sviluppo agroalimentare, 100 milioni al settore agricolo, 900 miloni per i meccanismi di revisione dei prezzi degli appalti, 490 milioni in due tranche per l’emergenza rifiuti in Campania, 2.755 milioni a Trenitalia e Fs per vari contratti di servizio. Tutte scelte coperte da norme di legge o da delibere Cipe come quella di finanziare per questa via anche i capitoli della manutenzione Anas e Fs (rispettivamente 268 e 292 milioni) azzerati o ridimensionati nel bilancio ordinario. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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